di Maria Nerina Galiè
Mercatino, temperatura primaverile, zona arancione. Piene ma non affollate le piazze e le vie del centro storico di Ascoli. Ancora accatastati i tavoli dei pubblici esercizi.
Si dovrà attendere ancora una settimana per avere il via libera, con l’attesa zona gialla.
Due per godersi un weekend tra passeggio e aperitivo non più fino alle ore 18, raggiungendo anche i maggiori centri della provincia (Ascoli e San Benedetto) dai paesi limitrofi.
Stamattina, domenica 18 aprile, in Piazza del Popolo, Piazza Arringo e Piazza Roma sono stati pochi gli ascolani che non hanno approfittato per una passeggiata, in coppia o anche con i bimbi, per curiosare tra le bancarelle e rivedere amici, facendo capannello che però, all’aperto e con le mascherine ben indossate, non offre una corsia preferenziale al Coronavirus.
Nel pomeriggio sono entrati scena i ragazzi, come ieri, sabato, raggruppati per una chiacchierata “in presenza”, mentre ancora la scuola concede loro questo “lusso” a metà. Ancora per questa settimana.
Dal 26 aprile tutti sui banchi.
Sempre che un caso di Covid in classe non comporti una quarantena. Ma speriamo che non accada. Ormai le regole sono note a tutti.
La scuola ha dimostrato di non essere luogo di contagio.
La dad al 50% alle superiori si è resa necessaria prevalentemente per diluire gli studenti che necessitano di trasporto pubblico. Sui pullman si è dovuta dimezzare la capienza oltre che garantire rigidi protocolli di prevenzione (leggi qui).
Dal 26 aprile probabilmente saranno più pullman che automobili, per portare a scuola tutti gli studenti ma con la possibilità di utilizzare sempre la metà dei posti.
Adesso per soddisfare la richiesta, con la metà degli studenti in classe e l’altra metà a casa la Start in qualche caso ha fatto ricorso alle navette (leggi qui).
L’ambita riapertura è necessaria per categorie ormai sfinite e cittadini di tutte le età con un gran bisogno di libertà, senza doversi chiedere ogni mattina cosa si può o non si può fare.
L’unico dubbio è che sono scene già viste, lo scorso anno, in una tarda primavera e nell’estate in cui la pandemia, il lockdown e perfino i morti sembravano appartenere ad un incubo, non alla realtà.
Le autorità sanitarie ribadivano che il Covid free era precario. Che il rischio di una nuova ondata, più potente della prima, era dietro l’angolo.
Ma la voglia di tornare alla normalità, unita alla mancanza di coraggio a dire “no” a categorie che scalpitavano per non perdere la stagione, è stato recepito come un “tana libera tutti”.
Movida, spiagge, apericene, discoteche, viaggi. Per “consolare” imprenditori e cittadini.
Lo abbiamo pagato a caro prezzo in autunno, poi ancora con un Natale ed una Pasqua blindati.
Ora c’è più consapevolezza. Forse più paura. Ed un’arma che almeno protegge le persone più a rischio di seri effetti collaterali: il vaccino.
E mentre in famiglia si contano i giorni per poter tornare a stare insieme, genitori e figli, nonni e nipoti, amici – complici la zona gialla, il caldo che non è amico del virus, il fatto che la vita si può svolgere molto di più all’aperto – ecco che Figliulo (commissario per l’emergenza sanitaria) dice a Saltamartini (assessore regionale alla Sanità delle Marche) di frenare con le somministrazioni (leggi qui).
Rispetto delle regole, senso di responsabilità e fiducia nella scienza: ci possiamo impegnare di più se occorre.
Ma tirateli fuori questi vaccini. Non c’è un’altra strada verso la libertà.
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