di Maria Nerina Galiè
Non c’è un nuovo piano industriale (il vecchio è scaduto a dicembre 2021) e degli investimenti previsti – nuovi modelli e processi produttivi innovativi – non si è avuto sentore all’interno dello stabilimento Whirlpool di Comunanza, dove le Rsu si dicono piuttosto preoccupate, anche di fronte alla notizia – di cui affermano di avere certezza – del raddoppio della produttività dello stabilimento polacco: «Passerà da un milione e 700.000 lavatrici l’anno a 3 milioni e mezzo».
«Negli ultimi due anni, ogni tavolo nazionale è stato incentrato sulle sorti di Napoli – affermano i rappresentanti dei lavoratori- che intanto ha chiuso, mandando a casa gli oltre 300 lavoratori, in attesa della promessa reindustrializzazione».
La paura, per i lavoratori del sito piceno, è di fare la stessa fine, sebbene il 2021 si sia chiuso bene: «La produzione è stata poco al di sotto di quanto previsto: 677.000 pezzi contro 690.000. Ma da vent’anni realizziamo lo stesso modello di lavabiancheria, mentre si era parlato di introdurne uno nuovo».
Dei livelli produttivi raggiunti fanno parte anche i 50.000 pezzi di lavasciuga da 8-9 chili, tornati dalla Polonia dopo una lunga trattativa. Ma non basta per le Rsu «al fine di dichiarare Comunanza in grado di sostenersi».
Sempre nel 2021, se nella prima metà lo stabilimento ha registrato giorni di fermo produttivo, legato anche alla pandemia, «da giugno – sono ancora le Rsu che parlano – c’è stata un’impennata delle vendite che ha richiesto anche ore di straordinario». Buone notizie, ma non sufficienti a dissipare i dubbi sul futuro del sito comunanzese, centro industriale di riferimento per tutta l’area montana, tra dipendenti che arrivano da un ampio territorio (anche da Ascoli e dalla Vallata del Tronto) e l’indotto che sostiene.
«Le prospettive sono di lavorare molto nel 2022, almeno nei primi tre mesi, ma dopo? Non si nomina nemmeno un nuovo piano industriale, dal quale potremmo avere garanzie sul futuro – affermano i sindacalisti aziendali – e la sensazione, motivata, è che l’azienda voglia affrontare l’argomento nell’ambito di assemblee territoriali. Ma a noi questo non sta bene. Si va ad azzerare la forza del gruppo che, invece, avrebbe molto più peso in un tavolo nazionale».
Cosa è mancato degli investimenti previsti?
«Tra i 19 milioni di euro, 5 dovevano essere impiegati per un impianto di collaudo, che doveva diventare una nostra specifica. In realtà il macchinario è stato acquistato, per 3 milioni di euro, e portato qui. Ma non è stato mai installato. L’azienda ha ritenuto non produttivo il completamento dell’investimento.
Si era parlato di un modello di lavatrice innovativo, la Unika. Non se ne è saputo più nulla. Comunanza e Siena sono stati esclusi dall’impiego del metodo Wcm (World Class Manufacturing), teso a migliorare i sistemi produttivi».
Ed ancora, uffici semi vuoti: «Coloro che sono andati via con gli incentivi non sono stati rimpiazzati, anzi, i posti vacanti sono ricoperti accorpando le funzioni – dicono le Rsu – ed una direzione spesso assente con l’avvicendarsi continuo di figure in ruoli fondamentali per lo stabilimento. Lo stesso direttore è a scavalco con lo stabilimento di Napoli, dove a seguito delle chiusura ci si deve occupare della vendita dell’area del sito, dello smantellamento e della reindustrializzazione.
Stiamo andando avanti, ma l’impressione è stiamo andando alla deriva»
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