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No alla pillola abortiva
Aied: «La natalità non si aiuta così»
Pro Vita: «Si apra un dibattito sociale»

ASCOLI - Tiziana Antonucci dell'associazione laica: «Non nascono bambini per il calo della fertilità». «L'aborto è diminuito e la contraccezione non è aumentata». La onlus che ha sostenuto la posizione della Regione Marche: «La Ru 486 è un orrore giuridico, etico e sanitario»
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Tiziana Antonucci

di Stefania Mistichelli

La posizione della regione Marche in merito al ruolo dei consultori nella gestione dell’aborto farmacologico continua a far discutere: da un lato chi esulta per un provvedimento che, limitando l’accesso al Ru486 tutelerebbe la salute della donna, dall’altro chi afferma esattamente il contrario.

«Noi sempre siamo stati in prima linea sul sostegno alla donna e alla maternità – chiarisce Tiziana Antonucci di Aiede da sempre lavoriamo sulla consapevolezza rispetto al proprio corpo. Io stessa, spesso, ho suggerito alternative a donne che si rivolgevano all’Aied per interrompere la gravidanza, mettendole in contatto con il Centro di accoglienza vita, telefonando io stesso, oppure contattando Comune o Regione per cercare di intercettare fondi per sostenere queste donne.

Questo perché il nostro approccio è totalmente laico e cerchiamo di sfruttare tutte le risorse del territorio. E non nascondo che, purtroppo, gli aiuti seri non ci sono, o sono pochissimi, e non risolvono il problema.

Si parlava di lavorare per aumentare la natalità. A questo scopo, non è sufficiente un assegno, ma è necessario ripensare veramente le politiche del lavoro e lavorare su un nuovo welfare, che garantisca loro l’accesso al mondo del lavoro, alla pari degli uomini, anche perché le donne per prime stanno pagando gli effetti della crisi dovuti alla pandemia.

I discorsi sull’aumentare la natalità con questi metodi mi riporta a periodi storici a cui non vorrei pensare. Non si sostiene la maternità dando un assegno di 160 euro al mese, che sembra una presa in giro, di nuovo sulla pelle delle donne.

Tornando sul discorso della Ru486, poi la Antonucci aggiunge: «Il problema è che manca la tempestività e la presa in carico da parte dei servizi. In primo luogo, è chiaro che nei consultori debba esserci personale non obiettore che guidi all’uso della contraccezione e che sia accanto alla donna che si trova nella necessità di affrontare un aborto.

È ovvio, poi, che tutte le donne vogliano essere tutelate nella maternità, ma questo non si deve tradurre nell’ostacolare l’accesso a metodi più semplici di interruzione di gravidanza, tant’è vero che con la legalizzazione gli aborti sono diminuiti tantissimo, più che dimezzati. Questo è un successo. Prima si praticavano illegalmente ed era lì che la donna sperimentava la solitudine e rischiava la vita.

Il calo della natalità non è dovuto all’aborto, che è diminuito, né dalla contraccezione che non è aumentata molto, ma da una diminuzione della fertilità, calata per motivi diversi. Forse la pillola del giorno dopo, che (se funziona) impedisce l’ovulazione e quindi il concepimento, può avere avuto un ruolo, ma sicuramente non decisivo».

L’ambiente da preferire per l’aborto medico, secondo Tiziana Antonucci, sarebbe proprio il consultorio. «Nel consultorio, la donna trova uno spazio accogliente, di ascolto e rassicurazione. Riceve un numero di cellulare cui può fare riferimento 24 ore su 24, la struttura è sempre al suo fianco e, soprattutto, torna per il follow-up e insieme al controllo ecografico riceve e indicazioni e consigli sulla contraccezione e sulla prevenzione.

Inoltre, è documentato in letteratura che dove c’è un buon counseling la donna ha meno dolore e meno complicanze. E questo può avvenire solo nell’ambito consultoriale, perché in ospedale non c’è il tempo, non è la struttura adatta per fare il colloquio eccetera. Lo spazio preposto è il consultorio perché qui si riesce a fare più efficacemente prevenzione.

Invece, rendere difficile l’accesso alla Ru486 incentiverà l’aborto clandestino: sappiamo già, e conosciamo solo la punta dell’iceberg perché è illegale, che molte donne la trovano online e la prendono senza alcuna prescrizione medica, con i conseguenti rischi. Sarebbe molto meglio semplificarne l’accesso, in modo che la donna non si senta colpevolizzata e venga inserita in un percorso che andrebbe sicuramente a diminuire il ricorso all’aborto».

Una manifestazione (2019) della delegazione ascolana di Pro Vita davanti al “Mazzoni”

Si colloca in una posizione del tutto opposta l’associazione Pro Vita e Famiglia onlus, cui l’assessore regionale alla sanità Filippo Saltamartini ha aperto una porta, chiedendone il coinvolgimento nel dibattito politico.

«Il no alla pillola abortiva nei consultori delle Marche, come invece era stato richiesto dalla iniqua direttiva del Ministero di Roberto Speranza, non è solo la vittoria del Consiglio regionale, ma è anche il frutto del nostro impegno civile a favore della vita attraverso la nostra ultima campagna contro la Ru486 e #dallapartedelledonne. 

Abbiamo creato un solco e trasmesso cultura per fare chiarezza e dare coraggio a tutte le persone di buona volontà e di retta coscienza. Complimenti alla maggioranza che ha lottato per questo ottimo risultato», ha dichiarato Toni Brandi, presidente di Pro Vita e Famiglia onlus, dopo la bocciatura della mozione in Regione portata avanti dal Pd e da Manuela Bora in tema di applicazione delle linee guida del Ministero della Salute sulla pillola abortiva.

«L’interruzione di gravidanza è regolata dalla legge 194, che poggia sul sostegno alla maternità e sulla tutela della salute della donna.

Entrambe secondo le direttive del Ministro Speranza, sarebbero state ignorate e non protette.

Il contributo delle associazioni Pro vita è stato determinante e lo sarà sempre di più, per far vedere al mondo che dietro una scelta tanto dolorosa e atroce, c’è un bambino. Permettere di abortirlo a casa, lasciando le donne sole di fronte allo strazio fisico e psicologico di vedere quel corpicino eliminato, è un orrore giuridico, etico e sanitario» ha continuato Jacopo Coghe, vice presidente della onlus.

La pillola abortiva ha concluso la nota di Pro Vita & Famiglia – e i dogmi dell’aborto devono entrare nel dibattito sociale politico pubblico in un Paese che si considera civile e democratico».

 


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