di Maria Nerina Galiè
Serpeggia la preoccupazione tra i dipendenti della ditta Scandolara spa, con sede nella zona industriale di Ascoli.
Nel giro di poche settimane, 9 di loro – tutti dello stesso reparto e 6 nello stesso turno – sono risultati positivi al Covid. Il Servizio Igiene e Sanità pubblica dell’Area Vasta 5, diretto dal dottor Claudio Angelini, ieri 10 maggio, ha attivato la Medicina del Lavoro.
Gli operatori dello Spsal (Servizio Prevenzione e Sicurezza negli ambienti di lavoro) sono stati incaricati di svolgere i controlli all’interno dello stabilimento, sulla «corretta applicazione delle regole anti contagio – spiega Angelini – sia per quanto riguarda l’aspetto strutturale, inerente agli ambienti lavorativi, che comportamentale».
Nel frattempo l’azienda non è rimasta con le mani in mano. Sempre ieri ha richiesto il tampone rapido per una novantina di persone: tutte negative al momento ad eccezione di due che dovranno sottoporsi al molecolare di conferma.
Tamponi erano stati fatti anche in precedenza, “mirati” tra i colleghi che erano stati più a stretto contatto con i positivi. Ma, dalle dichiarazioni di alcuni lavoratori, qualcuno è risultato negativo per poi scoprirsi contagiato giorni dopo.
Tutto è iniziato dalla positività di 3 persone, due dei quali coniugi. A distanza di circa una settimana un’altra dipendente ha manifestato i sintomi: positiva. Un’altra ancora, la sera successiva, si è sentita male sul posto di lavoro. E’ caduta ferendosi alla testa. Soccorsa dall’ambulanza del 118, che l’ha trasportata al Pronto Soccorso del “Mazzoni”, è stata sottoposta a tampone ed ha scoperto di essere contagiata. In 5 il giorno dopo non si sono recati in azienda. Hanno fatto il tampone: 2 positivi, tra cui uno che aveva fatto la prima dose di vaccino. I 3 negativi sono tornati al lavoro ma due di loro, pochi giorni dopo, hanno accusato malessere, tipico del virus. Infatti erano positivi.
«Il tampone, se fatto troppo presto, può risultare negativo in quanto la carica virale è ancora bassa», sottolinea il dottor Angelini.
Ecco perché si applica la quarantena ai contatti stretti, ma non nelle aziende.
Angelini: «Un’azienda non può mettere in quarantena nessuno. Solo un organo istituzionale può farlo. La quarantena è di fatto una limitazione della libertà, la cui violazione ha risvolti legali. I dati del cittadino vengono inseriti nell’apposita banca dati a disposizione anche di Prefetture e forze dell’ordine».
L’azienda cosa deve fare quindi?
«Può solo segnalare al Sisp. A quel punto partono i controlli ufficiali e, se ci sono le condizioni, viene dichiarata la quarantena.
Ma attenzione, se sul luogo di lavoro vengono applicati i protocolli, il rischio di diffusione del virus è bassissimo.
In linea generale, non mi riferisco al caso della Scandolara per cui appunto partirà l’indagine dello Spsal, è difficile risalire al caso indice di un focolaio in azienda.
Nonostante l’uso corretto dei dispositivi di sicurezza ed il distanziamento, possono avvenire contagi in contesti esterni poi contatti tra i lavoratori, nei modi più svariati.
Nell’azienda in questione il momento potrebbe, e sottolineo potrebbe, essere stato quando una dipendente si è sentita male ed i colleghi l’hanno soccorsa».
Il Sisp come ha iniziato ad attenzionare la Scandolara?
«Dal contact tracing che facciamo ad ogni nuovo positivo. Dalle interviste alle persone coinvolte abbiamo scoperto che alcune di loro avevano un elemento in comune: il luogo di lavoro».
Il direttore Angelini ha precisato: «L’indagine ispettiva e valutativa dal parte dello Spsal è di prassi quando c’è un focolaio all’interno di un’azienda.
Ma, dalle notizie acquisite fino ad ora, sembra che i protocolli anti Covid siano rispettati. Ad esempio, così ci è stato riferito dagli stessi dipendenti, gli spogliatoi sono utilizzati soltanto per il cambio delle scarpe e nel refettorio ci sono i separatori in plexiglass».
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