di Claudio Felicetti
Pagamento di un’oblazione di circa 100 euro, questa la decisione del giudice onorario Barbara Bondi Ciutti nei confronti dei vertici di Piceno Consind (proprietario) e Picena Depur (gestore) per i miasmi nauseabondi provenienti dal depuratore consortile di Campolungo che hanno ammorbato i residenti di Villa Sant’Antonio e Castel di Lama nel periodo giugno 2017-dicembre 2018 causando disagi e rischi per la salute. La sentenza del Tribunale di Ascoli è arrivata intorno alle 13,30 di oggi, 1 ottobre 2020, dopo ore di attesa.
Delusi i 210 residenti che volevano costituirsi parte civile, ma non hanno potuto farlo, dopo che gli imputati si sono sottratti al processo penale pagando una somma piuttosto che fare accertare la verità in sede processuale, come voleva la Procura. Nell’ultima relazione dell’Arpam sarebbero comunque configurabili nuovi reati a carico degli stessi imputati. Il risarcimento nei confronti dei residenti sarà chiesto comunque in sede civile.
A inizio udienza, in cui non era previsto nessun contraddittorio ma solo la comunicazione, da parte del giudice, dell’accettazione o meno dell’oblazione chiesta dagli avvocati degli imputati, Manuel Formica per Domenico Procaccini (presidente del Consind) e Francesco Marozzi per Longino Carducci e Fausto Latini (rispettivamente presidente del Cda e amministratore delegato della Picena Depur), i legali in modo inusuale hanno presentato una memoria al giudice, che l’ha ammessa e quindi ha sospeso il dibattimento, probabilmente anche per esaminare il documento.
In verità, era molto attesa la relazione dell’Arpam sulla complessa materia, inviata una settimana fa al Tribunale, che avrebbe dovuto costituire la base per un giudizio definitivo sul buono o cattivo funzionamento dell’impianto nel periodo inserito in denuncia. Nel sopralluogo all’impianto, effettuato il 24 luglio scorso, “al fine di esaminare tutte le fasi del ciclo depurativo e di individuare le eventuali fonti di odori molesti”, i tecnici dell’Arpam Maritza Mirti e Annamaria Falgiani avevano rilevato alcune criticità di tipo tecnico. Il 21 settembre scorso nuovo sopralluogo con le seguenti osservazioni: “Nonostante siano state realizzate le modifiche dell’impianto e sia garantita l’ossigenazione delle vasche – si legge nella relazione firmata dalla dirigente del Servizio territoriale Lucia Cellini e inviata al giudice – il personale Arpam nel corso dell’ispezione del 21 settembre ha rilevato la presenza di cattivi odori, riconducibili a composti dello zolfo nella zona corrispondente ai pretrattamenti iniziali. Lo stesso odore, molto intenso, è stato avvertito dai tecnici reperibili intervenuti nella notte tra il 18 e il 19 settembre sia presso la vasca di equalizzazione del depuratore sia nelle zone limitrofe. Le emissioni maleodoranti sono state rilevate anche da dipendenti Arpam che si trovavano nella zona il 19 settembre (ore 22-23). Segnalazioni da parte dei residenti, relative alla stessa tipologia di odori, sono pervenute fino alla tarda serata di ieri (23 settembre 2020, ndr). Durante i controlli eseguiti il 24 luglio 2020 non era stata riscontrata questa criticità”.
Va comunque ricordato che negli ultimi mesi dopo il lockdown numerosissime, giorno e notte, sono state le segnalazioni all’Arpam da parte dei residenti e del comitato “Aria pulita” per il diffondersi nell’aria di miasmi stomachevoli e insopportabili provenienti dal depuratore situato a un centinaio di metri dalle abitazioni.
Insomma, per i malcapitati cittadini della frazione divisa in due Comuni dalla striscia bianca della Salaria, dopo il danno anche la beffa.
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