di Walter Luzi
Emidio Moretti, era nato nel centro di Ascoli qualche anno dopo l’Unità d’Italia, nel 1868. Si era imbarcato, giovane migrante, sul bastimento verso l’America con la sua valigia di cartone piena di sogni e voglia di fare. La meccanica e le moto, le uniche conoscenze acquisite, da ragazzo, nella sua città. Possono bastare, se hai passione, nel nuovo mondo che si apre alle tante speranze di una vita migliore, a Ellis Island. Qui trova pane per i suoi denti. E che pane. Mette mano alle Harley-Davidson. Le moto da poco inventate da due ragazzi di Milwaukee, destinate ad entrare nella leggenda delle due ruote nei decenni successivi.
A Philadelphia, in Pennsylvania, Emidio ci resta 19 anni, passati, quasi per intero, dentro la sua officina di meccanico riparatore. Dove tutto odora di grasso, olio lubrificante e benzina. Gli affari vanno benissimo, ma il suo cuore è rimasto ad Ascoli. Ci ritorna nel 1919. E, ovviamente, riapre subito bottega. Vicino casa, in Piazza Arringo, dirimpetto al Battistero, due passi dal Duomo. Due monumenti cittadini come, lui ancora non può nemmeno immaginarlo, lo diventerà anche la sua attività. Destinata a superare, e ancora non è finita, il secolo di vita.
Gli danno una mano i suoi due figli, Pietro e Mario, che dopo la sua scomparsa, nel 1937, si spostano di pochi metri, sempre nella centralissima Piazza Arringo, proprio davanti al Palazzo Comunale. E’ il 1953. L’insegna della Moto Gilera, che issano sul muro dell’ingresso, resterà immortalata anche lei nella celebre foto d’epoca della piazza scattata due anni dopo. Lì dentro c’è l’esposizione dove si concludono le vendite. Chi può spendere compra le Gilera. La maggior parte deve accontentarsi del più economico, ma sempre glorioso, Motom.
Ma i Moretti vendono anche biciclette, su tutte le prestigiose Legnano. Pietro e Mario ben valorizzano le bici da bambino esposte all’esterno. Per richiamare l’attenzione dei passanti si inventano anche una grossa ruota girevole con i colori dell’iride, un disco di Newton fatto in casa, che riscuote gran successo, e che i meno giovani possono ancora ricordare. Il cuore pulsante dei Moretti però batte forte nell’officina che sta proprio dietro l’angolo, in rua Pietro Della Scala. Ci lavorano a tempo pieno una mezza dozzina di meccanici. Non c’è problema di una moto che loro non riescano a risolvere. E’ il valore aggiunto, storico e vincente, della ditta Moretti. Il servizio assistenza. Non è da tutti.
«Chi ci ha provato a vendere le moto nei grandi centri commerciali ha dovuto fare presto marcia indietro -spiega Giancarlo Moretti, classe 1961, oggi titolare dell’attività-. L’assistenza tecnica nel nostro campo è fondamentale. Bisogna avere competenza specifica e, con il progresso tecnologico in continua evoluzione, l’aggiornamento tecnico è diventato vitale. Per dare solo un’idea, all’ultimo corso della Kymco sul nuovo modello AK550 che ho frequentato, la lezione per le parti meccaniche e il motore è durato un’ora, quella per la parte elettronica, invece, nove».
Ma torniamo alla storia dellla sua famiglia. Quando Pietro scompare prematuramente, Mario trova un validissimo aiuto nella moglie Carolina Nepa. Con il passare degli anni il ruolo di questa energica donna diventerà determinante nella conduzione della Moretti Moto. Soprattutto dopo la scomparsa del marito, nel 1966. Un impegno costante e capacità non comuni nel settore, quelle di Carolina, che contraddistinguerà la crescita verticale della ditta. Doti premiate, vent’anni dopo, con l’onoreficenza di Cavaliere del Lavoro, conferitagli dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
Un successo, quello di Moretti Moto, caratterizzato anche dalla crescita, in azienda, dei suoi figli. Prima di Emilio, e poi del più piccolo Marco. Energie nuove, ma qualità tradizionali, serietà e professionalità in primis, sono quelle di sempre. Che non verranno mai meno. Emilio, ricordato ancora oggi dai motoriparatori ascolani più anziani, con la gratitudine e l’affetto che si devono ad un grande maestro, comincia a sporcarsi le mani in officina accanto al padre già da bambino.
Cresce lì dentro, accanto ai suoi meccanici. La settimana lavorativa corta è ancora di là da venire. Si lavorava il sabato e anche, mezza giornata, la domenica. Un crimine inconcepibile, oggi, per le maestranze di ogni settore. Poi nel pomeriggio, in sella alle loro moto, si faceva una bella gita. Tutti insieme. Perchè quelli non erano dipendenti, erano amici. E bastava quello per essere felici. A proposito di anni felici. Le ferie, in casa Moretti, duravano una solo una settimana. Sempre la stessa. La prima di settembre.
«A Monza c’era infatti il Gran Premio Motociclistico d’Italia – racconta Giancarlo-. Io e papà partivamo ogni anno in sella al nostro Morini 350 per il lago di Como. Per la nostra breve vacanza abbinata, alla fine, con la corsa motociclistica più attesa. Era bellissimo. Lui poi aveva un gruppo di amici fantastici come, fra gli altri, Peppe Fiocchi, come Giovanni Agostini, come Gigge lu tuope, di Porta Cartara, del quale, forse, non ho mai saputo il vero nome. Io ero poco più di un bambino, una sorta di mascotte aggregata alla comitiva, accomunato dalla stessa passione per le moto. Con i suoi amici papà, ogni anno, aveva appuntamento, alle cinque di mattina, sempre allo stesso posto. Il bar Aragno di Pedaso. C’è ancora. L’autostrada A14 doveva ancora essere completata. Una vera avventura il nostro viaggio lungo le strade statali verso la Lombardia. Ora il gran premio motociclistico lo corrono al Mugello, in Toscana. Ci vado comodamente in auto. Ma non è la stessa cosa».
Nell’estate del 2015 un brutto male si è portato via Emilio, il papà di Giancarlo. Un lutto mai metabolizzato, il dolore di una perdita mai lenito. Neppure dal tempo. «Mi ha insegnato tutto -dice Giancarlo con gli occhi lucidi -. Gli devo tutto, ci ha lasciato da cinque anni, e io ancora non riesco ad accettare l’idea che lui non ci sia più». Sarebbe bello se queste righe servissero a restituirgli pace. Custodirne la memoria è l’unico modo che abbiamo per mantenere vivi i grandi del passato.
Moretti cresce, e si sposta ancora, in via Bonaccorsi stavolta. Nel 1985, a 24 anni, arriva a dare manforte anche Giancarlo.
«Fino ad allora ero stato troppo occupato a correre in moto -racconta-. Ho iniziato con l’Enduro, su un Caballero 50. Poi, più avanti, papà mi comprò da Ulissi di San Severino Marche una Ktm. Quando il rappresentante della Cagiva scoprì che ero il figlio di Emilio, iniziarono loro a sponsorizzarmi. A casa ho una stanza piena di trofei, ho vinto tre campionati regionali, ma non sono mai andato oltre il quinto posto nei campionati italiani di motocross. Si partiva il giovedì si rientrava il martedi successivo. Prima con la squadra Baiengas di Ivo Brandimarte, e poi con un team di Recanati “Sorci verdi”. Mi pagavano le spese, ma le moto le mettevamo a punto qui in casa, con mio padre e mio fratello, che è molto bravo anche in questo».
Ora che Emilio non c’è più, il capo è lui. Quarta generazione di Moretti Moto. «Questo lavoro lo fai bene solo se hai passione se pensi solo a far soldi sei rovinato-spiega sempre Giancarlo- . La seconda, non meno importante, è che devi essere serio. Corretto. Sempre. I risultati si vedono solo così. Mia figlia mi dice che sui social registriamo il massimo del gradimento da parte dei nostri clienti. La terza è la competenza. E quella non la si conquista dall’oggi al domani. Ci vogliono anni ed anni».
Motocicli, mercato di alti e bassi. «La rivoluzione è arrivata a metà circa degli anni Novanta con l’avvento dei primi scooter dell’Aprilia -continua Giancarlo-. Oggi monopolizzano il mercato. Mentre mio padre ha lavorato sempre, prevalentemente, con le moto. Con la crisi economica sono cambiati anche i consumi. Negli anni del benessere economico nel garage di in una famiglia di quattro persone c’erano quattro scooter. Oggi uno deve bastare per tutti».
Affollata la bacheca dei riconoscimenti. La Gilera, nel cinquantennale dalla fondazione, gratificò la Moretti Moto di Ascoli con una medaglia ricordo riservata alle aziende partner. Giancarlo la conserva ancora. E’ del 1959. Un anziano cliente gli ha riportato un contratto di acquisto originale siglato con suo nonno. Ha incorniciato anche quello. E’ del maggio 1939. La moto costò 6.489 lire. Con la Malaguti, nel 2008, Giancarlo è andato a ritirare un premio fino in Vietnam. “Punto vendita italiano al primo posto nella classifica per la soddisfazione del cliente” c’è scritto sulla targa ricordo. L’anno successivo lo sarà anche per fatturato. Sono le soddisfazioni che ripagano di più.
Sempre nel 2008 Moretti si trasferisce nei nuovi locali di via Sacconi. Il fratello Paolo è sempre presente quando è il momento delle grandi scelte. La moglie Sabrina, le figlie Jessica e Debora sono le sue tre stelle polari. Gli affetti più grandi nella vita e le prime collaboratrici nel lavoro. Kymco, Sym, Piaggio e Aprilia i marchi di cui è concessionario.
Il futuro. Jessica, trent’anni, quinta generazione dei Moretti Moto, oggi lavora a Rimini nella Vici S.p.A., azienda leader nella produzione di tecnologie elettroniche di precisione per il controllo qualità dei pezzi di ricambio delle moto. Sogna anche lei, a Rimini, come il suo trisnonno Emidio a Philadelphia, un secolo prima, di tornare nella sua città.
«E’ introdotta nel settore perchè si occupa del controllo di parti meccaniche, viene già alle fiere con me, e mi segue per gli acquisti -ci spera Giancarlo -. E poi c’è Davide, il figlio di mio fratello. Ha diciotto anni e si sta per diplomare. E’ attratto pure lui dalle moto. Dagli odori dell’officina…».
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