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Manni Confezioni,
“Il paradiso delle signore”
tra le cento torri

ASCOLI - Storia di una delle sartorie più prestigiose della città e della sua fondatrice, Adele Maria Seghetti. Una donna moderna che ha precorso i tempi non solo nella moda. La figlia Ivana ne perpetua la tradizione con un valore aggiunto, il Caffè Letterario, crocevia culturale per molti artisti
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Adele Seghetti con il marito Mario Manni

di Walter Luzi

C’è stato, in passato, un “Paradiso delle signore” tutto ascolano. Un déjà-vu per Ivana Manni la seguitissima fiction televisiva. Lei aveva vissuto realmente, da dentro, da bambina, quelle sitcom nella sartoria che la mamma, Adele Maria Seghetti, aveva aperto, nel 1944, in Largo Crivelli.

Adele Seghetti e Mario Manni il giorno del matrimonio e con la piccola Ivana in un collage di foto di famiglia

La storia di Adele è di amore per il proprio lavoro, di passione per l’arte del cucito, di emancipazione femminile che ha avuto nella libertà e nell’indipendenza le stelle polari nella vita. Poco più che quindicenne è già fra le giovanissime apprendiste che vanno “a imparare” l’arte dalle sarte più anziane. Mette subito su, in casa, un piccolo laboratorio con due aiutanti. È brava Adele, ma sente di potere, dovere, fare di meglio. Ha talento, ma è insofferente. Vuole padroneggiare le varie lavorazioni in ogni fase. Ha sogni. Ma anche lucida e determinata progettualità. Voglia di fare. Bene. Subito. E, soprattutto, di testa sua. +

Sposa Mario Manni nel 1943. Lui, classe 1916, è nativo di Quintodecimo. E’ un ragioniere, un montanaro, non un cittadino, ma dalla mentalità straordinariamente aperta per i tempi. Forse è proprio per questo che lei se ne innamora. Dopo le nozze, durante la guerra, si trasferiscono ad Arezzo, dove lui frequenta la Scuola Allievi Ufficiali dell’Esercito. Una donna moderna e dinamica come Adele non avrebbe mai potuto, d’altronde, scegliersi come compagno di vita una zavorra. E poi, quel nome. Manni. Suona proprio bene come nome di una maison.

Marisa Seghetti, sorella di Adele, al lavoro nella sartoria Manni

La sartoria artigianale, quando i negozi ancora neppure esistevano in un Paese che stava uscendo a pezzi, in ogni senso, dalla seconda guerra mondiale apre, come detto, l’anno dopo. In Largo Crivelli, pieno centro storico di Ascoli Piceno, la giovanissima Adele fa, come si usava quasi sempre un tempo, casa e bottega. I locali sono del papà Fausto, che abita, con la mamma Maria Spadoni, e le tre sorelle, Marisa, Giuliana, e Clara, prematuramente scomparsa, al piano di sopra. Quattro gran belle ragazze le figlie di Fausto. E’ una tipa tosta Adele Maria Seghetti. Classe 1920, semplicemente Adele per tutti, è grande innamorata del suo lavoro. E’ essenzialmente una confezionista su misura, per donna e bambino, anche se l’attività tratta, inizialmente, anche la maglieria, in mano alla giovanissima zia Marisa.

Disegni di Adele Seghetti

Il marito, molto più permissivo del papà, le permette di spiccare il volo. Adele parte per Torino, per diplomarsi maestra, con un eloquente voto finale 10/10, al Corso di Taglio e di Istruzione Tecnica Professionale Femminile “Mazza”. E’ il 1948. Nella “piccola Parigi” la moda italiana, sfruttando la vicinanza con la Francia, sta muovendo i suoi primi passi, prima di spostarsi, nei decenni successivi, sull’asse Roma – Milano. Proprio nella capitale frequenterà, successivamente, anche un corso di figurinista. Perchè nei suoi atelier le clienti possono trovare anche preziosi, indispensabili accessori, come cappelli, scarpe, foulard, guanti e sciarpe , per un total look veramente elegante. Nel 1954 la sede della sartoria Manni si sposta in via Trieste, nello stesso stabile che ospita il Cinema Olimpia.

Altre immagini degli anni ’50

«Ho vissuto più lì dentro che a casa mia – ricorda Ivana -. Era negozio ed esposizione, ma, soprattutto, sartoria, che si sviluppava su tutto l’intero primo piano, lungo tre ampi locali comunicanti. L’esposizione, la sala prove e, in fondo, la sartoria vera e propria».

Ambienti animati dalle lavoranti, con i loro camici austeri sempre coperti di fili multicolori e spillini appuntati. I rumori delle macchine cucitrici, i busti sartoriali con gli abiti imbastiti appesi, pronti per la prima prova, il profumo dei tessuti riposti sugli scaffali. Gli ampi tavoli per il taglio delle stoffe, le carte modello di Burda a guidare il percorso delle grandi forbici dentellate.

Lavoranti della sartoria nel 1950-51

È qui dentro che nascono il successo e la fama della sartoria Manni. Vi arriveranno a lavorarci fino a trenta ragazze, fra le quali la sorella Giuliana. Un “Paradiso delle signore” tutto ascolano. In un centro cittadino vivo e vitale.

«Quando ho guardato la fiction in televisione – dice Ivana – ho rivissuto quegli anni. Io li ho vissuti da dentro. Ero molto piccola e un po’ discola. Davo più fastidio che altro alle lavoranti, e mia madre mi cacciava spesso dalla sartoria. Era una donna molte dolce, oltre che molto bella. Ma rigida. Come ogni buona mamma dovrebbe essere».

Energica, ma dal carattere stupendo. Bella, come si userà dire poi, dentro e fuori. Se la ricordano con affetto in tante ancora oggi, la signora Adele. Clienti ed ex dipendenti. Ha gusti raffinati e sa anticipare le tendenze. Ogni cliente, anche la più esigente, trova soddisfazione nella sua sartoria. Confeziona abiti nuziali, e da cerimonia. E’ perfezionista e polivalente. Realizza anche alcuni dei costumi storici per le prime edizioni moderne della Quintana, e costumi tradizionali delle regioni italiane. Il presidente Saragat la nomina, meritatamente, Cavaliere del Lavoro nell’estate del 1967. Una onorificenza che non la scompone più di tanto.

Abito di scena di Marilù Tolo cucito dalla sartoria Manni

Il rapporto privilegiato con la maison umbra Luisa Spagnoli intanto, è già iniziato. La nobildonna ascolana Maria Teresa Cenciarini è una amicizia comune, e già da tempo Manni è loro fornitore di pregiata lana d’angora. I conigli si allevano all’Istituto Agrario, ed è stato Mario in persona a trasportare, in bicicletta, fino a Roma, i preziosi carichi. Negli anni poi la fama di Adele Seghetti era giunta, attraverso i rappresentanti, fino a Perugia. La Spagnoli la vuole alla casa madre, a capo del reparto taglio. Un incarico prestigioso, oltre che molto ben remunerato. Il riconoscimento più alto alla sua bravura. Lei dice di no, con sconcerto del marito. Adele non vuole avere padroni, preferisce conservare la sua indipendenza, non porre limiti alla sua vena creativa. Non vuole farsi ingabbiare, non intende rendere conto ad una proprietà, sia pure la migliore che potesse desiderare.

E’ fatta così Adele. Libera. E come ogni buon artigiano “vero”, non “impiegabile”. Quando arriveranno le prime produzioni industriali di abbigliamento a rendere dura la vita ai piccoli laboratori artigianali, Mario suggerisce di cambiare indirizzo, anche alla moglie. Le dimensioni dei costi lo imporrebbero. Ma Adele di produzioni di serie non vuole nemmeno sentire parlare. Già solo l’idea di dover realizzare due vestiti uguali la fa star male.

Nel 1964 la ditta si trasferisce in periferia, a Piazza Immacolata, dove si affaccia su viale Benedetto Croce sotto il porticato di una nuova costruzione. I locali li ha acquistati, quasi di nascosto, Mario, che non sarà creativo come Adele, ma i conti, da buon ragioniere, li sa fare meglio. Si occupa dei numeri, stipendi, pagamenti, bilanci, rapporti con le ditte fornitrici. E’ un amministrativo prezioso, una spalla importante al servizio del talento creativo della moglie. Adele, artigiana prima che commerciante, privilegia ancora la produzione rispetto alla vendita. Al pianterreno c’è solo una vetrina. Al comunicante primo piano la grande sartoria su quasi duecento metri quadrati con una trentina di lavoranti. Come in via Trieste. Con lo stesso successo di via Trieste. Mario e Adele, imprenditori nati, amano il bello e continuano a privilegiare la qualità.

Alcuni interni della sartoria e alcuni abiti realizzati

Ivana è l’unica figlia dei Manni. «Da ragazzina non avrei mai pensato che questa attività di famiglia sarebbe stata un giorno la mia e loro due, d’altronde, di questo non se ne facevano certo un problema -racconta-. Perchè anche a tavola, o la domenica, o in vacanza, si parlava sempre e solo di lavoro. Non esistevano altri argomenti, e questo io un po’ lo soffrivo, avendo anche altri interessi. Mi sono laureata a Roma in Architettura, e ho lavorato nel mondo della televisione e del cinema come scenografa. Dopo la laurea, insieme ad una mia compagna di scuola, appassionata anch’essa di moda, abbiamo aperto, più per gioco che per convinzione, un negozio di abbigliamento femminile. Nei locali della vecchia sede di via Trieste, che avevamo, comunque, mantenuto in affitto. Come quei grandi amori di una vita, ai quali non si riesce mai a rinunciare del tutto».

Insieme a Gianna Ulpiani, Ivana Manni apre il “Capricorno”. E’ il 1975. Sono anni di grande crescita, in ogni senso, e fermento. Anni brillanti. Forse anche più che del molto più celebrato 1968. La moda si rinnova di pari passo con l’evoluzione del pensiero sociale e politico. La donna scopre la libertà. Anche nel vestire. Una stilista inglese, Mary Quant, ha inventato la minigonna, e i pantaloni si affacciano prepotentemente nei guardaroba delle più giovani.

Costumi tipici regionali realizzati dalla sartoria Manni

«Eravamo forse l’unico negozio di abbigliamento ascolano a proporre delle griffe francesi, inglesi, o italiane prestigiose come Luisa Spagnoli e moda di tendenza -ricorda Ivana- Era un negozio, come dire, rock. Vivace. Controcorrente. Innovativo, come minimo, con questa gestione tutta al femminile. Due ragazze che richiamavano tante altre ragazze. Al piano superiore avevamo attrezzato anche un piccolo bar. Non che fossi una grande frequentatrice dei bar, anzi amo molto la vita all’aria aperta, lo sport».

Con Ivana Manni il negozio si fa salotto, luogo di incontro e socializzazione, agorà. Una caratteristica pressochè unica, il Caffè interno, parte integrante del negozio, che lei confermerà anche nella nuova sede di Piazza Immacolata. Anche sotto quel portico Ivana organizza eventi culturali. Con l’attore Vincenzo Moretti, il gattofilo Paolo Gambacurta, e la Compagnia dei Folli fra gli altri. Single per vocazione, personaggio libero e indipendente, ma con un forte senso del dovere innato.

Ivana Manni

«Questo lavoro forse mi piace davvero -confessa- anche se me lo chiedo ancora oggi. Quando, nel 1985, a soli sessant’anni, è morta la mamma, mi sono ritrovata, oltre al “Capricorno” e al negozio di viale Benedetto Croce, anche il punto vendita di San Benedetto, nella centralissima via Gramsci, di cui si era a lungo occupata la zia Marisa. Ho dovuto mollare qualcosa».

Ivana dalla doppia, o anche tripla, vita. Commerciante e scenografa. Architetto e poetessa. Un vulcano sempre attivo. Bella e talentuosa come la mamma. Realizza abiti di scena per Marilù Prati in “Mae West”, ma i tempi sono cambiati. Concentra tutto in via Benedetto Croce, ridimensiona la sartoria. Mantiene il Caffè Letterario. Crocevia culturale ormai tradizionale, che ospita sovente mostre di pittura e presentazioni di libri. Tavoli di marmo e ferro battuto. Le pareti completamente coperte di quadri, ritratti, foto d’epoca e stampe d’autore. Mura che grondano storia, esperienze e conoscenze. Cornici che incastonano, soprattutto, emozioni.

Ivana dietro il bancone del Caffè Letterario

Da qui sono passati poeti, scrittori ed artisti. Vi hanno esposto Deanna Fròsini, Marco Fulvi, Giuseppe Solimando, Monica Salinelli, Luciana Nespeca e Marcello Lucadei fra gli altri. Su quelle sedie di noce antico e pregiato tessuto, si sono seduti poeti come Gianni D’Elia, Umberto Piersanti, Parizia Cavalli e Daniela Attanasio. Registi come Manuel Giliberti. Scrittori come Italo Moscati. Il maestro Ada Gentile ha voluto musicare le poesie di Ivana, che ha collaborato anche con il figlio di Salvatore Quasimodo, Alessandro. Anche l’attrice Piera Degli Esposti, in diverse occasioni, ha declamato i suoi versi.

«La sartoria non esiste più, oggi vendo solo confezionato -chiosa lei – . Non ho mai amato l’alta moda. Tratto sportivo, giorno e cerimonia. Fino a quando si sono potute celebrare. Arte e moda sono molto vicini. Pasolini diceva che in una persona era importante il modo di camminare, di stringere la mano e di vestirsi. Il vestire è l’esternazione di noi stessi, e il negozio esprime anche la personalità di chi lo gestisce. La moda è vicina all’architettura. Entrambe sono in funzione della persona e del suo vivere. Entrambe corrispondono strettamente al concetto di misura, una regola inderogabile in funzione dell’armonia».

Griffe pregiate e jeanseria top class oggi nei vecchi armadi di Manni. Ivana sorride ancora dietro il bancone in noce del Caffè Letterario interno, al primo piano. Circondata dalla storia della sua famiglia, e immersa nel suo impegno culturale di una vita. In una cartella sbiadita dal tempo custodisce i fogli più cari. Sono disegni a pastello che i decenni trascorsi hanno impreziosito. Li ha fatti la sua mamma, Adele Maria Seghetti, fondatrice ed anima di Manni Confezioni, alla scuola romana di Figurinista, settant’anni fa. Nudi armoniosi di corpi femminili e volti di impressionante modernità. Bozze di vestiti, schizzi di cappelli e calzature che hanno precorso i tempi. Moda Manni. Alla moda. Per sempre.

Bellissimi disegni…

L’attestato di Adele

Il logo

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