di Gabriele Vecchioni e Narciso Galiè
Tra le tante notizie non-belle che riguardano il nostro territorio, una colpisce il mondo dell’escursionismo (e della cultura): è la cessazione dell’attività della SER (Società Editrice Ricerche), la storica casa editrice picena specializzata in editoria di montagna che negli anni ha accompagnato (letteralmente!) tanti amanti della montagna.
Per i tipi della SER abbiamo scritto diverse guide escursionistiche, stimolati (e confortati) dell’apprezzamento dei lettori. L’ultimo lavoro con la casa editrice di Alberico Alesi (e soci), past president del Cai ascolano, riguardò la seconda edizione di Monti Gemelli. Le più belle escursioni. Nel luglio 1995 era uscita la prima edizione della guida; qualche tempo dopo preparammo, dietro richiesta degli amici aquilani, un articolo per la storica rivista della sezione del Cai, relativo a questo gruppo montuoso, situato proprio sul confine geografico e amministrativo tra Marche e Abruzzo.
Siamo ormai arrivati al venticinquennale dell’uscita del volume e qui vogliamo riproporre, per la sua “attualità”, l’articolo scritto nell’agosto 1996: sono ancora validi, infatti, i motivi che ci spinsero a dedicare a queste montagne il volume in oggetto.
Una brevissima premessa. Le Montagne Gemelle sono la Montagna dei Fiori e quella di Campli, punto di riferimento visivo per un ampio territorio, al di qua e al di là del Tronto, confine geografico tra Marche e Abruzzo. Sul filo della memoria, Gabriele D’Annunzio aveva ben descritto (nel Notturno, 1921) questa caratteristica, riferendosi proprio alla Montagna dei Fiori: «Ma d’improvviso, al Porto d’Ascoli, in una insenatura delle colline modeste, appare la montagna grande. Cilestrina, aerea, nivale, confusa con le nuvole fulgide, mi rapisce nella sua altezza taciturna».
L’articolo è stato diviso in due parti, per facilitarne la lettura. Ecco la prima.
Nel settembre dell’anno passato, con una riuscita manifestazione organizzata dalla sezione ascolana del Cai, furono presentate la Carta dei sentieri e la Guida escursionistica dei Monti Gemelli, della quale siamo autori. In particolare, la Guida, che accoglie anche i contributi del geologo Adamoli e dei professori Pesce e Tammaro, del Dipartimento di Scienze ambientali dell’Università aquilana, colmano una vistosa lacuna mancando, fino ad allora, un lavoro organico su questo interessante gruppo.
Nel corso dell’incontro, al quale parteciparono i rappresentanti di numerose sezioni Cai dell’Italia centrale, il prof. Clementi, socio della sezione aquilana, tenne una applaudita relazione sulla valenza storico-antropologica di questa zona di confine.
Come autori della guida escursionistica, approfittando dell’ospitalità della rivista del Cai dell’Aquila, abbiamo scritto queste brevi note per quanti volessero approfondire la conoscenza di questo misconosciuto gruppo “minore”.
Il nome. L’oronimo Monte Fiore, dal quale deriva il nome attuale, appare già in carte del ‘600. Tra i nomi che la Montagna ha avuto nel corso dei secoli, alcuni sono geografici (Montagna d’Ascoli), altri religiosi (Monte San Giacomo), altri ancora “affettivi” (per gli abruzzesi della Val Vibrata, era – ed è – la Montagna Nostra).
In precedenza, il rilievo era conosciuto come Monte Soli (del sole) o come Monte Polo, derivato dal paulus (piccolo), il cippo ligneo che i seguaci di riti naturalistici mettevano sulla vetta delle montagne, là dove ora ci sono croci metalliche. L’usanza era talmente radicata che è rimasta fino all’epoca rinascimentale. La “spiegazione” è in una frase del Fumagalli (1995): «Quei culti, intrisi di un naturalismo che non morì mai, allora conservava un vigore stupefacente, soprattutto nelle campagne dove gli uomini adoravano le rocce, le sorgenti, le cime delle montagne, le forme in cui la natura manifestava la sua forza e la sua vitalità».
Lineamenti geografici e geologici. Ad est dei Monti della Laga, a cavaliere del confine amministrativo tra le province di Ascoli Piceno (Marche) e Teramo (Abruzzo), si erge la dorsale calcarea dei Monti Gemelli. Lunga una quindicina di chilometri, essa è costituita dalla Montagna dei Fiori (1814 m) e da quella di Campli (1718 m). In direzione SE, la dorsale si completa con la Montagna delle Tre Croci (1388 m). I primi due monti sono separati dal profondo canyon del Salinello, la terza vetta è isolata dalla meno evidente incisione del Fosso Grande.
La direttrice dei rilievi ha un andamento parallelo a quello delle catene dell’Appennino centrale e costituisce ciò che rimane dell’isola oceanica che, circa 150 milioni di anni fa, emergeva a ridosso della scarpata calcarea dell’attuale grippo del Gran Sasso.
Il soprannome di Montagne Gemelle è giustificato dalla identità morfologica e strutturale delle Montagne dei Fiori e di Campli e dal fatto che le due formazioni, viste dal Teramano, appaiono della stessa altezza, per il fenomeno della parallasse.
Per quanto riguarda l’aspetto geomorfologico, mentre nel vicino gruppo della Laga (a ovest) le formazioni calcaree di base sono rimaste “nascoste”, ricoperte da potenti spessori di marne e di arenarie plioceniche, nella dorsale della Montagna dei Fiori i calcari sono, invece, allo scoperto. Esse costituiscono, quindi, un’isola calcarea in un mare di argille e di arenarie (Monti della Laga e colline del Teramano).
La tipologia delle rocce che costituiscono il massiccio provoca l’estrinsecazione di una situazione quasi sovrapponibile a quella che caratterizza i massicci calcarei dell’Appennino centrale. Il fenomeno che segna in maniera incisiva le attività della zona è il carsismo: le rocce carbonatiche possono essere considerate come enormi serbatoi idrici che smaltiscono le eccedenze con una scarsa circolazione superficiale ma con una notevole attività sotterranea.
Alla base dei rilievi, strati recenti di materiali geologici danno vita ad affioramenti di falde acquifere, con numerose risorgive. La caratteristica peculiare descritta causa la vicinanza di due ambienti naturali apparentemente opposti: alle quote più alte, prati aridi e roccia nuda; ai piedi delle montagne, valli e bacini più o meno ampi, ricchi di acqua e popolamenti vegetali.
La posizione “laterale” dei Monti Gemelli rispetto alla catena appenninica e la loro vicinanza al Mare Adriatico comporta, rispetto a montagne di pari altitudine situate sull’opposto versante tirrenico, un clima più freddo e una maggiore nevosità, per la vicinanza della regione balcanica. Proprio la permanenza delle nevi per un periodo medio di 60-80 giorni all’anno ha favorito lo sfruttamento delle aree di maggiore altitudine (zona di Monte Piselli, intorno ai 1600-1700 m) per la costruzione di impianti legati alle attività sciistiche.
Aspetti naturalistici. Per quanto riguarda la flora, nell’ambito del gruppo delle Montagne Gemelle, il nome della Montagna dei Fiori evoca suggestioni floristiche, legate soprattutto alla presenza di ricche fioriture, anche vistose, in particolare nelle radure dei boschi e nei prati-pascoli d’altitudine. Tra le specie caratteristiche, ricordiamo la rara fritillaria dell’Orsini, la peonia, il narciso dei poeti, il croco, il giglio rosso, il martagone, la parnassia palustre, oltre a numerose specie di orchidee. Tra le specie arboree, oltre ai “classici” boschi appenninici di faggio, da rilevare la presenza di relitti dalla laurisilva del Terziario, il tasso e l’agrifoglio.
Le Montagne dei Fiori e di Campli, oltre ad essere interessanti dal punto di vista floristico, lo sono anche da quello vegetazionale. In particolare, i due rilievi presentano un’accentuata diversità paesaggistica sui diversi versanti, per le differenti acclività e morfologia, dovute alla presenza di diverse faglie, e per i microclimi dissimili, legati all’esposizione. La varietà del paesaggio vegetale segue, in generale, la naturale successione dei piani altitudinali.
I Monti Gemelli presentano un ricco patrimonio faunistico, per la loro posizione di interposizione tra le catene montuose dell’Appennino centrale e le colline del Teramano. Essi sono contigui a un’area (i Monti della Laga) molto dotata sotto quel punto di vista, in una zona che era situata ai limiti delle aree coperte dai ghiacci delle grandi glaciazioni del Quaternario, costituendo così un’area di rifugio per molte specie. Da non trascurare, poi, la possibile continuità fisica (in temi geologici) con la vicina area balcanica, come dimostrano le numerose affinità faunistiche tra quest’ultima e l’Appennino abruzzese.
Per l’escursionista, le presenze faunistiche che più interessano il gruppo delle Montagne Gemelle riguardano i vertebrati, in particolare le classi degli anfibi, dei rettili, degli uccelli e dei mammiferi.
Gli anfibi più ”importanti” sono i tritoni, presenti in due laghetti carsici, e il raro geotritone italico, che vice nelle Gole del Salinello in piccole cavità del terreno, dalle quali esce di notte per cacciare insetti.
I rettili sono quelli caratteristici delle montagne calcaree dell’Appennino.
Gli uccelli costituiscono l’autentica ricchezza dei Monti Gemelli: numerose sono le specie presenti, nonostante sia “forte” il segno dell’uomo. Ciò è dovuto alla varietà del paesaggio che comprende scenari rocciosi e aree antropizzate, boschi e serbatoi idrici: le varie specie possono così “scegliere” l’ambiente più adatto alle loro caratteristiche. Si incontrano così la comune rondine delle basse quote e la più rara coturnice dei pascoli sommitali. Il passero delle zone rurali e il gracchio corallino delle pareti rupestri. Il vero “gioiello” naturalistico di queste montagne è però l’aquila reale, con una coppia nidificante che qui trova gli ambienti di caccia a lei più congeniali.
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