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Trasporto scolastico:
storia di studenti di provincia
in tempi di Coronavirus

CASTEL DI LAMA - In nome del distanziamento imposto dall’incedere dell’emergenza sanitaria, gli studenti del quartiere del campo sportivo, già storicamente penalizzati, si trovano ad affrontare la difficoltà di trovare posto sugli autobus. Il nostro viaggio tra i giovani pendolari piceni, tra mezzi di trasporto stracolmi, gel igienizzanti non pervenuti e qualche vecchia abitudine dura a morire
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di Federico Ameli

Sveglia alle 6.30, come non succedeva da un po’. La tentazione di restare sotto le coperte è forte, ma una nobile causa ci richiama al dovere. È quella degli studenti pendolari, che tutte le mattine, di questi tempi difficili, sono chiamati ad affrontare la dura sfida dell’emergenza sanitaria pur di tornare sui banchi di scuola.

Una studentessa che sceglie di rimanere anonima, forse con un pizzico di nostalgia per le comodità della didattica a distanza, ci ha segnalato qualche anomalia nel servizio di trasporto extraurbano dalla Vallata in direzione Ascoli, specie nell’ultima, famigerata, fermata di Castel di Lama, quella posta sulla Salaria in prossimità del campo sportivo, estremo baluardo del trasporto studentesco piceno.

La fermata del campo sportivo a Castel di Lama

Pare, infatti, che i poveri ragazzi locali vengano sistematicamente snobbati dagli autisti, che il più delle volte, nel tentativo di far rispettare le norme anti-contagio, evitano la fermata, rischiando di compromettere l’arrivo in orario degli studenti.

Non che qualche anno fa fossero tutte rose e fiori: la memoria torna subito ai viaggi disperati con pullman off-limits e autisti che nella maggior parte dei casi si guardavano bene dal sostare da quelle parti. Nella migliore delle ipotesi, insomma, ti ritrovavi a supplicare il conducente di turno pur di conquistare qualche centimetro di spazio vitale nei pressi delle porte, a tuo rischio e pericolo.

La nostra mattiniera segnalatrice ci riporta bruscamente alla realtà, presentandosi alle 7 nel luogo concordato per l’appuntamento. Qualche minuto di ritardo, un saluto svogliato e si va, rigorosamente armati di zaino in spalla per tentare di confonderci tra la folla.

Arrivati nei pressi dell’incrocio del campo sportivo giriamo istintivamente a destra, verso la fermata, ma la nostra accompagnatrice inizia a fissarci con espressione a metà tra il divertito e il compassionevole.

Niente da fare: la situazione è tale che la ragazza ci sconsiglia fortemente di restare in zona, sostenendo che il rischio di rimanere appiedati non sia poi così remoto. Le diamo retta e proseguiamo per qualche minuto in direzione est, verso la fermata precedente, quella di piazza Gramsci.

La situazione alla fermata di piazza Gramsci

È lì che, tutte le mattine, gli studenti più diligenti sono costretti a cercare fortuna per evitare di restare al palo e di essere costretti a ricorrere allo strappo da parte di mamma o papà, che oltretutto – e giustamente – non la prendono neanche troppo bene.

Sono le 7.19 quando arriviamo alla fermata in questione, dove troviamo ad accoglierci alcuni ragazzi del posto e altri che, proprio come noi, sono migrati da quelle parti in cerca di speranza. Passa qualche secondo e arriva il primo autobus, che nello stupore generale mette la freccia e accosta.

La nostra accompagnatrice sta già per beccarsi qualche occhiataccia per l’eccessiva dose di allarmismo quando, una volta aperte le porte, scorgiamo i sedili già occupati e diversi passeggeri in piedi. Qualche temerario – due o tre al massimo – si avvicina e riesce a salire prima che l’autista riprenda saggiamente la marcia.

Dopo qualche secondo fa capolino in fondo alla via un secondo pullman, che seguendo l’esempio del suo predecessore decide di fermarsi. Che la situazione sia meno tragica del previsto? No, dato che le dinamiche interne all’autobus ci ricordano quelle dei bei vecchi tempi: posti a sedere non pervenuti, sovraffollamento generale e sguardi altezzosi da parte dei colleghi di Vallata già a bordo. Niente da fare. Ringraziamo l’autista di buon cuore – o solo sprezzante del pericolo? -, sarà per la prossima.

L’autobus incriminato alla fermata di piazza Gramsci

Che non si fa attendere poi così tanto: alle 7.22 sbuca da nord un misterioso autobus blu, che però non ci pensa due volte e spinge sull’acceleratore, lasciandoci a bocca asciutta. Stessa sorte riservataci qualche minuto più tardi da un pullman al di sopra di ogni sospetto, un tempo compagno di tante battaglie.

Si tratta del Bis Piattoni, autentica istituzione per intere generazioni di studenti lamensi, che con una certa sorpresa troviamo piuttosto rinnovato rispetto al reduce della guerra fredda che fino a qualche anno fa ci conduceva dritti a scuola. Anche stavolta, però, la triste realtà non lascia troppo spazio ai sogni e alla fantasia: persino l’amico Bis Piattoni ci lascia a piedi, e senza neppure fermarsi.

Il tempo scorre, ma i ragazzi, evidentemente non nuovi a situazioni del genere, non si scompongono. Sanno che prima o poi, a differenza dei compagni del campo sportivo, arriverà il loro momento. E infatti la loro pazienza viene prontamente premiata da un insospettabile bus “Castorano-Colli”, che spalanca le sue porte alla gioventù.

A bordo il clima non è esattamente quello del sabato sera: poca voglia di parlare, c’è chi improvvisa dei riassunti di filosofia last-minute e chi cerca conforto nei piaceri dello smartphone. Siamo solo in tre a rimanere in piedi – nessuna sorpresa, il posto a sedere era un miraggio anche qualche anno fa -, mentre il resto della compagnia, fatta eccezione per qualche giovane trasgressore, siede in solitaria su due sedili affiancati, rigorosamente munito di mascherina.

La situazione al capolinea del Gioli

Spiccano però le assenze del gel igienizzante, ormai onnipresente in qualsiasi altro ambito della vita umana, e quella del controllore, ultimamente divenuto – almeno stando a quel che si dice – una costante del trasporto pubblico locale dopo tanti anni di poco onorata latitanza.

Passando dalle parti del campo sportivo, il nostro autista non accenna neppure a fermarsi. Sfrecciamo davanti agli impavidi frequentatori dell’ultima fermata facendogli ciao con la manina: saranno mai arrivati a scuola?

Arriviamo al capolinea dell’Hotel Gioli alle 7.50.

Alcuni ragazzi, sprovvisti di mascherina, fanno comunella in attesa di qualche ritardatario compagno di merende.

Mentre constatiamo con un filo di amarezza che nel giro di qualche anno le mode sono cambiate piuttosto rapidamente – e non necessariamente in meglio – notiamo qualcuno, con aria piuttosto soddisfatta, di ritorno da un’avventurosa quanto bizzarra escursione sulle rive del Castellano.

Non ragioniam di loro, ma guardiamo e passiamo, come direbbe qualcuno.

Nel frattempo, sembra non conoscere fine la processione degli autobus, che continuano a scaricare studenti più o meno vogliosi di tornare sui banchi: sono le 7.56 e qualcuno indugia più del dovuto nel lasciare la fermata, senza curarsi troppo della campanella che ormai incombe inesorabile. Avremo modo di rivederli più tardi nel corso della mattinata per le vie del centro: con tutta probabilità, la matematica non sarà mai il loro mestiere.

Alle 8.02 arriva finalmente a destinazione anche l’ultimo pullman, proveniente dal Teramano. Uno dei ragazzi del muretto si alza per accogliere i nuovi arrivati. Si ride e si scherza senza troppa fretta, ma all’improvviso i rumori della gru del vicino cantiere, che aleggia minacciosamente sulle nostre teste, richiama simbolicamente tutti all’ordine.

Zaini in spalla – ornamentali come il nostro? Chissà – e con tutta calma, i ritardatari si avviano verso il centro. Il nostro lavoro, almeno per ora, è finito, ci rivediamo qui tra qualche ora: anche gli angeli custodi hanno bisogno di fare colazione.

Ore 7.56, gli ultimi ritardatari temporeggiano mentre la campanella si avvicina

Vuoi perché ogni classe ha il suo orario di uscita prestabilito, vuoi perché l’urgenza di tornare presto a studiare non è mai stata poi così sentita, vuoi anche perché – per una volta – abbiamo provato l’ebrezza di essere in pole position, al ritorno la situazione – quantomeno al Gioli – sembra essere meno preoccupante e, se non fosse stato per una difficilmente interpretabile euforia collettiva, saremmo anche riusciti a goderci il viaggio verso l’amata Vallata.

Prenotiamo la fermata del campo sportivo e, scendendo dall’autobus, osserviamo le due panchine dall’altra parte della strada.

Qualche anno fa la piccola tettoia era solo un miraggio, i pullman viaggiavano costantemente in ritardo e buona parte della clientela non era così affezionata da munirsi di regolare titolo di viaggio.

È vero, negli ultimi tempi sono stati fatti molti passi avanti, ma ancora oggi tanti ragazzi trascorrono le – a breve gelide – mattinate lamensi nella speranza di riuscire a salire sull’autobus, problematica impensabile per la maggior parte dei loro coetanei della zona.

Eppure basterebbe davvero poco: qualche dispenser di gel igienizzante a bordo e un paio di corse in più, in modo da garantire il servizio anche ai residenti della parte ovest di Castel di Lama e risparmiare loro un bel pezzo di strada.

Poveri ragazzi di provincia, costretti a vagare di fermata in fermata in nome di un servizio, quello scolastico, a cui una neppure troppo esigua parte rinuncerebbe ben volentieri. In fondo, ne va non solo della pazienza dei bidelli, costretti a riaprire le porte della scuola fuori tempo massimo, o dei malcapitati genitori, ma della sicurezza di tutti.


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