«Salviamo il complesso di San Domenico, memoria storica di Ascoli e ricco di opere d’arte, dove il Comune di Ascoli intende realizzare 37 alloggi per studenti universitari e persone anziane.
Che ci sia almeno una parziale fruibilità pubblica del chiostro con gli affreschi di Sebastiano Ghezzi».
Dal presidente della sezione di Ascoli di “Italia Nostra”, Gaetano Rinaldi, parte un altro appello a difesa del patrimonio culturale della città.
«Spiace – afferma il professor Rinaldi in una articolata lettera inviata al sindaco Marco Fioravanti, all’assessore regionale Giorgia Latini, alla soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio Marta Mazza, al direttore della Scuola di Ateneo Architettura e Design Giuseppe Losco e ad altre autorità – dover constatare che per la rivitalizzazione del centro storico di Ascoli, che da tempo giace in una condizione drammatica di deprivazione demografica e di ruolo, non si vada oltre la proposta di utilizzazione residenziale degli edifici più pregiati.
Si deve rimpiangere la destinazione di tipo residenziale del prestigioso Palazzo Sgariglia di corso Mazzini, meritevole di ben altra utilizzazione, o del complesso di enorme valore delle Suore del Bambino Gesù di Corso di Sotto a cui si sta ora per aggiungere, tanto per completare l’opera, il complesso di San Domenico».
«Per carità – è il ragionamento del presidente di Italia Nostra – non si disconosce l’esigenza di realizzare residenze per gli anziani e per gli studenti universitari, ma ci dobbiamo chiedere: quali benefici e quali diverse opportunità di sviluppo e rivitalizzazione della città produrrà la costruzione di alcune limitate residenze?
Forse la destinazione di tipo residenziale del Palazzo Sgariglia ha modificato in meglio la condizione di crisi in cui versa il centro storico?
Il Palazzo, con tutti i saloni del piano nobile ricchi di splendidi affreschi, non poteva essere utilizzato, come dalla sezione di Italia Nostra ripetutamente proposto, quale sede per l’allestimento di importanti mostre di cui la città è drammaticamente priva? Oppure non si poteva destinare almeno parte del complesso a sede di rappresentanza della Scuola di Ateno Architettura e Design?
Non si è voluto pensare in grande e così si è privatizzato il palazzo che i marchesi Sgariglia avevano donato alla comunità perché restasse un bene comune».
«Ora la situazione si ripresenta – afferma il Gaetano Rinaldi – per il complesso del convento di San Domenico e della chiesa della cui struttura originaria è rimasto ben poco dopo l’infausta destinazione a palestra dell’istituto scolastico. In pratica per questo complesso, la cui storia si perde nella notte dei tempi, si concluderà un percorso avviato già da tanto tempo che, in maniera progressiva e inarrestabile, ha mirato al completo annullamento dell’immagine del monumento ed in particolare di quella della Chiesa che ne esaltava il valore.
Si è trattato quasi di una sorta di “damnatio memoriae” tanto è vero che non si sa se, per scelta voluta o per sciatteria, non si è conservata nemmeno un piccola immagine della forma della Chiesa demolita probabilmente nei primi anni del 900. Eppure la chiesa era ricca di opere d’arte e certamente non sfigurava di fronte alle tante altre che nobilitavano l’immagine della città.
Basti ricordare tra le opere custodite almeno tre di Carlo Crivelli tra cui il famoso polittico di San Domenico, ora indicato come “Polittico Demidoff”, che arricchisce la sala della National Gallery di Londra dedicata al grande artista di origine veneziana e cittadino ascolano.
Una destinazione della chiesa e del convento di San Domenico che completi in maniera definitiva la privatizzazione del bene appare sicuramente inaccettabile
Si dovrà quindi cercare di limitare i danni prevedendo la fruizione pubblica almeno di una parte del complesso, destinando i locali dell’antica Chiesa, trasformati nell’ultima ristrutturazione in palestra, a sede del Centro di studi e documentazione della pittura di Carlo Crivelli e dei Crivelleschi di cui Italia Nostra propose la realizzazione nel lontano 1994.
Proposta che trovò la concorde adesione del maggiore studioso della pittura marchigiana del 1400 il professor Pietro Zampetti.
Inoltre, nella sistemazione del complesso, dovrebbe essere prevista la fruibilità pubblica anche del chiostro con gli affreschi realizzati da Sebastiano Ghezzi, padre del più famoso Giuseppe, e della sala dove ancora sono presenti affreschi probabilmente del periodo in cui fu effettuata la prima costruzione del convento avvenuta nel lontano 1257. Naturalmente si dovranno effettuare le indagini del caso anche per accertare la presenza di altri affreschi forse coperti da intonaco o da tinteggiature».
«Se si vuole realmente rilanciare il ruolo della città – conclude il presidente di Italia Nostra – si dovrà pensare in grande e non limitarsi a ritenere sufficiente riportare nel centro stoico qualche residente in più tenuto conto, tra l’altro, che per la residenzialità sono utilizzabili tanti edifici privati vuoti e in condizione di abbandono.
Siamo certi che la Soprintendenza confermerà anche in questo caso la sua attenta e rigorosa azione di tutela e controllo per evitare un intervento che non consenta di preservare l’integrità e la memoria storica di un complesso prestigioso come quello di San Domenico».
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