di Maria Nerina Galiè
«La situazione è brutta e sono molto preoccupato. Dobbiamo prepararci al peggio», commenta Cesare Milani, direttore dell’Area Vasta 5, alla luce dei 203 positivi al Coronavirus nel Piceno, un numero sempre più alto di tamponi da effettuare per l’elevato numero dei contatti per ogni contagiato e l’oggettiva difficoltà nell’evitare assembramenti, addirittura in attesa del prelievo.
«Non so più che cosa devo fare – commenta spazientito – non basta nemmeno la vigilanza nella tensostruttura dove si fanno i tamponi, al “Mazzoni”, dove le persone si accavallano, si ammassano.
Ieri (domenica 20 settembre, ndr) abbiamo istituito turni sia al mattino che al pomeriggio, per 220 persone. E abbiamo dovuto chiede l’intervento della Questura.
E’ necessario avere pazienza e dimostrare senso di responsabilità nel rispettare le regole anti contagio.
Siamo in emergenza».
Poi Cesare Milani entra nel merito delle misure che sta prendendo, per non essere colto impreparato, in caso di necessità: «Intanto stamattina (21 settembre, ndr) ho riunito l’unità di crisi. Non l’abbiamo mai disattivata, ma gli incontri erano diventati sporadici.
C’è anche l’idea di riallestire i 20 posti letto nella palazzina ex Aids del “Mazzoni”.
Era pronta durante la fase clou dell’emergenza sanitaria.
Poiché però non è servita, abbiamo smantellato alcuni presidi specialistici che ora rimetteremo al loro posto».
Cosa si prevede?
«Non lo posso dire ancora. Però, in linea con il resto dell’Italia l’età media dei contagiati si sta alzando.
Ad agosto era di 29 anni (leggi qui). E’ già arrivata a 45.
Se continua questo trend, c’è il serio rischio che aumenti la richiesta di ospedalizzazione. E dobbiamo essere pronti».
Perché la palazzina ex Aids del “Mazzoni?
«In realtà è solo una precauzione che speriamo sia superflua.
Nel piano della Regione Marche, e nei limiti dei posti disponibili, i ricoverati positivi adesso vanno nei reparti di Malattie Infettive del “Murri” di Fermo (del Piceno ce ne sono 3, ndr), di Marche Nord e Ancona.
In caso di maggiore richiesta, in particolare per la necessità della terapia intensiva, verrà riattivato il Covid Center di Civitanova.
A seguire, sempre se serve, interverranno gli ospedali Covid che c’erano fino a giugno.
Nel nostro caso il “Madonna del Soccorso” di San Benedetto, dove sarebbe tutto pronto, addirittura con un reparto di terapia intensiva separato.
Ma io voglio evitare di ritrasformarlo in ospedale Covid».
Nei pensieri del direttore di Area Vasta 5, c’è anche il gran lavoro che grava sulle spalle del servizio Igiene e Salute pubblica e del laboratorio analisi.
«Claudio Angelini (direttore del Sisp, ndr) e Antonio Fortunato (direttore del laboratorio di Biologia Molecolare, ndr) si sono dimostrati determinanti per contenere la diffusione del contagio.
Ma le loro strutture sono al limite delle forze.
Dobbiamo inserire più personale al Sisp. In 10 non ce la fanno più, con tutto quello che comporta l’inchiesta epidemiologica, dalle telefonate – circa 300 al giorno solo per convocare per i tamponi – alla fase di inserimento dati».
Tra l’altro ora c’’è anche la routine. Le vaccinazioni ordinarie tanto per dirne una, rallentate in questi giorni, ma che avevano ripreso dopo il lockdown.
Le elezioni hanno appesantito ulteriormente il carico.
Il dottor Angelini riferisce che solo nella giornata di ieri è stata rilasciata un’ottantina di certificati per il voto a domicilio delle persone in quarantena.
Senza sosta anche il laboratorio analisi del dottor Fortunato «che nel frattempo – evidenzia Milani – si sta preoccupando di non rimanere senza reagenti».
«Di solito – afferma il direttore del laboratorio – la domenica si lavorava solo per le urgenze.
Si parlava di 30, 40 tamponi.
Ieri invece erano 220.
Durante la settimana ora viaggiamo al ritmo di 300 anche 350 esami.
E sono tutti della nostra Area Vasta, mentre a marzo, aprile e maggio processavamo tamponi per tutta la regione».
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