di Francesca Marsili
La campagna vaccinale contro il Covid-19 è in questi giorni che sta entrando nel vivo. Nelle Marche sono 24.682 i soggetti inclusi nella fase 1 che hanno ricevuto la seconda dose di vaccino.
Gli ultimi dati contano 54.675 dosi somministrate sulle 57.610 consegnate: il 94.9%. Medici, infermieri, operatori sanitari e ospiti delle Rsa, da cui è partita la campagna, rappresentano infatti una fascia molto particolare della popolazione.
Persone tendenzialmente più ricettive nei confronti delle iniziative di salute pubblica, registrate dalle strutture sanitarie e quindi più facilmente raggiungibili e contattabili, e a cui il vaccino è stato proposto con un livello minimo di complicazione organizzativa e logistica.
Ma è nei prossimi mesi che ci attende la parte più complessa di questa battaglia epocale.
Con Daniel Fiacchini, medico igienista, coordinatore del gruppo tecnico vaccini delle Marche dal 2012 al 2020 e coordinatore del gruppo di lavoro comunicazione per la sanità pubblica della società italiana di igiene medicina preventiva e sanità pubblica proviamo a comprendere meglio quella che è stata definita la più grande vaccinazione di massa della storia.
Qual è l’atteggiamento dei cittadini marchigiani nei confronti delle vaccinazioni, sia obbligatorie che raccomandate e qual è la loro tendenza nel corso degli anni?
«Dal 2011 abbiamo registrato un progressivo calo delle coperture vaccinali dell’età pediatrica, il fenomeno, noto come esitazione vaccinale, si è rivelato molto preoccupante perché siamo scesi a valori di copertura molto rischiosi. Negli scorsi anni abbiamo registrato il rafforzamento di un movimento di opposizione alle vaccinazioni che è localizzato in due realtà marchigiane: Pesaro e Macerata. Sono gruppi di genitori che l’Oms definirebbe “vocal vaccine deniers”, ovvero persone che manifestano apertamente e “rumorosamente” il proprio dissenso nei confronti della pratica vaccinale; nel complesso rappresentano lo 0,5% dei genitori ma danno voce al 5% di quelli che manifestano convincimenti di contrarietà alle vaccinazioni. Lo sviluppo della comunicazione attraverso i social network ha dato molto spazio e capacità di penetranza verso i genitori più dubbiosi ma negli ultimi anni lo scenario comunicativo è completamente mutato: opinion leader e influencer hanno dato rilevanza all’importanza della pratica vaccinale, i “guru” dei movimenti antivaccinisti sono stati giustamente radiati (non si può promuovere disinformazione per tornaconto personale), la legge sull’obbligo del 2017 ha acceso il dibattito pubblico, ma il “sentiment” generale nei confronti dei vaccini si è dimostrato essere molto favorevole. Al 31 dicembre del 2019 abbiamo sfiorato il 95% di copertura vaccinale con esavalente e abbiamo raggiunto e superato il 92% per morbillo, parotite, rosolia, con dati territoriali eterogenei e realtà territoriali che registrano il superamento della fatidica soglia del 95%. Ora il Covid ha rallentato le cose e temo che quest’anno registreremo un’inversione di tendenza, non tanto per esitazione genitoriale quanto per il grande carico di lavoro a cui i dipartimenti di prevenzione sono stati sottoposti: i servizi igiene e sanità pubblica dei nostri dipartimenti di prevenzione che organizzano ed erogano le vaccinazioni sono gli stessi servizi che rispondono all’emergenza pandemica con le indagini epidemiologiche, il contact tracing, la sorveglianza sanitaria».
Ma entriamo nel vivo della questione vaccinazione Covid-19. Secondo un’indagine condotta a gennaio dall’istituto Demopolis sulla propensione degli italiani alla vaccinazione contro il Covid -19, il 54% degli intervistati ha risposto di “sì, non appena sarà possibile, il 30%, più attendista, ha risposto “sì ma non subito”, il 16% di convinti no vax ha risposto che non lo farà. Nelle Marche, la popolazione è allineata a queste percentuali?
«Sono percentuali che non mi sorprendono e le Marche non fanno eccezione rispetto al resto d’Italia. Questi dati raccontano di una rilevante prevalenza di persone favorevoli al vaccino, raccontano di un’esitazione vaccinale, del tutto naturale, che però tende a modificarsi notevolmente nel tempo. I dati sono del mese scorso e sono fermamente convinto che se lo stesso sondaggio fosse riproposto oggi avremmo dei dati più favorevoli, perché da un mese a questa parte decine di migliaia di operatori sanitari si sono vaccinati, hanno mostrato con orgoglio di aver eseguito il vaccino, sono stati testimonial d’eccezione. Sappiamo che due fra i più rilevanti determinanti di esitazione vaccinale sono il non ricevere una piena raccomandazione ad effettuare il vaccino dal proprio medico curante ed essere sottoposti a opinioni discordanti da parte di operatori sanitari… e allora cosa c’è di più impattante dell’esempio di operatori sanitari che si vaccinano?».
Dalla notizia della scoperta del vaccino, l’intenzione o meno di sottoporsi al vaccino da parte della popolazione marchigiana è stata influenzata da fattori esterni sia positivi che negativi?
«I determinanti dell’esitazione vaccinale sono almeno trenta, alcuni fra questi hanno più peso di altri. Rispetto al vaccino pandemico molta rilevanza avranno le raccomandazioni che giungeranno dagli operatori sanitari; ma il principale, tra i determinanti noti, sarà individuale: la percezione del rapporto rischio beneficio; ciascuno ha il suo sistema di valori e le sue convinzioni personali ma la percezione dei rischi e dei benefici di sottoporsi al vaccino è, al momento, complessivamente a favore del vaccino, soprattutto negli anziani che hanno subito le peggiori conseguenze di questa pandemia in termini di salute persa. Ora poi c’è scarsità di vaccino e in questo momento subentra un fenomeno psicologico molto noto: quando qualcosa scarseggia cominciamo a bramarla».
Per raggiungere l’immunità di gruppo, meglio conosciuta come immunità di gregge – obiettivo della campagna vaccinale oltre alla protezione individuale- sarà necessario che almeno il 70 % della popolazione si vaccini. Secondo lei che è un esperto comunicatore oltre che coautore del libro “#comunicare i #vaccini per la #salute pubblica” dove spiega e combatte scetticismo, esitazione, disinformazione e fake news proprio in relazione ai vaccini, qual è la strategia per convincere i dubbiosi?
«Tanta coerenza nella comunicazione da parte degli operatori sanitari. I dubbi sono leciti e non dimentichiamo che stiamo parlando di un vaccino nuovo, approvato in tempi record, con un meccanismo d’azione innovativo. Come esperto di vaccini sono entusiasta per tutto questo, ma capisco che i non addetti ai lavori possano nutrire delle preoccupazioni. E allora è fondamentale che gli operatori sanitari si informino, parlino con una sola voce, la voce della scienza e siano moltiplicatori di corretta informazione».
Tra difficoltà nella produzione delle dosi e ritardi nelle consegne da parte delle big pharma l’immunità di gregge in Italia è prevista non prima del 2022. Nelle Marche quando pensa si potrà raggiungere?
«I dati parlano chiaramente: le Marche hanno dimostrato di essere una regione molto reattiva e non appena abbiamo avuto dosi disponibili le abbiamo somministrate. In questi giorni stiamo procedendo con le vaccinazioni degli operatori sanitari e degli anziani nelle strutture residenziali, poi procederemo affrontando la prima sfida sostanziale: vaccinare 125.000 anziani sopra gli 80 anni. Quando sarà disponibile il vaccino faremo di tutto per somministrarlo il prima possibile, dunque le Marche andranno di pari passo al resto dell’Italia, disponibilità vaccinale permettendo».
Qualora l’immunità di gregge nella nostra regione non si dovesse raggiungere, quali sarebbero i rischi per la popolazione marchigiana? E quanto e in che modo questa è legata e subordinata alle altre regioni?
«I virus non possono essere sottoposti a limitazioni geografiche. Se vogliamo ridurre la circolazione virale dobbiamo necessariamente muoverci come Paese verso coperture vaccinali soddisfacenti. Non sono un virologo e quindi ad altri dovreste porre questa domanda, quello che so è che al momento nessuno può dire con certezza cosa accadrà tra un anno, se il virus è destinato a scomparire o a trovare un equilibrio con l’uomo tanto da continuare a circolare periodicamente, secondo la classica stagionalità dei coronavirus minori, quelli che generalmente sono responsabili dei nostri raffreddori invernali. Nell’uno e nell’altro caso saremo comunque fuori dall’emergenza pandemica e certamente ottenere elevate coperture vaccinali il prima possibile non potrà che agevolare la risoluzione dell’emergenza sanitaria».
Cosa serve per monitorare l’efficacia del piano vaccinale?
«Occorre una sola cosa: monitorare la copertura vaccinale, niente di più, niente di meno, perché sappiamo che dopo due dosi di vaccino l’efficacia vaccinale è variabile tra il 90 e il 95%, una valutazione che tenga conto dell’efficacia vaccinale e della copertura vaccinale consentirà di comprendere quanto la popolazione sia effettivamente protetta».
Sembra che il vaccino, sebbene con percentuali diverse tra quello prodotto dalla Pzifer, Moderna e Astrazeneca, protegga dalla malattia ma non dall’infezione. E’ in previsione un monitoraggio dei vaccinati per comprendere quanti di essi contrarranno il virus SarsCoV2?
«Certo, da ora in poi, in tutta Italia, i dipartimenti di prevenzione che effettuano le indagini epidemiologiche sui nuovi casi di malattia chiederanno ai malati se sono stati vaccinati o meno, con una o con due dosi. In questo modo avremo dati rilevanti su cui fare le valutazioni del caso».
Il governo ha previsto per la vaccinazione di massa le famose primule disegnate da Boeri, per ora sappiamo almeno una per regione ma nulla di più. Secondo lei erano necessarie? Sembra che i medici di base si siano resi disponibile per effettuare le vaccinazioni nei propri ambulatori ai loro assistiti, qualcuno parla di palazzetti dello sport. Si sono già identificate nelle Marche strutture idonee?
«Siamo in fase di pianificazione: le indicazioni strategiche ministeriali sono state recepite dalla Regione Marche con una recente Dgr. Ora l’Asur darà operatività locale. Sono in corso accordi nazionali con i medici di medicina generale, ma nelle Marche abbiamo già sperimentato con successo l’utilizzo dei palazzetti per vaccinare un migliaio di persone in un giorno, è successo tra agosto e dicembre a Fabriano, Jesi, Senigallia, Ascoli. Inoltre abbiamo la recente esperienza dello screening di massa per il covid-19, quindi su tutto il territorio sono state identificate strutture che possono essere idonee alla somministrazione di grandi quantità di dosi in poco tempo… sempre che le dosi arrivino».
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