Dopo la disfatta del centrosinistra nelle Marche, nelle elezioni per la Regione e per i Comuni di Macerata e Senigallia, è subito iniziato il “processo” dentro e fuori il Pd che ora, volente o nolente, deve trovare una nuova rotta. Il dibattito non è solo a livello regionale ma anche locale.
Ad Ascoli, dove pure non si è votato, è il consigliere comunale di “Ascolto & Partecipazione”, Antonio Canzian, ad aprire il dibattito nel tentativo di coagulare tutte le forze che si riconoscono nel centrosinistra o anche nell’opposizione al centrodestra. Canzian riflette sul dopo voto di settembre ma guarda soprattutto al futuro quando si tornerà alle urne anche nel Comune di Ascoli.
E chiede di accendere il confronto tra le forze anti centrodestra, per allargare il campo, al candidato sindaco di “Ascolto & Partecipazione”, Emidio Nardini, e al candidato sindaco della coalizione di centrosinistra Pietro Frenquellucci. Di questo ipotetico fronte dovrebbe far parte anche quella parte del Movimento 5 Stelle che, a settembre, avrebbe visto di buon occhio l’alleanza col Pd anche negli enti locali.
«Anche ad Ascoli – afferma Canzian – è più che urgente ricostruire una proposta di governo della città alternativa alla destra che sta lentamente ma inesorabilmente consegnando la città all’oblio. Ripartire da Nardini, Frenquellucci, da quella parte del M5Sche non si è consegnata al centrodestra, da quei consiglieri comunali che sono rimasti nella minoranza consiliare senza mendicare un posto in questa giunta, da quel tessuto produttivo, civico e associativo che non si rassegna a vedere la città indietreggiare sempre più. Per ricostruire un’alternativa alla destra e per non dover sentir più parlare, dai soliti soloni, di “voto utile” o di “voler dividere la sinistra”, abbiamo il tempo necessario e non dobbiamo sprecarlo».
Qualche timido segnale di disgelo, nell’ambito della sinistra, per la verità c’è già stato. «Dopo la Regione e Macerata, anche Senigallia – è l’analisi di Canzian ex vice presidente della Regione per il Pd poi allontanatosi dai Democratici – è andata al centrodestra. Una caporetto senza attenuanti, forse anche oltre le responsabilità del centrosinistra, ma che sancisce definitivamente l’abisso tra il suo principale partito, il Pd, e gran parte dei cittadini marchigiani che, almeno in parte, non hanno votato “per” il centrodestra, ma “contro” il Pd.
E, alla luce dei risultati elettorali delle altre regioni, questa è stata una peculiarità negativa delle Marche. Credo che tale storica sconfitta sia legata alla crisi ormai evidente del modello economico marchigiano ulteriormente aggravato dal terremoto e poi dall’emergenza Covid. Di fronte a ciò la giunta Ceriscioli è apparsa debole, a volte contraddittoria, spesso arrogante, spocchiosa e lontana dai cittadini. Di fronte a questo scenario la partita delle regionali era difficilissima se affrontata con lo stesso modulo di gioco. Messo da parte Ceriscioli, con modalità peraltro discutibili, era indispensabile individuare un candidato davvero nuovo che interpretasse, anche fisicamente, una evidente e necessaria discontinuità. E in campo c’era l’ex rettore della Politecnica delle Marche, Sauro Longhi, certamente la migliore candidatura al momento disponibile. Con Longhi sarebbe stato tra l’altro realistico allargare l’alleanza al M5S e, probabilmente, alla sinistra dell’ottimo Mancini (Dipende da Noi)».
«Invece, dopo un pessimo tira e molla – continua Canzian nella sua analisi che mette nel mirino le scelte del Pd – i maggiorenti del Pd, che politicamente ormai da anni non hanno più nulla da dire, hanno preferito sistemare i propri equilibri interni (e anche i propri interessi), candidando Mangialardi che ha fatto quel che ha potuto, costretto ad una continuità-discontinuità, a difendere le scelte della giunta precedente, ma prenderne le distanze, in un equilibrio che alla fine è risultato poco credibile per i marchigiani la maggioranza dei quali evidentemente chiedeva e pretendeva un netto voltar pagina.
La responsabilità è ovviamente tutta o quasi del Pd. Ora bisogna pensare a ricostruire ripartendo da zero in un nuovo percorso e con persone nuove, riconoscendo il ruolo del Pd, ma chiedendogli di aprirsi finalmente a tutte quelle realtà civiche, sociali, associative, anche rinunciando, se necessario, alla propria sovranità, così come avvenuto in molti Comuni italiani dove l’onda del centrodestra è stata fermata».
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