La lettera di Ugo Filisetti, direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale, sta facendo il giro del web. Scritta agli studenti in occasione del 4 novembre, il suo contenuto (con intestazione del Ministero dell’Istruzione) ha lasciato molti studenti e famiglie di stucco, dato che sembra esaltare la morte in guerra. Compare anche una citazione del filosofo Giovanni Gentile: “un uomo è vero uomo se è martire delle sue idee”. Tra i commenti sulla vicenda anche quello di Angelo Ventrone, docente di Storia contemporanea dell’Università di Macerata che su Filisetti riporta un aneddoto non troppo dissimile dal caso esploso con la lettera.
Ventrone definisce la lettera del dirigente «un documento sorprendente. La celebrazione del 4 novembre per lui è ancora evidentemente il giorno della Vittoria, non ancora dell’Unità nazionale. D’altronde, a ben pensare, c’era da aspettarselo. Nel 2018, in un incontro in una scuola a cent’anni dalla fine della Grande guerra, e per ricordare gli ex studenti morti in combattimento, avevo infatti assistito a una scena surreale. Il primo intervento previsto è proprio quello di Filisetti. Si alza – scrive Ventrone -, va al microfono e legge, uno a uno, i nomi dei caduti. A ogni nome, fa seguire il grido: «Presente!». Poi torna al suo posto, senza aggiungere null’altro. Rimango senza parole. Con mia enorme sorpresa, ho appena assistito alla messa in scena del tipico appello che apriva le riunioni dei gruppi fascisti (anche se ora nel messaggio il richiamo sembra essere a D’Annunzio). Tocca a me. Ricordo agli studenti che quella guerra è stata espressione anche di idealità, ha svolto sì un ruolo importante nella nostra storia, ma che ogni retorica della “bella morte” è del tutto fuori luogo. Otto Dix, il grande pittore tedesco, combattente anche lui, ha trovato le parole giuste per descrivere la realtà bellica: «Pidocchi, ratti, reticoli, pulci, granate, bombe, fossi, cadaveri, sangue, grappa, topi, gatti, gas, cannoni, sporco, pallottole, mortai, fuoco, acciaio, questa è la guerra», ha scritto. Difficile, credo, augurare a un ventenne di affrontare quell’inferno. Per unire il Paese, ci sono (e c’erano allora) altre strade, altre possibilità diverse dalla guerra. E comunque ci dobbiamo avvicinare al passato con rispetto, per comprenderlo dall’interno, per entrare il più possibile negli occhi e nella mente dei suoi protagonisti; non per esaltarlo con facile e dubbia retorica a posteriori. Naturalmente, mi sono sentito rimproverato di aver rovinato tutto. Dispiace profondamente che tutto questo venga da chi ricopre un incarico così importante».
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