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Macerie del sisma, i conti non tornano:
pochi controlli e il ritardo si accumula

L'ANALISI di Giuseppe Bommarito - Mentre le lentezze per lo smaltimento continuano, risulta evidente che nessuno, tra i molti soggetti competenti (Regione, Protezione civile, Commissario straordinario) stia raccontando la verità, stia controllando l’operato del concessionario Cosmari srl o quanto meno stia facendo sentire la sua voce per richiedere a quest’ultima il rispetto dei protocolli regionali
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Le macerie del sisma

 

di Giuseppe Bommarito

Molto si è impegnato in queste settimane il commissario straordinario Giovanni Legnini per accelerare la ricostruzione nelle zone del cratere, ma ben presto dovrà mettere mano in maniera approfondita all’aspetto della gestione delle macerie da rimuovere, per quanto concerne sia le quantità effettivamente residue che i tempi e i costi della rimozione, caratterizzati da ritardi, sprechi e numeri che ballano di continuo e si contraddicono tra di loro.

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Giuseppe Bommarito

In premessa va qui ricordato che la Regione Marche, quale Soggetto attuatore sisma, ha conferito in concessione alla Cosmari srl, in riferimento agli eventi sismici del 2016, le attività di «raccolta, trasporto, trattamento e successivo avvio a recupero e/o smaltimento delle macerie e altri materiali derivanti dal crollo degli edifici e dalle attività di demolizione di quelli pericolanti, nonché della realizzazione e gestione dei siti di deposito temporaneo». Ciò inizialmente per il Maceratese e poi, a partire dalla fine del 2018, anche con riferimento al territorio Ascolano e Fermano dopo la revoca della concessione ai danni della Picenambiente spa per ripetute inadempienze.

Ebbene, partendo dai numeri riportati nell’ultimo piano operativo regionale approvato con decreto n. 26 del 17 gennaio 2020, la quantità complessiva delle macerie pubbliche per le provincie di Macerata, Fermo e Ascoli Piceno risulta pari a 1.130.323,25 tonnellate, di cui già rimosse (a fine novembre 2019) 730.751,64 tonnellate, con un residuo di 399.571,61 tonnellate.

Il fabbisogno finanziario calcolato dalla Regione Marche per il completamento delle attività di rimozione, destinato teoricamente a concludersi entro la fine del 2020, sarebbe quindi pari a poco meno di 33 milioni di euro, calcolato sulla base di un costo unitario di 50 euro circa a tonnellata riconosciuto al concessionario Cosmari. Si tratta di una previsione sicuramente ottimistica già a causa del lungo blocco dei lavori per il covid, basata tuttavia su una potenzialità giornaliera di smaltimento di 400 tonnellate al giorno sia per i siti di deposito temporaneo di Tolentino e Monteprandone e di 350 tonnellate al giorno per il sito di Arquata del Tronto. Ipotizzando un lieve incremento di produttività, la Regione Marche, quale Soggetto attuatore, nel decreto di cui sopra ritiene tuttavia «ragionevole un obiettivo di produzione complessiva pari a 1.250 tonn/giorno». Un’ipotesi di smaltimento che, appunto considerando il lieve ritardo dovuto al periodo di lockdown, dovrebbe pertanto consentire nei primissimi mesi del 2021 la completa rimozione delle macerie, in mancanza della quale ogni discorso di ripartenza nelle zone del cratere si presenta, anche agli occhi di un profano, come scarsamente credibile.

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La sede della Cosmari

In realtà molti dei conti sopra prospettati già a prima vista non tornano, nel silenzio, circa l’operato del concessionario Cosmari srl, delle istituzioni preposte (il commissario straordinario, la Protezione civile, la Regione, gli enti comunali interessati) che tutti i giorni, specialmente in questo periodo elettorale, continuano ad assicurare che, fatti salvi ovviamente gli imprevisti oggettivi (il covid, che di fatto ha bloccato ogni attività da metà marzo sino a giugno), finalmente la devastante situazione post sisma sarà gestita con tutt’altra determinazione e nel rispetto delle tempistiche ipotizzate.

Innanzi tutto, va detto che, contrariamente alle previsioni regionali, il sito di Monteprandone, dopo tanti soldi spesi del tutto inutilmente, è ora fermo, mentre i siti di Tolentino e Arquata del Tronto stanno sì smaltendo, ma con risultati ben al di sotto delle quasi 35.000 tonnellate mensili (1.250 tonn/giorno per i giorni lavorativi di ciascun mese) calcolate dall’aggiornamento del piano operativo regionale di gestione delle macerie. Il concessionario Cosmari, infatti, come risulta dal sito ufficiale predisposto per il controllo dalla Regione Marche, da gennaio a fine luglio 2020, tenendo conto per i mesi del lockdown di sole 103 giornate lavorative, ha rimosso solamente 55.236,73 tonnellate, con una media giornaliera di 536,28 tonnellate, pari nemmeno alla metà di quella calcolata nell’aggiornamento del piano gestione macerie (1.250 tonn/giorno). Di questo passo, è ragionevole ritenere che il concessionario Cosmari srl a fine anno avrà rimosso all’incirca 130.000 tonnellate, e ne rimarranno ancora da rimuovere non meno di 250.000 tonnellate, cioè ancora una quantità enorme, ben distante dalle previsioni regionali.

Difatti, e non a caso la Cosmari, in completo disallineamento con il piano macerie aggiornato (c’è un deficit di rimozione pari ad oltre 700 tonnellate al giorno), afferma testualmente quanto segue nella relazione del direttore Giuseppe Giampaoli di accompagnamento al bilancio preventivo 2020: «Il termine del periodo emergenza è il 31.12.2020 e per tale data è previsto l’esaurimento della disponibilità di macerie pubbliche, in realtà i quantitativi residui trattabili durante l’anno sono scesi a circa 130.000 tonnellate».
E, sempre sulla stessa linea completamente discordante con le previsioni regionali, la Cosmari srl afferma nella delibera del cda n. 37 del 27 febbraio 2020, che si sarebbe verificata «una notevole riduzione dei quantitativi di macerie da trattare» e che «più precisamente si è giunti ad un dimezzamento del quantitativo disponibile di macerie da tratta nel sito deposito temporaneo di Monteprandone, che quindi ora si attesta intorno a 200/tonn/giorno».

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Le macerie in lavorazione alla Cosmari

Insomma, la Cosmari srl racconta tutta un’altra storia rispetto alla Regione Marche sia sulla quantità residua delle macerie da rimuovere sia sulla tempistica; e molte cose le sottace, a partire dai costi enormi della rimozione per le zone delle Marche sud, non individuabili negli ultimi bilanci consuntivi e previsionali e comunque ben superiori ai 50 euro a tonnellata riconosciuti dall’ente regionale, costi maggiorati che di fatto stanno incomprensibilmente gravando sui comuni soci della stessa Cosmari srl (tutti quelli facenti parte della provincia di Macerata, con l’aggiunta di Loreto) e che ben presto azzereranno i benefici dovuti al recente aumento delle tariffe. Non vengono nemmeno spiegati dall’ente consortile i motivi dell’apertura e della quasi immediata chiusura del sito di Monteprandone e dei ritardi nel funzionamento del sito di Arquata del Tronto.

Cominciando da Monteprandone, oggi del tutto fermo, occorre dire che l’impianto, sito in un immobile di proprietà del concordato preventivo Straferro Centro Italia srl, benchè già previsto nel contratto integrativo del dicembre 2018, è stato completato solo nel novembre 2019, poi funzionando di fatto solo tre mesi circa, nonostante gli ingenti costi sopportati per il nastro trasportatore (154.000 euro, oltre iva, come da delibera cda Cosmari n. 60/2019) e per l’affidamento del servizio di trasporto e trattamento rifiuti (€ 136.000, oltre iva, come da delibera c.d.a. Cosmari n. 37/2020) e quelli per l’indennità mensile di occupazione, dovuta sino a fine dicembre 2020.

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David Piccinini

E nonostante il fatto che David Piccinini, responsabile per la Regione Marche del Servizio Protezione Civile, oltre ad evidenziare con mail dell’11 luglio 2019 i già gravi ritardi del concessionario (peraltro senza che nessuno nei vertici apicali regionali saltasse sulla sedia), avesse ritenuto del tutto inutile e improduttivo l’investimento economico da effettuare su tale sito e avesse invece consigliato di puntare decisamente sul sito di Arquata, nel cui territorio comunale, e in particolare nella frazione di Pescara del Tronto, era ed è ancora concentrata la maggiore concentrazione di macerie ancora da rimuovere nell’ascolano. Insomma, soldi pubblici sostanzialmente sprecati, buttati dalla finestra (il nastro trasportatore inoltre resterà, per specifica previsione contrattuale, in capo alla proprietà), per un sito, quello di Monteprandone, inspiegabilmente individuato nonostante si trovi a circa 50 chilometri dalla zona di produzione delle macerie (quindi ogni viaggio, per l’andata e il ritorno, copriva circa 100 chilometri), prevalentemente a monte del Tronto, e quindi si sia rivelato un’assurdità, già solo per l’aggravio dei costi di trasporto delle macerie, anche solo per i pochissimi mesi in cui ha lavorato.
Peraltro anche per l’impianto di Arquata del Tronto (quello sul quale sarebbe stato necessario puntare rapidamente sin dall’inizio anche per evitare lo spreco di Monteprandone) si sono richiesti lavori per circa 170.000 euro affrontati dal concessionario Cosmari per la realizzazione di una tettoia e di un nastro di selezione, lavori non impegnativi e comunque anch’essi già previsti nel contratto integrativo di fine 2018, deliberati dal c.d.a. della Cosmari srl nel febbraio 2019, ma poi di fatto realizzati con notevole ritardo, tanto che il sito è divenuto operativo solo nel gennaio 2020.

A proposito di investimenti milionari del tutto infruttosi, buoni soltanto a fare immagine mediatica, non si può tralasciare il megaimpianto per la cernita delle macerie costruito a Tolentino presso la sede della Cosmari srl, finanziato dalla Regione Marche per un importo di quasi quattro milioni di euro e inaugurato in pompa magna nel dicembre 2017, che ha funzionato a regime per non più di 12 mesi, riuscendo però nel frattempo a far lievitare il costo delle macerie prodotte e gestite nella provincia di Macerata (circa 383.000 tonnellate a fine luglio 2020) abbondantemente sopra i 70 euro a tonnellata, ben oltre, quindi, i 50 euro a tonnellata che la Regione, come sopra detto, ha previsto di riconoscere al concessionario Cosmari nel piano operativo regionale aggiornato di cui al decreto n. 26/2020. Problema che in occasione delle ultime assemblee riguardanti l’approvazione dei bilanci consuntivo 2019 e preventivo 2020 non è stato minimamente affrontato, così come sembrano passati nel dimenticatoio gli ecoindennizzi che Cosmari deve ai comuni del cratere e gli importi corrispondenti ai materiali di recupero iscritti nel bilancio come ricavi, pur essendo invece di competenza della Regione Marche.

Insomma, alla fine del giro, mentre le lentezze per lo smaltimento delle macerie si accumulano ogni giorno di più, risulta evidente che nessuno, tra i molti soggetti competenti (Regione Marche, Protezione civile, Commissario straordinario) stia raccontando la verità, stia controllando l’operato del concessionario Cosmari srl o quanto meno stia facendo sentire la sua voce per richiedere a quest’ultima il rispetto dei protocolli regionali, con il risultato di ritardi, lievitazione dei costi e sprechi sempre più inaccettabili, gravanti economicamente sulle casse della collettività e socialmente e moralmente in maniera diretta sulle popolazioni delle zone del cratere, alle quali però, beffardamente, tutti giorni si continua a dire: «Non vi lasceremo soli».



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