di Walter Luzi
Giovanni Ciarrocchi & Pierina Cottilli, gioiellieri dal 1959. Causa fregatura patita. Le vie del Signore sono davvero infinite. Vittima del raggiro di un trafficante di coralli romano senza scrupoli, la coppia ascolana ha saputo rialzarsi, unita, e continuare brillantemente l’attività fino ai giorni nostri. Fino a diventare una delle gioiellerie più in della città, grazie anche alla sua seconda generazione, che ne ha saputo raccogliere il loro testimone.
Pierina Cottilli, classe 1930, è nata a San Gaetano, quarta di cinque figli. I suoi studi si sono fermati alla terza elementare. Era usuale in quei tempi. In famiglia solo i figli maschi più grandi erano stati infatti destinati allo studio. Antonio, Lucia ed Emidio non ci sono più. Marco, l’ultimo, presto emigrato in Australia, vive ancora lì. Una famiglia originaria delle campagne di Lisciano, ma di nobile discendenza, parlano, pare, voci tramandate. Il suo papà, Alfredo, sarà comunque fra i primi assunti alla Sice. Giovanni e Pierina si sposano nel 1951 a Vallesenzana. L’anno dopo arriva Daniela, la primogenita, a cui farà compagnia Sergio qualche anno dopo.
Ciarrocchi&Cottilli orefici per fregatura patita, dicevamo. Giovanni si era fatto convincere ad entrare in società da un commerciante di Roma. Si era venduto pure la casa, investendoci il milione e mezzo di lire del ricavato. Con la sua famigliola si erano accampati temporaneamente a casa di una zia, per imbarcarsi nella brevissima e sventurata prima esperienza nel settore. Giovanni però sente subito puzza di bruciato, e si tira fuori, per fortuna, dopo poche settimane.
Ma, con Pierina, non mollano. Da Stefoni, che ha edificato in viale Benedetto Croce, prendono in affitto, a 9.000 lire al mese, pochi metri quadrati di negozio al pianterreno. Il locale di Giovanni e Pierina apre proprio a fianco della Cocona, leggendaria fruttivendola della zona. Quindi la macelleria e Missere, il negozio di fotografia poi rilevato dai Vena, la barberia e in fondo già la farmacia. Attività queste ultime da sempre presenti nella via. È poco più di un buco. Quel locale lo aveva liberato Mimì Fiocchi con la sua edicola, e la sua incrollabile fede comunista. Una via di mezzo fra polo culturale e centro aggregativo, che ha segnato un epoca.
Le opere di urbanizzazione della via sono ancora tutte in fase di realizzazione. La strada non è neppure asfaltata. Ma si riparte. Tutto in famiglia stavolta. Gioielleria Cottilli Pierina. Giovanni, grande invalido di guerra, preferisce infatti non intestarsi l’attività per non perdere la sacrosanta, e preziosa, pensione di cui gode.
«Mio marito, era un tipo sempre allegro e in vena di scherzare, dalla battuta pronta e grande simpatia – racconta Pierina-. Uno showman mancato. Una vocazione di animatore innata la sua. Le vendite sono andate subito bene, anche perché lui riusciva ad attirare con i suoi modi una clientela sempre più numerosa».
Giovanni Ciarrocchi, Zimbo, come lo chiamano tutti quelli che lo conoscono, allegro e socievolissimo, frequenta il bar Marconi, sull’omonimo viale, ed è pronto sempre ad offrire un caffè agli amici. Sergio, il suo primo figlio, diventerà subito Zimbetto. Giovanni, in cuor suo, aveva un solo obiettivo. Ricomprare quella casa persa, solo qualche anno prima, per eccesso di fiducia. Un peccato di sprovveduta ingenuità che gli ha sempre pesato. Ma la moglie, Pierina, la pensa molto diversamente.
«La casa non ti darà da mangiare, il negozio invece – replica saggiamente – sì. E’ sull’attività che dobbiamo continuare ad investire».
Difficile darle torto. E poi Pierina è una tipa tosta. Che non ha minimamente perduto, neppure ai giorni nostri, la sua volitività. Acquisto di casa, dove lei vive ancora oggi, rinviato solo di qualche anno. Si buttano a capofitto nel lavoro, acquisendo nuova clientela anche nelle campagne della provincia, con una modalità che precorre i tempi. Il servizio a domicilio. Zimbo è molto conosciuto infatti, e altrettanto benvoluto, nelle zone agricole dell’hinterland ascolano. Anche perché lì affondano le sue radici. Quando c’è da celebrare un matrimonio in un casolare, Giovanni e Pierina partono per tempo in sella alla loro motocicletta. La cassettiera portavalori a dieci cassettini rivestiti in vellutino e colmi di preziosi, da mostrare per la fatidica scelta, è ben legata, a corda doppia, dietro alla sella.
Una volta non si compravano solo le fedi nuziali, ma tutti gli ori, collier, bracciali, orecchini, orologi di marca, che i genitori degli sposi donavano a neo nuore e neo generi. E ci si teneva parecchio a fare bella figura in questo giorno importante, dando fondo, magari, a tutti i risparmi di una vita. L’oro costava 680 lire al grammo. Oggi ci vogliono almeno 50 euro. Un bene rifugio aumentato centoquaranta volte di valore in sessant’anni.
La notte del primo luglio 1971 un evento segna la storia della Gioielleria Cottilli. Lo annuncia a tutta la via, a squarciagola, la Cocona, alle prime luci dell’alba.
«Aiuto! Aiuto! Sono entrati i ladri nel mio negozio per rubarmi la frutta, e poi sono anche entrati da Cottilli attraverso un buco aperto nel muro!».
Una vetta di umorismo involontario nella concitazione del momento. Non resterà l’unico furto patito. Un duro colpo alla giovane attività, superato anche grazie alla sensibilità e alla collaborazione dei fornitori, che nei Ciarrocchi hanno sempre riposto una fiducia cieca.
Durante le estati degli anni Settanta la risorsa principale sono gli americani che tornano in vacanza nelle zone di origine. E che non badano a spese per i loro regali. «L’oro a 18 carati – spiega Sergio Ciarrocchi – e soprattutto manifatture di gran pregio, qui le trovavano a prezzi molto più vantaggiosi rispetto agli States. E ne facevano incetta. Un paio di clienti americani in negozio, di quei tempi, ci risolvevano tutta la stagione».
Sergio Ciarrocchi ricorda anche una facoltosa turista che le commissionò un’opera unica, un ex-voto di straordinario valore. «Ne conservo ancora la foto – racconta – esaudita in un voto alla Madonna fatto per uscire dai suoi gravi problemi di salute mi fece incastonare tutti i suoi gioielli su una corona. Era destinata ad una statua della Vergine che fece porre poi nel parco della sua villa di Los Angeles». Mezzo chilo di pietre preziose per quella grazia ricevuta. Un milione e duecentomila lire dei tempi solo di manifattura. Potenza della fede.
Dal 1970 al 1975 Sergio frequenta l’Istituto Statale Internazionale di Arte Orafa a Valenza Po’, in provincia di Alessandria. Uno dei più prestigiosi d’Italia. Il due aprile 1977 la Gioielleria Cottilli lo presenta ufficialmente, con le sue creazioni orafe d’avanguardia, come il nuovo valore aggiunto della ditta. È il salto di qualità che si impone. «Fino a quel momento – racconta sempre Sergio – il nostro negozio era chiamato genericamente, da tutti, Bulova, dalla grande insegna pubblicitaria che papà aveva fatto installare all’ ingresso. Da quel giorno in poi anche da noi entrò una clientela di elite, vip ed alte personalità della vita pubblica ascolana».
Dopo gli studi classici, la laurea in Lettere Moderne conseguita l’anno prima a Macerata, e in attesa di un concorso a cattedra che, per lei, non arriverà mai, nel 1978 entra in azienda anche Daniela. Ci porta la sua gentilezza innata ed il suo buon gusto. Patrimonio inestimabile di garbo, competenze, e consigli per clienti, uomini e donne di ogni età, eternamente indecisi nella scelta.
Sergio, fra una mostra e l’altra in giro per l’Italia, rinnova il negozio e accoglie nuovi brand di alto livello (Cartier, Vacheron Constantin, Breitling, MHR fra gli altri). Il top del top. Oltre ai marchi di gran moda, primi status symbol resi popolari dagli spot pubblicitari televisivi, che, proprio in quegli anni, cominciano ad infestare i palinsesti. Come gli orologi Swatch, per accaparrarsi i quali si arrivava a mettersi in coda fuori dall’ingresso. I primi anni Ottanta sono anche gli anni d’oro dell’ Ascoli in serie A.
«La nostra gioielleria iniziò ad essere frequentata anche da molti giocatori – continua sempre Sergio – e dalle loro mogli. Io sapevo quali oggetti preziosi potevano piacere a quel tipo di clientela. Cercavo di anticipare le mode, cavalcare le tendenze. Mio padre poi, come consigliere dell’Ascoli Calcio fin dai primi anni Settanta, godette di una corsia preferenziale per gli acquisti di regali preziosi da parte della società. Anche il presidentissimo Costantino Rozzi, a cui eravamo molto legati, passava di frequente, sempre di fretta, in negozio, ma tutti i clienti in coda gli concedevano ogni volta, molto volentieri, la precedenza. I miei genitori, d’altronde, sono stati sempre, grandi tifosi dell’Ascoli. Molti di quei giocatori famosi divennero miei amici, prima che ottimi clienti, potendo disporre di capacità di spesa non indifferente. E poi, per fare un esempio, un orologio MHR Sparviero al polso di un campione come Casagrande ci faceva da moltiplicatore di richieste».
Sono gli anni d’oro della gioielleria Cottilli. Succede spesso che la mattina, all’ora di apertura, ci siano già clienti in attesa davanti alla serranda. Dicembre è il mese terribile, quando, a ridosso del periodo pre-natalizio, anche dodici ore al giorno di lavoro, a volte, possono non bastare.
Nel 2000 Cottilli si allarga di una vetrina per fare spazio all’Espace Cartier, in partnership con il colosso francese dei preziosi, destinato alle gioiellerie più prestigiose, per la vendita di borse e accessori griffati. Il business è relativo, ma il brand, da solo, qualifica l’immagine dell’attività. I dipendenti storici. Solo due. Claudio entra ad inizio anni Ottanta, appena sbarcato dall’Argentina. Sarà sempre considerato uno di famiglia. Loriana invece arriverà nel 2003.
In quell’anno infatti, Sergio passa all’e-commerce di preziosi da autentico pioniere del web. Vincerà la scommessa tecnologica e le forti diffidenze iniziali da fregatura telematica, ma l’avvento di Amazon, e dei grandi gruppi di vendita per corrispondenza, gli renderanno dura la vita negli ultimi anni. Daniela resta sola al comando dell’azienda di famiglia. Continua nel solco della qualità e delle eccellenze, e dà vita a tutte una serie di grandi iniziative per promuoverla. Sponsorizza per sei edizioni, con ricchi premi, il concorso La dama delle dame indetto dalla redazione ascolana de “Il Messaggero” a margine della Quintana. Templi storici della città, come il Teatro Ventidio Basso e il Caffè Meletti ospitano alcune delle serate di gala finali. Daniela ingaggia testimonial celebri e bellissime come Tania Zamparo, Miss Italia 2000, e Valeria Allevi fra le altre, per far indossare loro i propri gioielli più preziosi in occasione di grandi eventi.
Nel 2004 all’Auditorium di via del Cassero organizza “Le Perle”, una mostra-conferenza su questi fascinosi, intramontabili oggetti del desiderio della vanità femminile. Relazionano gemmologi di fama nazionale sulla loro storia e le diverse origini e qualità. Le partnership con i brand più famosi portano spesso Daniela a partecipare a fiere del settore ed eventi mondani. In uno di questi è ritratta al fianco del titolare della Locman, e dell’allora ministro dello Sviluppo Economico, Antonio Guidi.
«Alle fiere non mancavamo mai – ricorda Daniela – anche se non compravi nulla era importante fiutare il mercato, le novità, le tendenze. Gli oggetti che “tiravano” a Milano, due mesi dopo avrebbero “tirato” anche in Ascoli. Si doveva solo aspettare che l’onda lunga delle richieste, sospinta da pubblicità, riviste e tv arrivasse anche da noi».
Nel 2010 sempre Daniela, inesauribile, per festeggiare degnamente i cinquant’anni di vita dell’azienda organizza, un mega evento alle vecchie Cartiere Papali che sarà ricordato per sempre. Un vero e proprio, memorabile, suggestivo happening notturno, dove trovano spazio, in una location unica, tutte le arti espressive. Oltre, ovviamente, ai gioielli e preziosi più belli della Gioielleria Cottilli di Daniela Ciarrocchi in mostra. Un pienone di gran bella gente e moltissimi clienti diventati, negli anni, grazie al suo signorile savoir faire, altrettanti amici.
«Intendo la gioielleria come oggetti belli e durevoli – chiosa lei – solo in questo modo si possono promuovere la creatività, l’artigianato di un certo livello. I grandi marchi oggi sono tutti abbastanza “omologati”. Impongono stili e oggetti iconici che poi vengono puntualmente copiati. Ti vincolano a spendere tempo, energie e risorse economiche, pregiudicandoti l’esplorazione di nuove nicchie e segmenti di mercato più gratificanti sotto ogni aspetto. E richiede capitali da impegnarci sempre più alti. Perchè il mercato è in mano a pochi grandi gruppi che impongono la legge del prendere o lasciare. Se non accetti le loro condizioni sei fuori. Il saggio pian piano di sessant’anni fa, un passo alla volta, non potrà, purtroppo, più esistere in futuro».
Il futuro. Una parola. «Pochi vogliono ancora comprare beni belli e durevoli – prosegue – ora il mercato lo muovono i social, i like, le influencer. Si seguono volubili mode, si monetizza anche con relativa facilità, ma questa non è più gioielleria».
Giovanni Zimbo Ciarrocchi se ne è andato nel 2006, a 79 anni. Sergio è in pensione dal 2018. Daniela anela anche lei alla messa a riposo. La signora Pierina la sua capatina in negozio continua a farla quasi tutti i giorni. Non ha perso, con lo scorrere delle tante primavere, il fiuto per gli affari e la passione per i preziosi che luccicano. È sempre innamorata infatti della vita, e dei gioielli. Ma più che continuare a venderli, ora, continua a comprarseli.
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