di Maria Nerina Galiè
Sono oltre 100 le classi dove è stata sospesa l’attività didattica in presenza nel Piceno, 59 con alunni in quarantena disposta dal Dipartimento di prevenzione, le altre per decisione dei presidi che, in attesa del provvedimento ufficiale, hanno attivato la dad appena avuta notizia di un caso di positività al Covid. Il dato è stabile da oltre una settimana ma la situazione in continuo cambiamento: per tanti ragazzi che tornano a scuola, altrettanti vengono lasciati a casa.
Ma cosa cambia tra le due soluzioni, quarantena disposta dalle autorità sanitarie e decisione dei presidi, per gli studenti e, quindi, per le famiglie?
A rispondere è la dottoressa Alessandra Ricciardi, dirigente medico del Servizio Igiene e Sanità pubblica dell’Area Vasta 5 ed alla quale è stato delegato il settore scuole.
Non cambia nulla sul fattore tempo:
«La quarantena si calcola dall’ultimo giorno di contatto con il positivo. I presidi mettono in dad, non potendo disporre la quarantena. Va da sé che è consigliabile limitare frequentazioni sociali anche in assenza del provvedimento ufficiale.
La quarantena – continua la Ricciardi – termina con un tampone negativo, molecolare o antigenico, dopo 7 giorni dall’ultimo contatto con il positivo, per gli alunni vaccinati, dopo 10 per i non vaccinati».
Come comportarsi in caso di sintomi?
«Se gli alunni manifestano sintomi sospetti – è sempre la Ricciardi che parla – i genitori devono allertare il pediatra o il medico famiglia, che valuteranno se è opportuno prenotare il tampone ed organizzerà il percorso».
Tornando ai tamponi dottoressa, gli alunni che sono a casa, per ritenersi “liberi”, devono attendere per forza la vostra chiamata?
«In assenza di sintomi sospetti il genitore può sottoporre il proprio figlio al tampone, su iniziativa personale. Ma attenzione, se non è fatto in settima o in decima giornata a seconda dello stato vaccinale, questo è utile solo per un controllo, non ai fini della risoluzione anticipata della quarantena».
Oltre al fattore temporale, per essere ritenuti validi per uscire dalla “reclusione” obbligatoria, i tamponi possono essere svolti in strutture private?
«Partiamo dal presupposto che, per un criterio di equità sociale, si cerca di farli a tutti gratuitamente e di evitare il ricorso al privato per evitare diseguaglianze. Di solito si riescono a fare con l’Asur, in un unica sessione.
Può capitare che la nostra chiamata arrivi dopo il settimo giorno o addirittura dopo il decimo, dal contatto. Non sempre, purtroppo, si riescono a garantire i tempi perché dipende da quante classi ci sono da tamponare contemporaneamente e dalla disponibilità di personale infermieristico che possa effettuare gli esami.
Quindi sì, il genitore può fare l’esame in posti diversi da quelli istituiti dalla Sanità pubblica. Tuttavia, sarebbe preferibile rivolgersi alle strutture pubbliche, perché se il tampone è fatto privatamente diventa più difficile il ritorno di informazione. Noi non vediamo in tempo reale gli esiti dei laboratori privati. Talvolta i genitori si affidano anche ai pediatri di libera scelta o ai medici di famiglia per prenotare l’esame nei nostri punti prelievo ed in questo modo riusciamo a visualizzare gli esiti in tempo reale».
Poi, la responsabile delle scuole per il Sisp spiega anche che «in questo periodo ci troviamo in un momento di grande difficoltà dato l’aumento esponenziale dei casi» e, di conseguenza, è necessario stabilire un criterio di priorità.
«C’è l’ordine cronologico delle segnalazioni. Ma dobbiamo tener conto anche delle scuole più colpite e delle fasce di età degli alunni. I piccolini di nido e infanzia non indossano le mascherine, quindi il rischio di diffusione del virus è maggiore. I ragazzi delle elementari le indossano ma non sempre come andrebbe fatto. Altro fattore di rischio».
Infine l’auspicio della dottoressa Ricciardi: «Speriamo di uscirne presto. Per ora non si può che ringraziare i dirigenti scolastici e referenti Covid delle scuole, che danno un prezioso contributo nel gestire le quarantene scolastiche».
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