«Le persone che si prenotano avranno la certezza di essere vaccinati entro la fine di gennaio, non c’è la necessità di correre agli open day».
Sono le parole dell’assessore regionale alla Sanità Filippo Saltamartini, che interviene dopo il caos che si è visto stamattina negli hub marchigiani dove erano previsti gli open day, per tutta una serie di fattori: dall’obbligo vaccinale introdotto per gli over 50 alle mutate disposizioni sul green pass rafforzato.
Per questo Saltamartini tenta di rassicurare sul fatto che con il sistema già collaudato di prenotazioni si riesca a vaccinare tutti i 420.000 marchigiani che dovranno fare la terza dose entro il 31 gennaio, senza per questo dover affollare gli hub durante gli open day.
«Questo degli open day – continua Saltamartini – è stato pensato come un rimedio eccezionale per un finalità specifica: vaccinare le persone che ancora non hanno la prima dose ed evitare che possano ammalarsi seriamente o al massimo coloro che hanno una scadenza più antica e magari si sono scordati di fare la seconda o la terza dose nei mesi passati. Per tutti gli altri non ha senso correre agli open day. Alla fine di gennaio saranno 420.000 i marchigiani che dovranno fare la terza dose, tenendo conto che dal 10 gennaio la copertura delle due dosi si abbassa a 4 mesi, quindi è impensabile che tutta questa mole di persone possa vaccinarsi negli open day. Per questo abbiamo riattivato tutto il percorso di prenotazioni, che in questi ultimi giorni ci ha permesso di vaccinare 18.000 persone circa al giorno».
«Lo strumento principale per vaccinarsi, dunque, resta sempre la prenotazione -ribadisce-. Mentre gli open day sono appunto dei rimedi eccezionali, altrimenti diventano un’occasione di contagio. Tra l’altro, durante gli open day, si conta quanti medici ci sono a disposizione, quante ore prevede il turno e, calcolando una vaccinazione ogni tre minuti, si riforniscono gli hub delle dosi necessarie, mentre alle persone in attesa viene fornito un numero corrispondente».
Come a dire, inutile attendere in fila se si ha per esempio il numero 351 e i vaccini sono 350.
«Occorre valutare – conclude l’assessore – che questo è un virus che ha mutato le sue caratteristiche e quindi anche noi dobbiamo adeguare l’organizzazione sanitaria in base alle nuove conoscenze scientifiche. I detrattori potranno dire qualunque cosa, ma sono poche in Italia le regioni che fanno 18.000 tamponi al giorno».
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