di Andrea Ferretti
Qualche giorno fa ci siamo posti, e abbiamo posto ai lettori di Cronache Picene, la domanda “Ma chi ha fatto il mercato dell’Ascoli?”. La risposta è arrivata da sola, almeno per ora. Il successo, a Lecce, di una squadra che da qualche settimana può essere definita tale grazie alle scelte di un allenatore e di un direttore sportivo che ci mettono l’anima e che, numeri alla mano – due punti a partita, media playoff – sono decisamente più capaci di chi li ha preceduti.
Ma non si può fare di tutta l’erba un fascio, perché le responsabilità sono anche di chi ha fatto il mercato (recenti sentenze e relative sanzioni della Procura Federale comprese) la scorsa estate presentando, in una piazza come quella di Ascoli e dell’Ascoli Calcio, giocatori ai quali andava e va stretta anche la Serie C.
Alcuni sono andati via, altri stanno per farlo, altri ancora sono rimasti. Questi ultimi sono i migliori, e magari faranno ancora meglio allenandosi tutti i giorni insieme ad affidabili elementi di categoria, giunti per aiutare il Picchio a restare in B.
Il patron Puclinelli deve (siamo certi l’abbia fatto) capire solamente a chi si è affidato nella compravendita (più compra che vendita) estiva. Nelle mani di chi aveva messo l’Ascoli? Chi lo ha convinto poi a chiamare Delio Rossi che se ne stava tranquillo nella sua residenza romana per sostituire Bertotto che continuerà a vedere la B in tv? Il patron ha pubblicamente ammesso di aver sbagliato. Non è sceso nei dettagli, ma lui sa bene di chi si è fidato ad esempio nel portare ad Ascoli giocatori sconosciuti a lui, all’allenatore, all’intera piazza.
L’Ascoli Calcio è una cosa seria e anche avrà sicuramente ben vivo il ricordo del suo album della Panini dove attaccava le figurine di mezzi busti bianconeri che in A battagliava contro squadroni come Juve, Milan, Inter, Roma e Napoli nelle cui file giocavano alcuni tra i calciatori più forti del mondo di tutti i tempi.
La lezione pare sia servita. Ma c’è voluta una trentina di movimenti di mercato a gennaio e tre allenatori in cinque mesi. Per fortuna è valso il “non c’è due senza tre” visto che Sottil, proprio come Dionigi meno di un anno fa, è l’allenatore che serve all’Ascoli. Uno che grida, che sbraita, che morde i suoi giocatori. I quali lo ripagano mordendo l’avversario. Sottil sta facendo quello che fece Dionigi quando subentrò a scommessa-Abascal che a sua volta aveva sostituito meteora-Stellone il quale aveva preso il posto di Zanetti.
Sbaglia che ti risbaglia, alle fine Pulcinelli ci ha azzeccato. Prima con Sottil, e poi con il diesse Polito, uno che ha le idee chiare e non le manda a dire. Uno che quando le cose non andranno come vuole lui, sicuramente se ne andrà. Capacissimo.
Nessuno lo dirà mai, ma sarebbe giusto spiegare ai tifosi perché erano stati messi da parte giocatori come Quaranta e Eramo che ora si stanno rivelando indispensabili. Quaranta probabilmente perché non aveva accettato di scendere in C per il terzo anno di fila dopo Olbia e Catanzaro. I fatti stanno dando ragione a questo ragazzo che ha firmato il rinnovo e che, se continua così, la prossima potrebbe diventare l’uomo-mercato dell’Ascoli: come passare da zero a un milione di euro. Eramo fu decisivo nella salvezza di Dionigi, e allora perchè qualcuno non ha detto a Bertotto e poi a Rossi che questo era (ed è) un buon giocatore?
Che scelte scellerate sono state fatte? Ad Ascoli serve gente che lotta: in campo, in panchina, in tribuna, in sede. E proprio dalle parti di Corso Vittorio nell’ultimo decennio si sono avvicendati tante, troppe persone che di calcio ne sanno decisamente meno del barista che serve i caffè davanti la sede del Picchio.
Il patron ha tutto il diritto di sbagliare, ma anche dimostrato di avere la capacità e il dovere di rimediare. Da solo. Avanti così.
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