di Gabriele Vecchioni
È recentissima la notizia della cessazione dell’attività editoriale della storica Società Editrice Ricerche, la Ser. Le guide (e le carte) di questa casa editrice hanno accompagnato per decenni gli escursionisti ascolani e dell’Italia centrale: non c’è camminatore che non abbia usato almeno una volta (nella sua vita escursionistica) una guida della Ser. Ne parliamo con Alberico Alesi, amministratore, fondatore (con Maurizio Calibani e Antonio “Tonino” Palermi, altri personaggi storici dell’alpinismo piceno) della casa editrice.
La cessazione dell’attività della Ser è una perdita grave non soltanto per l’escursionismo; si spegne una delle voci del territorio. Ma le cose belle non muoiono mai, vivono e si perpetuano nella memoria. Non credi? L’eredità della Ser è proprio la conoscenza del territorio e l’amore per esso che ha contribuito a formare nelle persone, accompagnandole in montagna.
«Non poteva che essere così. Le libertà che ci siamo presi non andavano d’accordo con i profitti, ma a noi andava bene così. Non poteva essere così anche per i figli. È comprensibile che abbiano preso strade diverse. Mauro, il figlio di Maurizio, dopo aver vinto la coppa del mondo di bouldering, ha lanciato definitivamente E9, brand di abbigliamento giovanile conosciuto nel mondo. Mia figlia è ormai spagnola per adozione e Simone lavora nella grafica pubblicitaria. Eredità? Ci piace pensare di aver inaugurato un nuovo modo di fare le guide, da cui oggi non si può prescindere perché la gente è più esigente. Ormai si trova tutto su Internet… tracciati, immagini. Più difficile è trovare un volume come i nostri che – e questo ce lo hanno detto in tanti – pur essendo una guida si può tenere sul comodino come libro di lettura, per sognare, fantasticare, progettare il futuro».
Come nasce la Ser? Qual è la sua storia?
«La Ser nasce nel 1990, quando decidemmo di scrivere e pubblicare una guida per i Monti della Laga, dopo quella dei Monti Sibillini (mia e di Calibani) del 1983: la Laga era un gruppo straordinario e all’epoca sconosciuto ai più. Ma non avevamo soldi per stamparla. Memori dell’esperienza della Guida dei Sibillini che, edita dal Cai ascolano con cambiali firmate da me e dal past president Luciano Carosi, su consiglio del commercialista Giovannetti, decidemmo di stamparla in proprio, creando una casa editrice e sperando di vendere a sufficienza per recuperare la spesa. Chiamammo a collaborare Tonino Palermi, alpinista anche lui, uno dei maggiori conoscitori del gruppo. Nacque così la Ser s.a.s. di Alesi, Calibani e Palermi, che doveva essere chiusa a libro venduto.
Ma non andò così… Creammo invece la collana “Le più belle escursioni”. Un libro tira l’altro, e non solo scritti da noi, ma anche da altri autori, come te e Narciso. Gestivamo tutto in proprio. Io mi occupavo di copertine, progetto grafico e cartografia, più tardi insieme a mio figlio Simone; Tonino impaginava; Maurizio “batteva” le biblioteche per la documentazione e, da mastino telefonico qual è, attingeva informazioni su tutto. Tonino ha abbandonato la Ser dopo i primi anni ma ha continuato a darci una mano».
Erri De Luca ha scritto che la geografia è la “scrittura della Terra” e le montagne sono il suo carattere maiuscolo. La Ser ha contribuito a far conoscere le montagne dell’Italia centrale. È una bella soddisfazione…
«Diciamo che eravamo un po’ stufi di vedere in giro guide un po’ “all’ingrosso”, “compilation di itinerari” si potrebbe dire, che raccoglievano centinaia di itinerari descritti sommariamente, senza anima, senza sostanza. Noi volevamo trasmettere bellezza, valori, informazioni, cultura, storia… non solo dare la direzione da prendere.
La fatica più grande non era percorrere gli itinerari, attività bellissima, soprattutto se finalizzata a scrivere un libro e a raccogliere immagini; era l’approfondimento e la ricerca storica che precedeva la stesura. All’epoca non c’era Internet e dovevamo cercare nelle biblioteche libri di storia locale, fotocopiare montagne di pagine, a volte interi libri.
La cosa più bella, però, era far parlare gli anziani nei paesi. Superata una fase iniziale di comprensibile diffidenza poi prendevano gusto a raccontare le loro esperienze, la loro vita in montagna. Fu così che conoscemmo Ennio Fonzi di Preta, che di notte legava il nipote per una caviglia nell’aereo stazzo di Colle d’Asino perché, sonnambulo, sarebbe precipitato sotto. Oppure Pietro Santolini di Colle d’Arquata, un guarda canale dell’Enel che si trasferiva da un’opera di presa all’altra in bicicletta. Che c’è di strano? Semplice, lui si infilava con la bici nel tunnel sotterraneo che collega tutte le prese Enel fino a Campotosto. Al buio, con le ruote nell’acqua, e un ramo per ciascuna mano che “strusciava” lateralmente per dargli equilibrio. Persone straordinarie.
Come puoi immaginare, scrivere guide di montagna in questo modo non è remunerativo, visto il tempo che ciascun volume richiede. Ma è incredibilmente bello. Dovevamo farci coinvolgere per poter trasmettere la passione: è quello che abbiamo chiamato “il metodo Ser”, per noi non c’è altro modo. Il tempo ci ha dato ragione, la gente ha capito».
La Ser ha “scoperto” la Laga, una terra incognita prima della vostra guida.
«È vero, anche se non va trascurata l’attività divulgativa di Marco Florio. La Laga ha sofferto molto dell’atteggiamento un po’ snobistico di noi alpinisti, che non vedevamo in essa pareti “arrampicabili”; buona per lo sci-alpinismo però, con i suoi lunghi canali e pendii. Florio divulgò la bellezza dei suoi fossi e delle cascate riuscendo a suscitare l’interesse dei più. A dispetto dell’atteggiamento degli alpinisti, la Laga nascondeva, nelle sue pieghe più nascoste, il ghiaccio delle cascate che d’inverno gelano permettendo la pratica di quella che nei primi anni ‘90 rappresentava la più recente delle tecniche alpinistiche: la “piolet traction”. Tanto che nel ’94 abbiamo dato alle stampe “Ghiaccio del Sud” la prima guida alle cascate di ghiaccio dell’Appennino Centrale.
Abbiamo pernottato più volte d’inverno sotto le cascate per avvantaggiarci. Attaccavamo le salite con la lampada frontale…
Scrivevamo e stampavamo quello che a noi sarebbe piaciuto trovare in libreria, senza curarci della vendibilità. Sapevamo che un libro del genere avrebbe avuto un target molto selezionato ma volevamo farlo perché ci piaceva farlo. Tutto qui. Non so se abbiamo mai coperto le spese…»
E gli altri gruppi dell’Italia centrale: Sibillini, Gran Sasso, Sirente-Velino, Maiella. Un ricco catalogo che copre capillarmente il territorio…
«Certamente, il “metodo Ser” applicato ai più importanti gruppi appenninici. L’unico cruccio è stato non aver terminato la serie con il Parco Nazionale d’Abruzzo. E non dimentichiamo le carte escursionistiche. I Sibillini in primis, poi la stessa Laga, la Majella, il Gran Sasso, la Val Nerina».
Anche nel brand “Appennino perduto” c’è farina del tuo sacco, vero?
«Certo. È il titolo che avevo dato a un progetto di valorizzazione (stavolta si trattava di “lavoro”) su incarico dell’Amministrazione Provinciale di Ascoli nel 1990, riferito alla parte montana dell’ “Asta fluviale del Tronto”. Ovviamente il mio concetto di “valorizzazione” – di solito sinonimo di “cementificazione” – era di tutt’altra natura. Fu così che sulla carta mi apparve evidente quella sorta di “penisola fluviale” compresa tra il Tronto e il Fluvione, una zona che in parte conoscevo per avervi percorso alcuni sentieri. Bellissima, con le sue placche di arenaria pura, i suoi incredibili paesi, alcuni abbandonati già allora. Studiai ed esplorai la rete sentieristica attraverso le carte Igm e progettai il loro recupero, con il conseguente restauro di casali abbandonati da adibire a rifugi escursionistici.
Chiamai il progetto “Alla ricerca dell’Appennino perduto”. Lo stesso nome del bellissimo trekking del Cai ascolano che condussi nel 1991. Da allora l’area del Monte Ceresa (il monte più alto) fu per tutti l’Appennino perduto. Che poi il progetto non abbia avuto seguito… appartiene al ben noto malcostume della politica italiana. Per fortuna lo ha ripreso il Cai ascolano, almeno in parte, realizzando anche una bella carta dei sentieri, ma questa storia la conosci già.
Sempre “lavoro” è stato l’incarico che, nel 1995, Carlo Alberto Graziani, primo presidente del Parco Nazionale dei Sibillini, mi affidò: progettare il Grande Anello dei Sibillini, con i suoi rifugi. Il presidente aveva letto dell’Anello sulla nostra guida, e ne era rimasto affascinato. È una bella soddisfazione che la Lonely Planet nel volume “Trekking intorno al mondo” del 2012, abbia inserito il Gas tra i primi 4 trekking in Italia».
Le guide della Ser hanno avuto successo per la formula indovinata: all’escursionista veniva fornito un equilibrato mix di informazioni tecniche e di immagini, notizie sulla natura e sulla storia che permettevano una full immersion nel territorio. Percorsi mai banali: per ogni itinerario qualcosa da scoprire…
«Nelle nostre guide c’era tutto quello che noi stessi avremmo desiderato trovare in una guida. Vuoi mettere percorrere un sentiero conoscendone solo gli aridi dati tecnici (dislivelli, orari, lunghezze, destra, sinistra…) oppure conoscere anche la sua storia, chi lo aveva utilizzato in passato e perché? Episodi accaduti nei suoi dintorni, o nei paesi da cui si parte. Non va taciuto inoltre, e chi conosce i nostri libri lo sa bene, che non abbiamo mai avuto timore di esprimere le nostre opinioni, di criticare comuni, regioni ed Enti Parco, quando necessario. Per la tutela dell’ambiente ma anche per il modo di gestire le risorse del territorio. Basta leggere le introduzioni di alcuni libri sui parchi, dove solitamente facciamo la storia delle lotte ambientali. Un dipendente di un parco, noto botanico, ritirò la sua firma appena letto il testo…»
La Ser è stata anche una casa editrice innovativa e coraggiosa per la scelta di pubblicare guide su territori e argomenti circoscritti, per una nicchia di mercato ristretta. È stato un atto d’amore per il territorio, un gesto di fiducia nei confronti degli autori che proponevano questi lavori su porzioni di territorio ridotte o su argomenti “particolari”.
«Mi fa piacere che tu lo abbia notato. Lo confermo. Il fatto di non vivere di quel lavoro ci ha dato libertà assoluta. Vendere ci interessava, naturalmente, ma non a costo di rinunciare alla nostra indipendenza. Ci bastava coprire i costi, per il resto era puro divertimento. Novità assolute? Siamo stati all’avanguardia. Nel 97, quando sembrava che i cd-rom andassero per la maggiore, producemmo la prima guida interattiva di un parco Nazionale, quello dei Sibillini, che presentammo alla Fiera dei Parchi in Ancona e fu un successo. La Telecom accettò di sponsorizzarlo e ci diede la possibilità di metterlo in commercio. Il cd “Un parco nel Regno della Sibilla” vinse un premio internazionale a Varese al 12° International Tour Film Festival nel 1998. Era nato nella lucida (letteralmente…) testa di Tonino Palermi, autentico outsider dell’informatica, del tutto autodidatta. Lui ci si divertiva nel tempo libero. Quando me lo fece vedere, già in fase avanzata, mi entusiasmai e decidemmo di portare a termine il progetto. Ci sedevamo insieme la sera e ne sistemavamo la grafica, l’interfaccia, i pulsanti, le copertine. Ne uscì un bel prodotto, ma poi arrivarono i masterizzatori, e 1 cd venduto veniva clonato e… diventava 100! I nostri cd, come tutti gli altri, finirono nel nulla».
Ricordo benissimo quel lavoro. C’è anche il mio nome nei credits. Un contributo sulla ricchezza floristica dei Piani di Castelluccio (lì è facile!), poi le peonie del Monte Patino…
«Altri prodotti innovativi? Le due edizioni di “L’Altro ristoro”, sottotitolo “Dove mangiare e bere dopo una giornata in montagna senza prendere eurolegnate”, una raccolta di posti di ristoro montani caratterizzati dall’economicità e dalla disponibilità a cucinare nel pomeriggio… Fece seguito “L’Altro sentiero”, quaderni periodici di itinerari montani poco conosciuti, cui collaboravano “corrispondenti” di tutto l’arco appenninico. Bellissima ed impegnativa esperienza. Gli “Atlanti dei sentieri” del tutto simili a quelli stradali ma con i sentieri scala 1:25.000, che poi sono diventati carte “a pezzi”. Tutto ciò per ovviare all’inconveniente delle carte-lenzuolo, difficili da gestire in escursione.
Infine, la nostra app Sibillinimaps, la prima app per smartphone dedicata a un parco, che ti guidava su sentieri, luoghi della cultura e ristoranti. Bellissima e completa, a mio parere. Ma qui ci siamo imbattuti in un aspetto sgradevole da parte di taluni escursionisti. Totalmente priva di pubblicità, l’app era gratuita in tutte le sue parti, ma quando, una volta scelto l’itinerario, chiedevamo 70 centesimi (0,70 euro, forse colpisce di più!) per scaricare la traccia, apriti cielo! Dalle chat ci accusavano di speculare sugli escursionisti, di essere esosi… insomma nessuno si rende conto che quando un’app è gratuita il prodotto sei tu. L’app è stata scaricata su circa 5.000 smartphone ma ben pochi hanno comprato gli itinerari… Abbiamo dovuto abbandonare. Ma, comunque, abbiamo fatto anche questo; ci siamo divertiti un po’…»
Architetto, past president della sezione ascolana e della delegazione regionale Marche del Cai, alpinista, escursionista, editore: qual è la dimensione nella quale più ti riconosci?
«Hai dimenticato forse la figura più importante: “scrittore”. In effetti ci ho scherzato spesso con gli amici: svegliarmi alla mattina e non sapere cosa sarei stato quel giorno. A parte l’essere alpinista ed escursionista, di cui non ho fatto mai un mestiere, in effetti fare l’architetto, scrivere guide o essere editore sono un bell’impegno. Se poi aggiungiamo la responsabilità di ricoprire cariche da presidente sezionale (per 12 anni), poi regionale (per 7 anni), del Club Alpino Italiano… mi chiedo davvero come posso avercela fatta. In quale di questi ruoli più mi riconosco? Non è facile rispondere. L’architettura e il design sono sempre stati la mia passione (ho avuto anche la soddisfazione di avere un’intera pagina della prestigiosa rivista “Domus” dedicata a miei lavori) ma nella pratica quotidiana una delusione. L’architetto oggi è più un burocrate che un progettista creativo…»
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