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Castagne di Acquasanta
sotto osservazione:
sono minacciate
da un nuovo virus

UNA DELLE eccellenze del territorio minacciata da virus e germi. L’impegno, anche economico, di Regione e Comune per colmare lacune storiche. L’opera di Ascenzio Santini, un montanaro, di prezioso supporto ai laboratori di cinque Atenei, da ultimo quello di Padova, al fianco dei ricercatori inviati nei castagneti dell’Acquasantano
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di Walter Luzi

 

Il montanaro e i professori universitari. Tutti al capezzale della castagna dell’acquasantano. Una delle eccellenze del nostro territorio montano minacciata anch’essa da un nuovo virus. Ascenzio Santini, appassionato e preparato castagnicoltore di Umito, ha guidato nei boschi professori ed analisti di laboratori universitari giunti da mezza Italia. Da ultimi i giovani ricercatori dell’ateneo di Padova scesi nell’acquasantano per tentare di proteggere una delle ricchezze più grandi e rinomate della nostra terra.

«Solo nell’acquasantano – spiega Santini – si raccolgono la metà delle castagne delle Marche. Prima dell’istituzione della provincia di Fermo, il Piceno, da solo, superava il 90%». Mentre il covid tiene sotto scacco il mondo intero, da oltre un anno e mezzo, il virus che minaccia il prezioso achenio delle nostre montagne, isolato dal professor Sergio Murolo del Dipartimento di Genetica Agraria dell’Università di Ancona, è stato chiamato “Umito It 39”.

Dal nome della piccola frazione acquasantana, prima linea della lotta alle nuove patologie che minacciano la castagnicoltura picena e italiana. E in prima linea, sul campo, nei castagneti fra i più ricchi ed estesi della regione, l’alleato più prezioso di professori universitari del calibro di Carlo Urbinati, è, appunto, Ascenzio. La sua famiglia vive quassù da generazioni. Sui Monti della Laga. Una delle ultime wilderness italiane. Parte di un popolo perfettamente integrato con un territorio aspro, quasi incontaminato, e di bellezza naturale non comune.

Un ambiente generoso di risorse, (carbone un tempo, e poi legna, funghi, un po’ di tartufi, e, ovviamente, castagne, le principali) con il quale l’uomo è abituato a vivere in simbiosi. Gente di montagna, tosta e risoluta. Che da questi boschi, da sempre, trae sostentamento e, nel contempo, ne è rigoroso custode. Gente legata alle proprie radici e tradizioni. Che, soprattutto, ama profondamente questi posti. Dove è nata e ha scelto di rimanere, nonostante, piaghe più recenti, terremoti e pandemia. Gente valorosa, abituata a lottare e a soffrire. Gente che ha scritto con il proprio sangue, su queste montagne, anche le pagine più gloriose, e dolorose, della Resistenza nel Piceno.

Ascenzio è grande conoscitore della materia, grazie a nozioni affinate da mezzo secolo di esperienze maturate sul campo. Affondando le sue mani nella terra, sezionando i frutti, scrutando ricci, le foglie, i tronchi. Per decenni. Abbandonò gli studi alla facoltà di Agraria di Perugia a pochi esami dalla laurea. La signora Emidia, sua madre, scomparsa recentemente a novantatre anni, non glielo ha mai perdonato, ma lui aveva fretta di mettere in pratica quello che aveva già appreso. In montagna. All’aria aperta. Che ha sempre dimostrato di amare più di ogni altra cosa al mondo, rifiutando, più volte, diverse buone offerte di impiego in città. Dove la vita è più comoda, ma l’aria non è la stessa. Scommettendo sulle potenzialità della sua montagna, sulla possibilità di poterci ricavare di che vivere dignitosamente. Scommessa vinta.

Con la sua azienda agricola messa su mezzo secolo fa, una fattoria didattica meta di visite guidate e gite scolastiche, con annesso museo storico dell’aratro. E poi, dal 2001, con l’omonimo ristorante e agriturismo Laga Nord, posto di ritrovo e conforto per tutti gli escursionisti di passaggio da e per questo versante dei Monti della Laga. Fra i più belli, e meno conosciuti. Il Laga Nord, frequentato punto di ristoro, ultimo avamposto di modernità prima del tuffo nel grande verde, nella natura quasi intatta di questi boschi, con i loro mille ruscelli a primavera, e le sue stupende cascate, nascoste come tesori.

Ma torniamo alle castagne. Il nemico, dopo la vespa cinese, ora è il mal d’inchiostro, come è comunemente chiamato. Una proliferazione anomala di tannino, una volta raccolto e utilizzato come colorante nella concia delle pelli. La pitosfora cambivora è il suo nome scientifico. Che si spera di poter riuscire a neutralizzare con un sale minerale. Si sta lavorando ad un fosfito di potassio. Sperando che funzioni.

«Si deve dare atto alla nuova giunta regionale – continua sempre Ascenzio Santini – e all’Amministrazione comunale acquasantana, del massimo impegno profuso per fronteggiare questa emergenza finanziando approfondite indagini di laboratorio. L’assessore regionale Guido Castelli, il sindaco Sante Stangoni e l’assessore comunale Luigi Capriotti con il presidente del Bim, Luigi Contisciani, hanno dimostrato grande sensibilità e disponibilità rispetto a questo problema. Nei laboratori di Ancona, Padova, Bari e Bologna stanno tentando di isolare, in campioni di terreno e piante selvatiche che abbiamo inviato, il fungo killer che ha già ucciso piante ultracentenarie. Dobbiamo fare di tutto per preservare i nostri castagneti così ricchi di specie. Io ho fatto iscrivere, nel 2019, ben cinque nuove varietà di cultivar, tre di marroni (Gentile, Classico e Rugoso) e due di castagne, al repertorio regionale Arsam. E stiamo lavorando con i vari laboratori universitari di Ancona, Bari, San Michele all’Adige e Parigi per proteggere nel modo migliore anche le specie marroncino di Colle San Marco e dell’Ascensione».

Quest’anno il raccolto si preannuncia abbondante. La siccità ha favorito la crescita, il numero e le dimensioni dei frutti. Tante le tradizionali sagre della castagna che bussano alle porte. Un’altra ripartenza che serve anche, e soprattutto, ad esorcizzare le mille paure innescate dalla pandemia.

«Stiamo esaminando, finalmente, anche le affinità genetiche – continua Santini – recuperando così il terreno perduto sotto questo aspetto, con l’analisi delle specifiche proprietà chimico-fisiche ed organolettiche delle nostre castagne. Valori di zuccheri e fibre che dovrebbero collocare la nostra castagna fra le più dolci d’Italia».

Sarebbe un’altra bella soddisfazione per i coltivatori di una Comunanza già fregiata del certificato ambientale P.E.F.C. (Programme for Endorement of Forest Certification). Una garanzia di tutela e corretta gestione, ecosostenibile e virtuosa, delle aree boschive. Un approccio moderno e ancor più preparato, responsabile allo sfruttamento delle risorse naturali, ma soprattutto alla loro salvaguardia in favore della intera collettività. Per questo si battono, da almeno  un ventennio, i montanari come Ascenzio Santini. Che presta gratis, solo per passione, la sua apprezzata consulenza al fianco dei ricercatori. Chissà se quella laurea in materia, mancata di un soffio in gioventù, non possa un giorno essergli attribuita, da uno dei tanti atenei con i quali collabora, Honoris Causa. Sarebbe più che meritata.

 

 


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