di Gianluca Ginella
La teoria dell’uomo mascherato per i carabinieri era crollata subito, già a poche ore dal ritrovamento del cadavere di Rosina Carsetti. Perché la notte del 24 dicembre, il nipote dell’anziana, che ora la procura ritiene sia l’autore dell’omicidio, aveva raccontato che non c’era stata una rapina.
La madre, Arianna Orazi, lo convinse a ritrattare (e ora è indagata anche per induzione a non rendere dichiarazioni). La confessione emerge nelle 50 pagine dell’ordinanza con cui il gip ha disposto la misura cautelare in carcere per Arianna Orazi ed Enea Simonetti, indagati per omicidio insieme a Enrico Orazi, il marito di Rosina (per lui non sono state disposte misure cautelari). L’omicidio sarebbe stato ordito da Arianna, ed eseguito da Enea, si legge nell’ordinanza (le indagini sono state condotte dai carabinieri del Reparto operativo di Macerata e coordinate dal procuratore Giovanni Giorgio e dal sostituto Vincenzo Carusi).
Enea, scrive il gip, ha ucciso la nonna soffocandola: sia prendendola per il collo che comprimendole con il peso del corpo la gabbia toracica. Il delitto però è stato pianificato almeno dal 16 dicembre.
In questo caso alle indagini viene in aiuto un messaggio che Arianna aveva scritto su Instagram al figlio, in cui dice che ha iniziato a studiare il piano. Enea aveva reso una confessione, dove però parlava di un incidente e di non aver assistito a quello che successe.
«Quando sono entrato in casa – racconta Enea ai carabinieri su cosa sarebbe accaduto il 24 dicembre -, ho sistemato la spesa in cucina al pian terreno, quindi mi sono lavato le mani e sono salito al piano superiore.
In sala c’era mia madre seduta con un calzino in bocca e le mani legate dietro la schiena. Sono andato per liberarla ma ho potuto constatare che erano legate in modo posticcio ed era evidente che era stato fatto appositamente, diciamo per finta.
Nonna era sdraiata in terra in cucina. Non ho domandato nulla e mia madre non mi ha detto niente ma ho capito che era successo qualcosa tra loro».
Dopo era sceso – aveva detto in caserma – e aveva trovato il nonno nel bagno «era con le mani dietro la schiena con un filo di corrente posto a simulare il fatto che fosse stato legato. Il filo era talmente leggero che si sarebbe potuto liberare da solo.
Non ho detto la verità fino a questo momento perché sapevo dentro di me cosa fosse successo, ma si tratta pur sempre mia madre e mio nonno, uniche persone cui voglio bene».
Sui rapporti tra madre e nonna «sono sicuramente peggiorati nell’ultimo periodo, quando siamo andati a vivere da mamma ma anche con nonno. Nell’ultimo periodo la convivenza era diventata ancora più scontrosa e aggressiva, anche verbalmente».
Enea risponde poi alla domanda da quando fossero andati a vivere dai nonni: «dal febbraio 2020, per motivi economici.
Il nostro negozio dove lavoro con mamma e nonno (si tratta di un attività di vendita di ricambi per auto, in via Rosati, a Macerata, ndr) purtroppo fa incassi piuttosto esigui e in verità stiamo in difficoltà economiche». Enea dice che non era presente quando la nonna è morta. Tornando alla ricostruzione, quando è tornato ha detto: «mi sono lavato le mani e sono salito al piano superiore dove ho trovato mamma seduta su una sedia che piangeva. A terra vicino alla sedia dove c’era mamma c’era un filo della corrente (ha poi precisato che la madre non era legata, ndr).
Ho notato immediatamente il corpo di nonna a terra in cucina con il volto rivolto verso il soffitto e la testa verso la porta finestra. Ho capito subito cosa poteva essere successo e ho chiesto a mamma, ma lei non ha saputo darmi una risposta, anche se in realtà la risposta me l’ero già data da solo. Presumibilmente durante la mia assenza c’era stato un litigio sfociato in tragedia». Aveva poi detto di aver trovato il nonno in bagno «era agitato e piangeva».
Inoltre aveva detto, sulla rapina: «diciamo che per salvare il salvabile, nel momento in cui io e nonno siamo risaliti, mi hanno detto di raccontare di una finta rapina per depistare la verità. In quel contesto ci siamo accordati sulla storia del rapinatore, che poi in realtà era una menzogna».
Aveva anche detto di essere stato lui a mettere sotto sopra la casa. Dall’ordinanza emerge che era uscito alla 18,01 dalla casa, poi era andato al supermercato ed era tornato alle 19,41. Alle 19,47 Arianna aveva chiamato i carabinieri. Il delitto per il gip è avvenuto prima, tra le 16,49 e le 17,15. Ossia tra le chiamate fatte alle amiche da Rosina, 5 in pochi minuti, e i vicini che andarono a suonare per portare un regalo e nessuno rispose.
Arianna al figlio, venuta a sapere di questa conversazione, dice di ritrattare.
Questa conversazione è stata intercettata alla caserma dei carabinieri poco dopo la confessione di Enea.
«Ma perché non hai mantenuto quello che ho detto? Digli che… ritratta… digli che hai avuto paura… che incidente poi?» gli dice Arianna.
Poi ribadisce al figlio di dire che ha avuto paura. E più avanti nel dialogo dice: «chiamo l’avvocato perché ti ha estorto una cosa che non era vera».
È nel corso di questo dialogo che Arianna parla del fatto che Rosina è stata strozzata, in un momento in cui nessuno lo sapeva.
Arianna chiede di parlare con l’avvocato, parlando con un operatore di Pg, a cui dice «io non so che gli avete estorto a lui… firmare, eccetera, io voglio l’avvocato… non esiste…». L’operatore di pg dice di aspettare. Enea poi dice «Non c’ero io» e Arianna, «sì, tu neanche c’eri».
Per il giudice questa conversazione prova che Arianna era da subito consapevole che la madre era stata strangolata e inoltre che erano precedenti accordi tra i due per la versione da dare ai carabinieri. In un passaggio dice al figlio «Che simo dittu sempre: fino alla morte».
In un’altra conversazione dice al figlio: «Enea non dire mai cosa hai fatto», perché quando avessero scoperto che Rosina era stata strozzata, aggiunge Arianna, a quel punto, «a chi pensi danno la colpa Enè? Uno che pesa 70 chili (Enrico Orazi, ndr), io? Enea, non dire mai ch’hì fattu (che hai fatto, ndr), mai a un’anima».
La procura contesta diverse incongruenze nei racconti fatti dagli indagati.
In particolare tra quanto sostiene Arianna e le versioni di Enea ed Enrico. Arianna aveva detto di essere stata liberata da Enea e che poi erano scesi insieme a liberare Enrico, che era chiuso in bagno.
Invece sia Enrico che Enea avevano detto che era stato Enea da solo a scendere a liberare il nonno. Enea poi dice che la luce in bagno dove il nonno era stato chiuso dal fantomatico rapinatore era accesa (in un primo momento aveva detto essere spenta), Enrico diceva che era spenta.
Arianna aveva detto che il rapinatore le aveva messo un calzino in bocca e di essere riuscita a liberarsene sputandolo. Enea aveva detto di averla slegata e di averle lui tolto il calzino dalla bocca. E ancora Enea aveva riferito di essere salito al piano superiore e di aver visto la madre legata, di aver scosso la nonna, rendendosi subito conto che era morta.
Arianna aveva detto di aver preso coscienza che la madre era morta dopo l’arrivo dei medici. E ancora: Enea aveva detto che il nonno gli aveva riferito che il rapinatore era tutto vestito di nero, Enrico Orazi però aveva sostenuto invece di non sapere nulla, di non averlo visto.
Il gip definisce il rapinatore di cui parlano gli indagati, “uomo mascherato” e si domanda perché abbia preso uno dei due calzini di Arianna (l’altro l’aveva infilato in bocca alla donna) per poi scendere al pianoterra (dove stava Enrico Orazi). «Perché prendere il calzino? Come sapeva avrebbe trovato una sola persona? Come sapeva avrebbe trovato un altro aspirapolvere Folletto» si chiede il giudice.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati