di Andrea Braconi
Si sono ritrovati in tanti nel pomeriggio di mercoledì a Ortezzano, per discutere delle azioni di contrasto alla realizzazione di un biodigestore a Force. Diciotto Comuni (Altidona, Lapedona, Moresco, Monterubbiano, Petritoli, Monte Vidon Combatte, Ortezzano, Monterinaldo, Montelparo, Santa Vittoria in Matenano, Montefalcone Appennino, Comunanza, Montedinove, Rotella, Montalto delle Marche, Carassai, Montefiore dell’Aso e Campofilone) oltre a presidente e membri del direttivo dell’Associazione di Tutela e Valorizzazione della Valdaso, hanno raccolto l’invito della sindaca Giusy Scendoni e hanno approfondito una questione che nelle ultime settimane è deflagrata sia a livello di opinione pubblica che istituzionale.
«È stato un incontro molto positivo – commenta Scendoni – e il territorio ancora una volta si è dimostrato unito e compatto. I sindaci c’erano praticamente tutti, tranne Pedaso e Smerillo che per altri impegni non hanno potuto partecipare ma che si sono detti d’accordo e favorevoli ad ogni azione».
Facciamo il punto, almeno sul fronte amministrativo.
«La Provincia di Ascoli Piceno, responsabile del procedimento, è l’unica titolata ad annullarlo. Finora è stata la grande assente, non ha mai risposto alle lettere dei sindaci, compresa la mia, quella di Montalto e di Montelparo; inoltre, all’incontro di Fermo era stata invitata ma non ha partecipato».
Cosa è emerso durante la vostra riunione?
«Da una prima analisi sono emersi sia dubbi sul procedimento, perché la Provincia doveva coinvolgere i Comuni limitrofi dove ci sono la maggior parte delle ricadute delle emissioni dell’impianto, oltre che criticità da un punto di vista tecnico».
E cosa dovrebbe fare ora la Provincia di Ascoli?
«Potrebbe anche dire di aver sbagliato il procedimento e annullarlo, oppure potrebbe decidere di concluderlo. Noi sindaci in questa fase abbiamo deciso di farci assistere da un legale e concentrarci sul procedimento, con un primo step che sarà una diffida per chiedere l’annullamento del procedimento da parte della Provincia di Ascoli. Se questo non dovesse avvenire poi ci saranno le azioni successive, ricorso al Tar e via dicendo».
Ci sono anche carenze dal punto di vista tecnico.
«Ci riserviamo di approfondirle nelle sedi opportune qualora sarà necessario. L’augurio è che dove c’è un territorio compatto – sindaci, associazioni e cittadini che dicono no – uno prenda consapevolezza che si tratta di un progetto sbagliato nel luogo sbagliato e quindi decida di non riaprirlo».
L’invito, quindi, è che Ascoli annulli tutto.
«Sì, e se poi lo vuole riaprire deve ricominciare da capo. E comunque in caso di riapertura la nostra posizione non cambierebbe».
In un simile scenario, quali sono i cardini di questa rinnovata compattezza della Valdaso, niente affatto scontata?
«Perché al di là del volume di traffico, che interessa tutti, la ricaduta è su tutta la vallata, e soprattutto perché è un progetto industriale che va in contrasto con il percorso che ha preso la valle dell’Aso, che invece sta potenziando il turismo e un agricoltura biologica e sempre più sostenibile. Ci stanno investendo i Comuni, ci stanno investendo i privati e così, oltre alle problematiche ambientali, con questo impianto si mette a rischio l’economia del territorio. Bisogna tutelare le aziende agricole e agroalimentare che operano nel territorio, che stanno investendo e che stanno portando avanti un discorso di qualità dei prodotti, dell’aria e della vita delle nostre comunità. Per questo credo che i sindaci siano compatti nel dire no».
Prossimi passaggi?
«Ci sarà un Comune capofila, che sarà Montelparo dove ci sono le maggiori ricadute in termini di emissioni. Firmeremo una convenzione tra tutti i Comuni, individueremo un legale e gli conferiremo un incarico. L’idea è di far partire tutto la prossima settimana, perché occorre fare in fretta».
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