di Federico Ameli
Tempo di campagna elettorale, tempo di conoscere più da vicino i candidati a varcare la soglia di Palazzo Raffaello in vista delle elezioni regionali del 20 e 21 settembre. Dopo Piero Celani (leggi l’articolo) e Peppino Giorgini (leggi l’articolo), tocca a Maria Stella Origlia presentare agli elettori la sua proposta politica.
53 anni, residente da circa 20 ad Ascoli, sposata con una figlia diciottenne, nella vita di tutti i giorni la candidata di Italia Viva insegna lingua e letteratura spagnola al liceo “Stabili-Trebbiani”, di cui è anche vicepreside. Muove i primi passi nel mondo della politica alla fine degli anni ’90, portando avanti un’intensa attività sindacale nella scuola sulla base di un profondo interesse nei confronti del mondo del lavoro nel settore scolastico.
Nel 2007 è tra i fondatori del Partito democratico, da cui ha poi preso le distanze qualche mese fa per unirsi alla nascente Italia Viva, dopo aver ricoperto cariche di spicco nel direttivo provinciale e regionale del partito. Si definisce renziana, «ma non per Renzi, bensì perché è stato in grado di interpretare al meglio l’ambizioso progetto politico promosso da Walter Veltroni, che doveva basarsi sul riformismo e dar vita a un partito progressista e che, invece, nel giro di 10 anni si è rivelato fallimentare».
Origlia, di cosa ha bisogno la nostra regione per riconquistare la fiducia dei cittadini?
«Ritengo che le Marche debbano ripartire dal riformismo, un metodo che propone un’idea di politica innovativa e fuori dai vecchi schemi tradizionali, in grado di affrontare in maniera adeguata problemi complessi. Faccio un esempio, quello del ponte di Genova: lavorando con un approccio diverso è stato possibile realizzarlo nel minor tempo possibile, senza per questo scavalcare le norme che regolano il mondo delle costruzioni. Per opere importanti servono persone capaci e con competenze, come il commissario alla ricostruzione Giovanni Legnini, procedure snelle e una visione a lungo termine, con un progetto chiaro e dei professionisti validi e in nessun modo appoggiati dai vecchi schemi di potere».
Quali sono i principali impegni programmatici per il Piceno sui quali intende concentrare la sua attività in Regione? Ha già in mente una specifica proposta di legge per migliorare la qualità della vita nella provincia di Ascoli?
«Innanzitutto, noi di Italia Viva preferiamo anteporre la collettività al singolo, il “noi” al semplice “io”. Nella tarda primavera abbiamo avuto modo di incontrare Maurizio Mangialardi, al quale abbiamo chiesto un impegno volto al rinnovamento del metodo politico. In particolare, crediamo che ci sia molto da lavorare sulle politiche sanitarie pubbliche, che necessitano di essere rafforzate per dare un supporto concreto alle professionalità che operano negli ospedali.
È necessario investire sul personale medico, sull’innovazione e sulla ricerca – non farlo significherebbe rinunciare alla progettualità -, con un’attenzione particolare per la medicina sul territorio. Rifiutiamo l’accentramento di strutture e personale medico e siamo fortemente convinti del fatto che il Decreto Balduzzi – il numero 70 del 2015, che prevede bacini d’utenza allargati e che per questo motivo non può soddisfare le esigenze di una regione come la nostra – vada rivisto, altrimenti si parla di aria fritta.
Di conseguenza, diciamo no all’ospedale unico e d’eccellenza, confidando nella deliberazione regionale dello scorso 4 febbraio, sottoscritta all’unanimità dalla maggioranza, che prevede un’analisi costi-benefici necessaria per verificare se in una determinata realtà le strutture sanitarie esistenti soddisfano i bisogni della cittadinanza.
Altro punto fondamentale è quello che riguarda l’assistenza di base. Non possiamo pensare a nuovi ospedali se non disponiamo ancora di un servizio sanitario in grado di risolvere le criticità più importanti. A questo proposito, i soldi del MES serviranno a coprire determinati settori e per noi la priorità assoluta è rappresentata dal potenziamento del pronto soccorso e del personale medico.
Se per prenotare una visita specialistica serve un preavviso di otto mesi è evidente che qualcosa non va. Ad ogni modo, riteniamo che una prima assistenza per criticità come ictus o infarti debba essere garantita su tutto il territorio regionale, mentre per gli interventi programmati, qualora fosse necessario, gli abitanti del Piceno potrebbero rivolgersi a strutture d’eccellenza anche al di fuori della provincia.
È la scienza medica a dover dettare la linea alla politica, e non il contrario, per poter arrivare ad avere un servizio efficiente ed efficace. Potenziando le strutture pubbliche e aumentando il numero dei medici e degli infermieri a disposizione della comunità le liste di attesa si ridurrebbero e i bravi primari, supportati da delle equipe di livello, tornerebbero ad operare nel pubblico e non solo in ambito privato: questo è un sistema che deve finire».
In cosa, secondo lei, la giunta uscente si è distinta positivamente e in quali aspetti, invece, avrebbe potuto operare diversamente, soprattutto in relazione al nostro territorio?
«Sempre in base al principio del riformismo, bisogna considerare che al giorno d’oggi essere amministratori significa anche avere una certa disponibilità ad adeguarsi alla situazione. Quattro terremoti in un’unica legislatura rendono inevitabilmente necessarie delle modifiche al programma elettorale, e non certo per venir meno al patto stretto con gli elettori, bensì perché le priorità sono cambiate.
È mancata forse la visione immediata, indispensabile per una risoluzione dei problemi, anche per colpa di leggi e metodi fondati su principi più che condivisibili ma molto stringenti, come il codice degli appalti, le conferenze dei servizi e le consultazioni con le province e i sindaci. Italia Viva dice che è obbligatorio semplificare le procedure: noi siamo stati dei pionieri in questo campo, mentre in Regione è mancata un po’ di visione, anche per via di protocolli rigidissimi.
Siamo dell’idea che in circostanze straordinarie non si possano applicare procedure ordinarie, che restano invece valide in caso di mancata urgenza. Il codice degli appalti è una tutela agli interessi di tutti i cittadini e va riconosciuto, ma in casi come quello del ponte di Genova o dell’Expo serve una procedura straordinaria che possa portare, tra le altre cose, a una semplificazione degli appalti.
Come già anticipato, anche in ambito sanitario qualcosa è andato storto, e non esclusivamente per colpa di Ceriscioli – che secondo me ha sbagliato nel voler gestire in prima persona l’assessorato alla Sanità – o della sua giunta, bensì del già citato Decreto Balduzzi, che prevede una suddivisione in ospedali di primo e secondo livello e un ruolo cardine affidato ai bacini d’utenza, fattori impossibili da applicare nella nostra regione».
Cosa cambierebbe nella politica culturale e turistica della Regione?
«Come previsto dal titolo V della nostra Costituzione, è lo Stato a dettare la linea generale per l’istruzione: l’autonomia scolastica è una risorsa inestimabile. La Regione può comunque intervenire nell’ambito dei programmi integrati con i territori, in particolare per quanto riguarda la formazione professionale. Si possono promuovere progetti validi e interessanti per lo sviluppo dei settori d’eccellenza e del Made in Italy.
Nel nostro territorio, l’I.T.I. “Fermi” di Ascoli è un polo di primo piano nel settore tecnologico e, in questo senso, abbiamo intenzione di proporre la nascita di un nuovo istituto tecnico specializzato nell’ambito agroalimentare. Devo dire che finora la Regione ha operato bene per quanto concerne la programmazione, ma c’è ancora margine per migliorare attraverso un sistema integrato che vada a comprendere tutti i settori.
Noi di Italia Viva abbiamo intenzione di istituire ad Ascoli un importante festival dedicato alla letteratura, sulla falsa riga di quello di Mantova, che in collaborazione con le università e le associazioni del settore possa dimostrare che Ascoli non è solo la città del Fritto Misto o del Carnevale.
Cultura significa anche programmazione turistica, un settore da rivitalizzare e rinnovare a ogni costo. A proposito di sistema integrato, un progetto basato sul riformismo deve necessariamente procedere in maniera integrata, andando a coinvolgere il potenziamento delle infrastrutture, di strade e ferrovie, delle strutture ricettive e di tutto il settore della ristorazione. Bisogna agire in maniera ampia e olistica, coniugando competenze, energie e conoscenze tecniche.
In quest’ottica, il potenziamento della banda larga nelle aree periferiche è di vitale importanza per riuscire a pubblicizzare al meglio il nostro territorio e fare arrivare le informazioni ai potenziali turisti nel minor tempo possibile. La vallata del Tronto vanta borghi del calibro di Monteprandone, Offida, Colli del Tronto, Castel di Lama, Castignano, fino ad arrivare ad Ascoli, che meritano una programmazione turistica integrata abbinata a un potenziamento delle infrastrutture viarie e digitali, in modo da promuovere le bellezze naturali ed enogastronomiche, perché no, con i soldi che arriveranno dall’Europa. Bisogna infatti tener presente che il nostro essere convinti europeisti rappresenta la linea di demarcazioni tra noi e la destra di Salvini e Meloni, costretti a “subire” il MES e il Recovery Fund».
In questa tornata elettorale ci sono stati vari cambi di casacca. Come giudica, in generale, chi passa da una squadra all’altra? Per lei si tratta di una questione di evoluzione del pensiero o di semplice opportunismo?
«Al di là di qualche episodio clamoroso, non ho visto molti passaggi da uno schieramento all’altro. Per me, la scelta di alcuni esponenti di destra e sinistra di ripiegare nel civismo è da rispettare, ma in questi casi la cosa più importante resta la proposta politica. Chi guarda a Italia Viva sa in cosa crediamo, mentre riciclarsi in una lista civica senza proporre nulla di concreto non ha alcun senso.
Gli elettori conoscono bene le proposte, o le non-proposte, dei partiti. Spesso si finisce per votare Salvini per protesta, senza considerare che i singoli candidati provengono da amministrazioni locali in cui non hanno certo lasciato il segno, tanto che nei manifesti spesso campeggiano lo stesso Salvini o Giorgia Meloni.
Sui cosiddetti “salti della quaglia” invece non dico nulla, preferisco lasciare il giudizio alla valutazione dei cittadini. Quello che mi sento di dire è che, al di là di tutto, non si può pensare di arricchirsi con la politica: qualora fossi eletta, a fine mandato nel mio conto corrente non ci sarebbe un solo euro in più rispetto al mio stipendio da insegnante».
Qual è la sua opinione sulla gestione da parte del presidente uscente Luca Ceriscioli della recente emergenza sanitaria?
«Il mio giudizio è positivo. Credo che Ceriscioli abbia gestito bene l’emergenza e che, se non avesse adottato certi provvedimenti, avremmo potuto avere a che fare con una situazione ben diversa. Ha avuto il merito di comprendere la gravità della situazione e serrare le fila prima dell’intervento del Governo, per poi, dopo un iniziale braccio di ferro, adeguarsi alla linea del premier Conte, che per me da marzo a maggio ha agito nel migliore dei modi.
Non credo che si possa giudicare negativamente l’operato di Ceriscioli in questi ultimi mesi di mandato. Per quanto riguarda invece la sua mancata riconferma, posso confermare la totale estraneità di Italia Viva rispetto alla questione: è stato lo stesso Pd a non volerlo ricandidare».
Come vedrebbe un’alleanza M5S-centrosinistra? Secondo lei può esserci margine di manovra per un accordo last-minute?
«Credo fermamente che i cittadini vadano rispettati e che noi candidati dobbiamo guadagnarci la loro fiducia attraverso idee convincenti e realizzabili. A chi va a votare le alleanze interessano poco, dobbiamo puntare sulla proposta politica e non sugli accordi.
Il Movimento 5 Stelle ha un suo programma e dei suoi rappresentanti che non coincidono con i nostri. Io mi rivolgo al centrosinistra e a quel 30/40% che esige un potenziamento della sanità pubblica, che non soddisfa neppure le esigenze primarie, e non sa chi votare. La destra non ha proposto nulla, mentre per noi è indispensabile adeguare il servizio di pronto soccorso e dare respiro al personale medico. Il Movimento 5 Stelle ha la dignità di fare ciò che vuole, a noi non interessa».
Secondo lei, per il candidato presidente del centrodestra Francesco Acquaroli la partecipazione alla cena fascista di Acquasanta può rappresentare un handicap in chiave elettorale? Cosa si sente di dire a chi è ancora indeciso sul voto di settembre?
«Italia Viva condivide e tutela i valori espressi dalla Costituzione ed è l’unica forza politica a fare dell’antifascismo uno dei propri valori fondanti, come stabilito anche dal nostro statuto. Per quanto riguarda le prossime elezioni, mi aspetto che i cittadini valutino le proposte più che gli slogan populisti e di facile risoluzione. Chi offre soluzioni semplici non ha a cuore la complessità della situazione.
Italia Viva è fiera di essere un partito di persone serie che credono nel merito, nelle competenze e nello studio: prima di proporre qualcosa bisogna studiare a fondo la questione. Mi auguro che gli elettori diano fiducia a chi, avanzando anche proposte scomode, come quella legata alla sanità, dimostra di tenere al bene della comunità. È fin troppo semplice sostenere di chi dice no a tutto, servono idee impegnative e risolutive per il bene del nostro territorio».
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