di Maria Nerina Galiè
Un proiettile di circa 20 chili – questo è il peso di una bombola di ossigeno – è schizzato via dalle mani di un operatore sanitario per conficcarsi all’interno del tunnel della Risonanza Magnetica. Per puro miracolo nella sua traiettoria, rapida e violenta, non ha incontrato nessuno. Altrimenti ieri pomeriggio, all’ospedale “Madonna del Soccorso” di San Benedetto si sarebbe parlato di tragedia.
«Si è trattato di un incidente, grave per quello che poteva accadere e per i danni materiali causati, ma “per fortuna” solo quelli». A parlare è il dottor Carlo Marinucci, direttore della struttura complessa della Radiologia dell’Area Vasta 5 che si trovava proprio a San Benedetto, quando si è verificato il fatto.
«La macchina per la Risonanza – ha spiegato il primaio – è una grossa calamita. Per questo motivo è rigorosamente vietato entrare nella stanza, dove è collocata, con oggetti metallici o dispositivi elettromagnetici. Il personale lo sa bene. Ieri purtroppo c’è stato un imprevisto».
Solo danni materiali, non si sa ancora di che entità. Ed il disagio di non poter garantire il servizio, almeno nell’immediato, all’utenza. Ma si cercano soluzioni.
IL FATTO – Un paziente intubato della Rianimazione aveva bisogno di essere sottoposto ad una Risonanza. Come prevede la procedura, all’ingresso dell’apposita stanza, gli è stata tolta la bombola di ossigeno per essere attaccato al dispositivo di ossigenazione artificiale, presente nel locale proprio per casi come questo.
Fatto l’esame – presenti oltre al paziente anche il medico della Rianimazione, il tecnico radiologo ed un infermiere – l’uomo è stato preparato per essere riportato in reparto. E’ stato quindi staccato dall’impianto di ossigenazione e posizionato sulla barella. Fuori dalla stanza c’era un’infermiera con la bombola in mano, pronta per ricollegarla immediatamente al tubo endotracheale. Il problema è stato che, forse per sbrigarsi a ridare ossigeno al paziente, è entrata nella stanza della Risonanza con la bombola in mano. Un passo, forse due di troppo. In un secondo la pesante bombola è stata attratta violentemente dal magnete, come un proiettile appunto, ed è entrata all’interno del macchinario dove poco prima c’era il paziente.
L’impatto ha provocato la fuoriuscita di elio, il gas liquido che si trova all’interno del macchinario per raffreddare il magnete: pochi secondi ed avrebbe reso l’aria irrespirabile se non fosse stata applicata subito la procedura d’emergenza.
«Questa prevede l’attivazione, attraverso un pulsante, di un sistema che permette all’elio di dissiparsi all’esterno», ha chiarito il dottor Marinucci.
Impietriti – ma sani e salvi – tutti i presenti, compresa l’infermiera che nulla ha potuto per trattenere la bombola e contrastare l’attrazione del magnete.
LE CONSEGUENZE – Immediatamente si sono trovati sul posto il dottor Marinucci, il responsabile della Radiologia di San Benedetto, il dottor Alessandro Barbari, il fisico sanitario dell’Area Vasta 5 Luciano D’Angelo. Hanno appurato come si sono svolti i fatti e, come prevede la legge, hanno relazionato all’Asur ma anche inviato il modulo di segnalazione di “evento avverso” al Ministero della Salute.
«E’ ancora presto per la conta dei danni – ha precisato Marinucci – la ditta incaricata , che ha fatto il sopralluogo stamattina (21 ottobre, ndr) ha parlato di almeno una decina di giorni. Ma probabilmente non basteranno. Contiamo di dover fare a meno del macchinario per più tempo, forse anche una ventina di giorni».
«Il macchinario non è nuovo – ha continuato il primario – è, anzi, quasi a fine vita ed è già stato avviato l’iter per la sostituzione. Ma i tempi della burocrazia sono lunghi.
Alla luce dell’incidente, provvederò a sollecitare. Perché non si esclude che il danno sia grave. In ogni caso, per la sostituzione, si parla di un mese, anche un mese e mezzo.
Poi – è sempre Marinucci che parla – c’è un altro problema. Ammesso che la Risonanza si ripari, velocemente, l’elio è andato a ruba per via del Covid, non è facile averlo disponibile in breve tempo».
Nel frattempo rischiano di allungarsi le liste di attesa, per un esame molto richiesto, e c’è il problema di dover sottoporre all’esame dei pazienti ricoverati.
«La macchina danneggiata – ha sottolineato il primari di Radiologia – è quella chiusa, più potente di quella aperta che però si può usare intanto. In qualche modo dobbiamo risolvere.
Penso sia da escludere, se non strettamente necessario, dirottare l’utenza ad Ascoli che ha già le liste strapiene. Ho proposto di fare una convenzione con le strutture private che dispongono del macchinario. In caso di bisogno, in altre occasioni, è stato fatto così».
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