di Federico Ameli
Sebbene sia stato scrutinato solo un terzo delle 1576 sezioni marchigiane, lo spoglio sembra già aver emesso il suo inconfutabile verdetto: ogni minuto che passa, Francesco Acquaroli sembra sempre più proiettato verso la presidenza della Regione Marche, come d’altra parte i sondaggi delle ultime settimane sembravano indicare con una buona dose di certezza.
Festa grande in casa Fratelli d’Italia, con tanto di Giorgia Meloni precipitatasi ad Ancona per celebrare il successo di Acquaroli e della sua coalizione, mentre chi, per ora, ha ben poco da sorridere è il Movimento 5 Stelle, precipitato all’8,87%. Per tentare di conoscere le ragioni alla base del crollo dei grillini nella nostra Regione, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Peppino Giorgini, consigliere regionale uscente e principale volto pentastellato del Piceno.
«Innanzitutto, ci tengo a precisare che ad Ascoli e provincia i numeri del Movimento sono leggermente superiori a quelli della media regionale – mentre scriviamo, nella circoscrizione picena i grillini sono al 10,56%, ndr -. Credo che questo risultato sia stato condizionato anche dal fatto di non avere una struttura solida a livello regionale. La nostra è un’organizzazione “volante” in cui ognuno di noi naviga a vista, non ancora pronta per combattere questi veri e propri comitati d’affari che fanno del clientelismo la loro forza.
C’è anche da dire che un buon 70% dei M5S ha nel proprio DNA i principi tipici sinistra e personalmente mi è capitato di ricevere diverse telefonate da parte di miei sostenitori che in vista di queste elezioni hanno scelto di dare una mano al Pd “per non consegnare le Marche ai fascisti”, privilegiando il cosiddetto voto utile, altrimenti sono certo che avremmo assistito a un drammatico crollo del Pd.
Mi aspettavo che il Movimento potesse attestarsi intorno al 12-13% – prosegue Giorgini – ma per il momento non è stato così. Qui nel Piceno abbiamo ottenuto risultati leggermente migliori grazie al contributo mio, del senatore Giorgio Fede e del deputato Roberto Cataldi. Per me, la vittoria della destra si spiega anche sulla base delle scelte della giunta uscente, che ha fatto di tutto per regalare la Regione alla destra».
Sulla base di quanto emerso finora, in casa 5 Stelle la situazione sembra essere diametralmente opposta a quella di cinque anni fa, quando il Movimento riuscì a portare a Palazzo Raffaello una tutto sommato nutrita delegazione pentastellata. Per ora le urne non sembrano sorridere ai grillini, ma per Giorgini c’è ancora speranza di poter bissare il mandato da consigliere regionale, per il quale si profila un ballottaggio all’ultimo voto con l’ex collega Piero Celani.
«Lo dico ormai da sette mesi, per me i seggi del Piceno saranno assegnati a Castelli, Casini e uno tra Antonini e la Acciarri. Tutti esponenti ascolani, il che sarebbe gravissimo per San Benedetto, anche perché l’economia locale ha ormai superato di gran lunga quella del capoluogo.
Ho scelto di ricandidarmi dopo un enorme lavoro che mi è costato lacrime e sangue. Inizialmente non ero intenzionato a farlo, ma in un momento così difficile non c’erano alternative valide e credibili. A livello personale, la mia eventuale riconferma non ha troppa importanza, sono sinceramente dispiaciuto perché con la destra e la sinistra ci troviamo di fronte a macchine di potere e clientela, che avranno libertà di azione soprattutto nel nostro territorio».
Non poteva mancare poi un commento sul bilanciamento di forze che si sta delineando nelle ultime ore e sull’assetto politico che le Marche assumeranno in vista dei prossimi cinque anni.
«La sinistra è vista come la principale responsabile dell’attuale situazione politica ed economica, ma sono certo che la destra farà peggio: purtroppo ad oggi tira un vento di destra, dovuto anche al fatto che il popolo italiano ha scarsa cultura politica e tende a procedere per simpatie. Ritengo assurdo che la destra riscuota tutto questo successo anche presso i ceti deboli. I rappresentanti di Fratelli d’Italia sono stati aspramente criticati per la cena di Acquasanta, ma alla fin fine a premiarli è stata proprio la povera gente».
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