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Aborto, tuona Italia Viva:
«La Latini fa regredire
le Marche di 50 anni»

ASCOLI - Sulla delicata questione, interviene la coordinatrice provinciale del partito: «La invito a riconsiderare le proprie convinzioni dal voler intervenire su una norma che priverebbe tante donne di una libertà di scelta tutelata da una legge del 1978»
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Giorgia Latini

Dopo il Pd, ad Ascoli anche Italia Viva attacca l’assessore regionale Giorgia Latini sulla questione aborto.

«E’ imbarazzante dichiarazione dell’assessore regionale Giorgia Latini, titolare anche della delega alle Pari Opportunità, nella quale afferma di essere contraria all’aborto e di volersi attivare per impegnare la giunta regionale (tutta rigorosamente al maschile, a parte lei) a rivedere la legge con la quale le Marche hanno dato il via libera durante la scorsa legislatura all’utilizzo della “RU-486”, farmaco conosciuto come pillola abortiva».

Maria Stella Origlia

Lo dice Maria Stella Origlia, coordinatrice provinciale di Italia Viva. Che poi aggiunge: «Si ricorda all’assessore che la pratica dell’aborto è normata da una legge dello Stato, la 194 del 1978, approvata successivamente agli esiti di un referendum, promosso trasversalmente da più forze politiche, e che disciplina le norme per la tutela sociale della maternità e l’interruzione volontaria della gravidanza. Comprendo e rispetto le convinzioni soggettive di una donna e di una madre che intende non avvalersi di tale possibilità e che osservi precetti o regole che attengono alla sfera personale o religiosa ma che, tuttavia, non possono prevaricare lo spirito laico che deve ispirare il legislatore quando investe i diritti e i doveri del cittadino».

«Invito caldamente la Latini, che è donna e madre e che riveste un ruolo assolutamente fondamentale all’interno di una maggioranza politica, soprattutto per la delega di cui è titolare – conclude la Origlia – a riconsiderare le proprie convinzioni in merito alla volontà di voler intervenire su una norma che priverebbe tante donne di una libertà di scelta che è tutelata per legge e che, qualora fosse loro negata, toglierebbe alle stesse un sostanziale diritto acquisito e alla comunità tutta un significativo risultato di parità culturale».


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