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Ricoveri Covid: Pronto Soccorso
del “Mazzoni” al collasso

ASCOLI - Sono ancora gli operatori a lanciare il grido di allarme: continui e numerosi gli accessi dei contagiati ma anche dei sospetti. La maggior parte del lavoro è sulle spalle degli infermieri che fanno il turno nell'ot rossa, fino a massimo 4 ore, per poi tornare nell'ot "pulita": «Non c'è un momento di tregua»
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Il Pronto Soccorso del “Mazzoni” di Ascoli

 

di Maria Nerina Galiè

 

Sul fronte dei ricoveri Covid il sistema ospedaliero regionale non è in apnea, ma quasi. Invece, il Pronto Soccorso dell’ospedale “Mazzoni” di Ascoli è al collasso. L’apertura della Pneumo Covid ha solo parzialmente ridotto il problema, assorbendo subito i pazienti che erano da ospedalizzare, per riempirsi subito. E’ stata riconvertita la Rsa di Ripatransone, per pazienti non gravi ma che hanno bisogno di assistenza.

Non è stata  risolta, però, la criticità legata agli accessi al Pronto Soccorso, in numero elevato e con un ricambio costante, tra sospetti e contagiati che si vanno ad aggiungere ai cittadini che, per altri motivi, devono ricorrere alle cure urgenti. Ieri l’osservatorio regionale annoverava 5 pazienti Covid al Pronto Soccorso del “Madonna del Soccorso” di San Benedetto e 7 a quello del “Mazzoni”, dove nel corso del pomeriggio sono arrivato 10. In serata ne erano rimasti 5. Già stamattina sono attesi altri 2.

Gli infermieri in particolare non ce la fanno più, soprattutto la notte. Sono soli – poiché i medici intervengono solo se necessario, proprio per limitare la vestizione e svestizione – a gestire i Covid, 9 posti più due per eventuali intubati, da monitorare a turno, vestendo con i presidi adeguati per massimo 4 ore, trascorse le quali tuta e mascherina non garantiscono più la protezione necessaria. Nel reparto Covid i pazienti sono molto ben assisiti, ci sono i C-pap, i sistemi di ventilazione assistita. Ma non sono locali a pressione negativa. Gli operatori devono fare molta attenzione e la pressione, anche psicologica, è alta.

Poi, via i panni da area Covid per rimettere subito, la divisa da Pronto Soccorso “pulito”, senza un attimo di tregua o ricambio. Si parla di Ot “pulito” che, per rimanere tale, richiede l’isolamento iniziale dei sospetti, «non si può mai sapere chi “bussa alla porta” e la notte non c’è nemmeno il pre triage a fare da filtro», riferiscono gli operatori.

«Una donna – raccontano – qualche giorno fa è arrivata per un trauma cranico da caduta all’indietro. Al controllo di rito, aveva 38 di febbre. Tampone subito, come per tutti: era positiva. Tutti i sospetti, o coloro che necessitano di ricovero, prima dell’esito del tampone sono lasciati in attesa in un’apposita stanza. Ma non da soli. Noi infermieri dobbiamo esserci».

Ed è così per tutti quelli che arrivano per febbre, diarrea e tosse: se contagiati, vengono messi nell’Ot rossa, che spesso è piena: «Abbiamo dovuto lasciare in ambulanza, fuori dal Pronto Soccorso, un paziente positivo che non sapevamo dove mettere, in quanto l’Ot rossa era piena. E’ rimasto lì per qualche ora», sono ancora le parole di un infermiere.

In questo periodo, tra i ricoverati, molti hanno circa 50 anni. Alcuni non sono vaccinati, ma altri sì, perché il virus è molto contagioso e la risposta immunitaria al vaccino non è uguale per tutti. E’ pur vero che diversi di questi pazienti che arrivano al Pronto Soccorso, poi tornano a casa. Ma il momento dell’accoglienza, dei controlli e dell’avvio delle procedure, della visita di controllo del medico del Pronto Soccorso, della Tac, resta a carico del personale dell’emergenza.  Se poi c’è bisogno del ricovero, a stabilirlo è il consulto con lo pneumlogo, i pazienti vengono assorbiti dalla rete regionale.

 

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