di Claudio Maria Maffei
(medico e dirigente in pensione)
Da lunedì 14 giugno saranno 13 le regioni a diventare bianche: Emilia Romagna, Lombardia, Lazio, Piemonte, Trento e Puglia raggiungeranno infatti Abruzzo, Liguria, Umbria, Veneto, Molise, Friuli Venezia Giulia e Sardegna. E le Marche? Se il trend in discesa della incidenza di nuovi casi sarà confermato e rimarremo nella settimana dall’11 al 17 giugno sotto i 50 casi ogni 100.000 abitanti finalmente anche noi diventeremo bianchi a partire dal prossimo 21 giugno.
Diventare bianchi vuol dire, lo ricordiamo, l’abolizione del coprifuoco. Senza coprifuoco ci si può spostare più liberamente in orario notturno il che non è cosa da poco per una regione come le Marche a vocazione turistica e sbilanciata nell’estate verso il mare e i suoi ritmi ed orari.
Può valere la pena di chiedersi perché ci siamo fatti passare avanti da regioni messe per lunghi periodi molto peggio di noi come l’Umbria, l’Emilia Romagna e la Lombardia. La Regione spiegazioni non ne dà. Proviamo a darne noi.
Innanzitutto, visto che è la settimana che “ci ha fregato”, guardiamo i dati per Provincia della settimana dal 21 al 27 maggio, quella che con una incidenza media di 55 casi settimanali ogni 100.000 abitanti ci tiene per una settimana ancora in zona gialla. Nella figura in alto riportiamo i dati del 25 maggio delle 4 Province più popolose utilizzando le elaborazioni grafiche del dottor Spada pubblicate nella pagina Facebook “Pillole di ottimismo”.
Come si vede, mentre Ancona aveva un dato molto basso (32), Pesaro ce l’aveva quasi il triplo (86) ed anche Macerata ed Ascoli Piceno con 58 e 72 superavano il valore soglia di 50. Fermo, che non viene riportata nel grafico, aveva il dato più basso della regione (29).
Sappiamo un’altra cosa. Sappiamo che le Marche sono al quattordicesimo posto come frequenza di persone testate rispetto alla popolazione (vedi il grafico tratto da “Gimbe” in alto) e che come tamponi antigenici rapidi siamo addirittura nella prima settimana di giugno al terz’ultimo posto in Italia (elaborazione di un Centro Studi dell’Università Cattolica).
Questo ultimo dato colpisce perché di tamponi antigenici la Regione Marche s’era riempita visto che a dicembre 2020 aveva fatto un accordo con una ditta per acquistarne 2.200.000 (7 milioni di euro). Dovevano servire per lo screening di massa che è stato un flop organizzativo con meno di 250.000 partecipanti contro una partecipazione prevista di oltre un milione. Dove siano finiti tutti gli altri tamponi e relativi costi non si sa. Pochi tamponi vuol dire probabilmente anche poca attività di contact tracing, quella che dovrebbe portare ad un controllo della circolazione del virus a partire da un migliore studio dei nuovi casi.
Ancora una volta (e sarebbe almeno la terza) la Giunta sembra aver sbagliato strategia. Il primo errore l’ha fatto con lo screening di massa che ha dato falsa sicurezza e buttato soldi ed energie. Poi c’è stato il ritardo nel dichiarare a febbraio Ancona zona rossa e adesso si sta sbagliando ancora nell’investire tutto nel programma vaccinale dimenticando che ci sono altre cose da fare. Speriamo che siano lezioni che servano per il futuro e che ricordino alla Giunta che la politica in corso di pandemia non può essere solo propaganda.
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