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Area Vasta 5: il primario Catarci (Chirurgia)
lascia una grande eredità da portare avanti

ASCOLI - Dopo quasi quattro anni dal suo arrivo alla Chirurgia di Ascoli e San Benedetto, dal primo novembre il dottor Marco Catarci torna nella sua Roma per ricoprire lo stesso incarico al "Sandro Pertini", in una zona della capitale che ha quasi gli stessi abitanti delle Marche. Prima di partire fa un bilancio di questa esperienza che dovrebbe inorgoglire non pochi, e far riflettere tanti altri
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di Epifanio Pierantozzi
«Non hanno fatto nulla per trattenermi».
Così i casi sono due: o “a nemico che fugge ponti d’oro”, oppure sanno (o sperano) di sostituirla al meglio”.
«Mi auguro la seconda, ma credo di più nella prima».

Marco Catarci

Chi commenta così il suo distacco – meglio dire salto di categoria – dal “Mazzoni” di Ascoli al “Pertini” di Roma è il primario di Chirurgia di Area Vasta 5, il dottor Marco Catarci. Infatti, a fine ottobre, saluterà il Piceno per… tornare a casa.

Arrivato all’ospedale Mazzoni nel febbraio 2017, dal “San Filippo Neri” di Roma, dove il ruolo di secondo ormai gli stava stretto, il dottor Catarci fa marcia indietro dopo quasi quattro anni. Anni che ha impiegato e utilizzato non solo per far crescere i colleghi – chirurghi, ma anche infermieri -, ma anche una Unità Operativa che da troppo tempo aveva a capo dei “facenti funzione”.
Dopo la delusione dello scorso anno (primo al concorso da primario di Chirurgia al “San Filippo Neri”, ma hanno nominato il secondo) ha continuato a testa bassa fino al 31 ottobre prossimo quando, salutate le tante persone che lo hanno arricchito sotto molteplici aspetti, prenderà servizio all’ospedale “Sandro Pertini” (Asl Roma 2).
Quale “esca” avrebbero dovuto usare per farla restare?
«Con la morte nel cuore, sarebbe stato sufficiente mantenere le promesse fatte: realizzare una unità operativa di Chirurgia vascolare nelle Marche Sud, limitare il fenomeno della inappropriatezza dei ricoveri urgenti (ancora oggi, nonostante ripetute segnalazioni, sette ricoveri su 10 in chirurgia provenienti da pronto soccorso non necessitano di un intervento chirurgico e consumano risorse destinate ad altro uso), e, infine, evitare lo sgradevole fenomeno, ormai fin troppo diffuso, di utilizzare risorse umane, altamente qualificate a fini clinici, per colmare incombenze di tipo amministrativo che dovrebbero essere svolte da personale abbondantemente presente in AV5. In altre parole, a fronte di un incremento di oltre il doppio della quantità e della qualità delle prestazioni erogate dalla Chirurgia, è mancato il supporto per un ulteriore salto di qualità».
Forse questo “correre veloce” del suo reparto ha messo in crisi altri settori incapaci di tale crescita?
“il punto cruciale è il sistema di rimborso delle prestazioni in una Azienda territoriale come l’AV5. Infatti il rimborso viene effettuato in base al numero degli abitanti (quota pro capite), e un aumento del numero e della qualità delle prestazioni viene percepito dall’amministrazione principalmente quale un aumento di spesa. A conferma di ciò – precisa il primario di Chirurgia -, basta vedere quando sta accadendo in seguito alla pandemia di Covid-19: è risaputo che questa ha determinato un ritardo delle prestazioni chirurgiche a livello nazionale di circa 600.000 interventi, e nel Piceno siamo rimasti al 50-60% della funzionalità delle chirurgie. A fronte di questo, finora, non ho visto nessun piano di aumento di personale e di risorse destinate a colmare questo vuoto. La pandemia è sicuramente molto grave, ma le patologie neoplastiche e degenerative ancora non lo sanno”.
Torniamo alla cerimonia degli addii. Porterà qualcuno dei suoi colleghi a Roma?
«Se potessi traslerei in blocco tutto il personale medico e infermieristico della Chirurgia Generale di Ascoli al Pertini di Roma, se non altro, per lo splendido percorso svolto insieme a proposito della piena realizzazione di un programma di guarigione potenziata (enhanced recovery) che ha dimezzato la durata della degenza post-operatoria e le complicanze postoperatorie. Proprio la prossima settimana uscirà, su una rivista scientifica internazionale di alto impatto, un articolo su questo argomento relativo al primo anno di esperienza al Mazzoni e al Carlo Urbani di Jesi».
Nonostante il rischio che chi suggerisce venga “bruciato”, chi si augura come successore?
«Fortunatamente questi quattro anni di lavoro hanno facilitato lo sviluppo di molte figure professionali: Gianluca Guercioni, sostituto naturale e designato, ha pienamente maturato le qualità tecniche e gestionali per continuare il percorso intrapreso finora. Ernesto Basaglia, coordinatore della “breast unit AV5” e direttore UOS chirurgia senologica sta svolgendo un egregio sviluppo della chirurgia oncologica della mammella. Vittorio Bartolotta ha raggiunto competenze tecniche di rilievo nazionale nella chirurgia delle ernie e della parete addominale. Infine, ma non ultima, Simona Ciotti, coordinatrice infermieristica della chirurgia, che era, è, e continuerà ad essere il collante ideale di tutta l’unità operativa e la risolutrice ultima di ogni problema, e l’elenco potrebbe essere ancora lungo».
Si potrebbe concludere con “un esilio necessario per tornare a Roma da vincitore”, ma sarebbe riduttivo per il dottor Catarci il quale, in fondo, in questi quattro anni ha dato molto al Piceno, ma ha preso altrettanto sotto l’aspetto umano e di scoperta di una provincia dove “si vive bene”.

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