di Giovanni De Franceschi
Nonostante i vaccini, quest’estate nelle Marche contagi e ricoveri sono aumentati esponenzialmente rispetto all’anno scorso. Premesso che non si sta mettendo in dubbio l’utilità dei vaccini anti Covid, anzi, come spiegare questa tendenza che è un po’ la stessa in tutta Italia?
Innanzitutto vediamo da vicino i numeri. Nella settimana che va dall’8 al 14 agosto 2020 (ma il discorso vale più o meno anche nelle altre) nella nostra regione si erano contati un totale di 92 contagi, a fronte di 4.071 tamponi analizzati nel percorso nuove diagnosi. Il rapporto di positività complessivo era dunque del 2,26%. Nella stessa settimana di quest’anno, invece, i nuovi casi sono stati 1.129 su 9.537 tamponi processati, sempre nel percorso nuove diagnosi. Il che significa che l’incidenza dei positivi è stata dell’11,84%, cioè cinque volte quella dell’anno scorso.
Numeri decisamente più alti anche per quanto riguarda i ricoveri. Alla fine della settimana di riferimento l’anno scorso nella nostra regione c’erano un totale di 11 pazienti ricoverati negli ospedali, di cui uno solo in terapia intensiva. Quest’anno al 14 agosto i ricoverati erano 45, di cui sei in terapia intensiva. Eppure il 66,8% della popolazione marchigiana ha completato il ciclo vaccinale (907.589 persone), il 74,3% ha ricevuto almeno una dose di vaccino (1.010.545) e il 25,7% non ha ricevuto alcuna dose (348.971). I dati sono aggiornati al 12 agosto, e nel calcolo delle percentuali non è stata presa l’intera popolazione regionale ma la platea interessata, cioè gli over 12, pari a 1.359.516 di persone.
Ora torniamo alla domanda iniziale: può la variante Delta da sola a spiegare questi dati esponenzialmente più alti nel periodo meno adatto al diffondersi del virus, cioè l’estate? E ancora, visto che i dati forniti dalla Regione dicono che 99 contagi su 100 avvengono tra persone che non hanno completato il ciclo vaccinale, il restante 33% circa che ancora non l’ha completato può bastare a giustificare questo peggioramento dei numeri rispetto all’anno scorso?
Le risposte ce le fornisce Stefano Menzo, docente di Microbiologia e Virologia all’Università politecnica delle Marche e direttore del laboratorio di Virologia degli Ospedali Riuniti di Ancona.
«L’anno scorso – spiega Menzo – il virus era quasi scomparso, ne circolava pochissimo e questo perché arrivavamo dal lockdown. La chiusura totale si era rilevata una misura molto efficace. Questo non vuol dire che si sarebbe dovuto fare lo stesso, quella era una misura estrema. Quest’anno abbiamo i vaccini, anche se la volontarietà rappresenta un limite». La prima possibile spiegazione, quindi, è che il lockdown totale dell’anno scorso aveva di fatto azzerato la circolazione del virus.
Poi c’è la variante Delta, come altra spiegazione plausibile. «Consente al virus di diffondersi più rapidamente – continua Menzo – e l’anno scorso non c’era. Inoltre elude in parte l’effetto del vaccino, che mantiene comunque la sua efficacia. A questo bisogna aggiungere che la vaccinazione non è stata così pervasiva e le adesioni iniziano a mancare. Basti pensare che a Malta, con l’80% della popolazione vaccinata, il virus ancora continua a circolare in parte e non credo che noi riusciremo a superare quelle percentuali a settembre».
L’inizio dell’autunno potrebbe così rappresentare un problema, soprattutto se si parte da una base di contagi ancora più alta dell’anno scorso.
«E’ facile prevedere un aumento di casi con la ripresa a pieno delle attività e la riapertura delle scuole – sottolinea il professore – e credo che non sia saggio continuare a parametrare le zone di rischio e le conseguenti restrizioni con i posti letto occupati negli ospedali, perché così è come se si accettasse il sacrificio della vita di qualcuno per continuare a muoversi liberamente». L’unica difesa perciò resta il vaccino.
«Bisogna capire – evidenzia infatti Menzo – che anche gli asintomatici sono un danno per la società perché mettono i bastoni tra le ruote al sistema sanitario. Se ne troviamo uno in reparto, siamo costretti a chiudere, a trasferire il personale e tutto ciò crea problemi tali che non consentono cure ottimali per le altre patologie, anche se i ricoveri e le morti da Covid sono pochi».
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