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Emidio Luzi,
il padre fondatore
della “Pavimarket”

ASCOLI - A ventidue anni dalla prematura scomparsa, rivive la figura di Emidio Luzi, fra i primi posatori di linoleum delle Marche. L’infanzia sofferta, la passione per il suo lavoro, il testimone raccolto dai due figli e, oggi, dai nipoti. Epoche e mentalità diverse a confronto. La storia della sua vita e, parallelamente, quella del linoleum, capostipite delle pavimentazioni resilienti, ecocompatibile per antonomasia, unica ad essere prodotta ancora dalla Tarkett in Italia
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La festa per il Trentennale dell’azienda nel 2016. Nel riquadro Emidio Luzi

 

L’inaugurazione showroom di Ascoli nel 1992

Emidio Luzi è stato uno dei primi posatori di linoleum delle Marche. Noi figli ce ne siamo sempre vantati. E non è stato questo, certamente, l’unico motivo di orgoglio di averlo avuto come padre. Ha fondato l’azienda di famiglia, la Pavimarket, realizzando un sogno e lavorando con noi fino all’ultimo giorno della sua vita. Ci ha voluto, noi due figli, suoi soci alla pari. Fin dalla nascita. Se siamo arrivati fino a qui, dopo una vita trascorsa nel settore delle pavimentazioni resilienti, lo dobbiamo solo a lui. Ci ha trasmesso la sua grande passione per questo lavoro, ci insegnato la nobiltà, il “piacere” delle fatiche e dei sacrifici che esso comporta, ci ha inculcato la preferenza per la soddisfazione del risultato, rispetto alla gratificazione per il profitto economico.

 

Emidio con i figli nel 1986

Infatti non ci siamo arricchiti, ma, e questa era la cosa più importante per lui, l’unica che contasse veramente nella vita, siamo potuti andare sempre a testa alta. Come lui. Che ha considerato sempre la stima di tutti come una ricchezza ben più importante e preziosa del saldo sul proprio conto corrente in banca.

 

Ci fa piacere raccontarvi la vita di questo grand’uomo. I più giovani è bene che sappiano, che conoscano com’era la vita, quella vera, di un tempo, e lo spirito che animava le persone. I meno giovani invece potranno rivivere, con un pizzico di nostalgia, la loro epoca ormai lontana. Quando mancava tutto, e bastava poco per essere felici. E certamente lo si era, a ben guardare oggi da qui, ma senza saperlo.

 

Emidio negli anni Ottanta

Raccontiamo la sua storia perchè, e nonostante, molti dei suoi insegnamenti, nel mondo di oggi, sembrano essere caduti completamente in disuso, e i principi che ne hanno ispirato la vita, antiquati, da ridergli dietro persino, in questi tempi moderni. Ci piace sottolineare anche le assonanze, paragone azzardato ma calzante, fra una persona come lui e un materiale come il linoleum. Che hanno infatti le stesse caratteristiche. Fatti entrambi di ricette antiche e naturali, pochi, genuini ingredienti, accomunati da tradizioni solide, spirito nobile e virtù storiche. Hanno, entrambi, un’anima e una struttura che non si snaturano, non si contaminano, non si rinnegano, con lo scorrere degli anni e gli input del progresso, spesso solo presunto, di tecnologie e materiali, il mutamento malato dei valori, e il succedersi di mode prepotenti, sovente passeggere.

 

Emidio negli anni Quaranta

Emidio Luzi e il linoleum hanno resistito a tutto. Più forti di tutto. Si sono incontrati nel marzo del 1955. A ventiquattro anni Emidio è andato in treno fino a Milano, con la maniglia della sua valigetta di cartone stretta nella mano già callosa. E’ lì per frequentare uno dei corsi di addestramento che la Società del Linoleum organizza per formare e qualificare anche in Italia i futuri posatori di questa innovativa e, per certi versi, rivoluzionaria pavimentazione. La capostipite delle pavimentazioni resilienti conta, per altro, già un secolo di vita.

 

Uno scozzese, Frederik Walton (1833-1928), aveva inventato infatti il linoleum nel 1864, sulla scia della precedente intuizione di un’altro inglese, Galloway, mescolando l’olio di lino alla polvere di sughero calandrata su tela. E’ la nascita di una pavimentazione straordinaria che presto verrà conosciuta e apprezzata in tutto il mondo. Gli allievi posatori arrivano a Milano da tutta Italia. Dalle Marche si ritrovano solo in due. Comincia quel giorno, il 3 marzo 1955, l’amore di Emidio Luzi per il linoleum.

 

Emidio Luzi negli anni Cinquanta

L’istruttore erudisce con saggezza gli allievi . «Nel vostro lavoro vi potrà succedere di sbagliare – dice loro – ma voi dovrete imparare a porvi rimedio, perchè vi sarà impossibile non sbagliare mai. L’importante è che sappiate sempre come riparare ai vostri errori». Anche ad Emidio hanno consegnato una piccola cassetta di legno con il portellino superiore incernierato dove riporre i pochi, rudimentali, attrezzi. Dentro ci sono i ronchetti con il manico di legno. Le loro lame ricurve si affilano, all’occorrenza, a mano, con la cota, la piccola pietra smerigliatrice. E poi le spatole dentate per stendere la colla, il martello tenditore, con quella strana forma, che serve a far fuoriuscire le bolle d’aria rimaste imprigionate sotto la pavimentazione dopo l’incollaggio, il battifilo con il prezioso contenitore in ottone, che funziona ancora oggi.

 

La cassetta degli attrezzi per la posa del linoleum del 1955

Abbiamo conservato infatti, gelosamente, tutto quello che siamo riusciti a recuperare, perchè oggi, invece, si butta, presto, ogni cosa. Attrezzi, oggi, più o meno tutti, usa e getta, senza valore proprio perchè senza passato e senza futuro. Ci sembra giusto, bello e doveroso invece conservare nel modo migliore, con quei piccoli utensili, anche i sentimenti, la Memoria, l’anima, di nostro padre e di un tempo migliore. Che ci ricordano ogni giorno chi siamo, e da dove veniamo.

 

Emidio sotto le armi

Lui, Emidio Luzi, viene dalla terra, della quale resterà sempre innamorato, devoto. La sua famiglia è conociuta a Poggio di Bretta come quella d’ P’sè. Una famiglia di contadini, come quasi tutte allora. E, come tutte, fatta di fatica, tanta, spesso accompagnata da altrettanta miseria. E dalla fame, che negli anni della guerra, nella quale il Duce scaraventa l’Italia intera, aumenta. La sua mamma, Palma Passaretti, arriva ad attaccarsi lei al posto dei buoi, per trascinare l’aratro. Pur di poter così seminare quei campi, nella speranza di raccogliere, mesi dopo, con l’aiuto di Dio, un pò di grano, dal quale ottenere farina, che significa pane, che significa vita, per i suoi figli. Emma, Lucia, Pietro, Mario, Emidio, Ado. Venuti tutti quanti, davvero, come dice la canzone, al mondo come conigli. E fortuna che dopo le prime due femmine, una autentica iattura questa per l’epoca, erano arrivati quattro maschi. Sennò il padrone delle terre li avrebbe cacciati presto a pedate, lei e il marito Cesare, e messo al loro posto un’altra famiglia, più numerosa, soprattutto con molte più braccia, maschie e forti, a coltivare i propri terreni.

 

Emidio negli anni Sessanta

I quattro fratelli, in inverno, si dividono l’unico cappotto che c’è in casa, a turno, solo la domenica però, per andare a Messa. Le loro scarpe hanno i chiodini sotto la suola, per evitare di usurarne troppo precocemente il cuoio. Mamma Palma muore di tubercolosi, di fatiche e di stenti nel 1940, a quarantacinque anni. Emidio ne ha solo nove. La morte prematura della madre gli lascia il dolore e la fame. Questa, prima o poi, in qualche modo la superi, il dolore invece no. Quello ti resta dentro per sempre.

 

I fratelli Walter e Mario Luzi da bambini

A salvare Emidio e la sua famiglia dalla fame ci pensa Pietro, il più grande dei fratelli. A ventidue anni emigra in Belgio. Lassù infatti c’è grande richiesta di manovalanza nelle ricche miniere di carbone. Pietro Luzi, poco più di un ragazzo, cresciuto all’aria aperta nella campagna di Poggio di Bretta, si ritrova così, da un giorno all’altro, dentro quel pozzo nero. Che pare ogni giorno senza una fine, quando, insieme ai suoi compagni, quasi tutti italiani, rinchiusi e ammassati nelle gabbie degli ascensori, scendono veloci fino in fondo alla miniera. Dove tutto è, o diventa, presto, nero. Dove Pietro lascia gli anni migliori della sua gioventù, e una bella fetta della sua salute. Ma ad ogni giorno di paga, per otto anni, può spedire così quasi tutti i soldi che si suda in quei cunicoli bui, fino a  mille metri sotto terra, a casa. A Poggio di Bretta. Alla sua famiglia.

 

Agostino Tabani

Nel 1952 Emidio parte per il servizio militare di leva, che presta nei Granatieri di Sardegna alla “Cecchignola” di Roma. Il primo giorno gli consegnano il suo corredo, e quasi si mette a piangere per la gioia quando gli confermano che il cappotto è davvero tutto per lui. Che lo può indossare ogni giorno, se vuole. Quando torna a casa, Agostino Tabani, il padrone delle terre, ma anche illuminato antesignano dell’imprenditoria ascolana, lo vuole subito nella sua ditta siderurgica. La Simet. In fabbrica. Una delle prime a insediarsi nella neonata prima zona industriale di Ascoli. A Castagneti. La campagna nell’immediata periferia della città, la prima ad essere immolata sull’altare subdolo dell’industrializzazione selvaggia incombente, che presto dilagherà, improvvida, verso tutta la fertile vallata del Tronto.

 

Emidio (in piedi) con il fratello maggiore Pietro

E’ un imprenditore moderno, innovatore, dinamico, Agostino Tabani, che non vuole solo campare di rendita sul mercato della lavorazione del ferro per l’edilizia, pure fiorente sull’onda del nascente boom economico, dove fanno capolino, con il cemento armato, le prime costruzioni anti-sismiche. Investe sulle reti metalliche, sul termoplastico, e sul linoleum appunto. Sul futuro, in una parola. Assume nella sua ditta le prime donne operaie nell’industria della provincia, Fronteggia le prime agitazioni sindacali facendo scrivere a lettere cubitali in fabbrica “Il diritto è una conseguenza del dovere”.

 

Un assunto sacrosanto destinato, progressivamente, al completo oblìo nei decenni successivi. Ma io e mio fratello non ce le siamo mai dimenticate quelle parole scritte su quel muro. Vede giusto Agostino Tabani, scommettendo su questo giovanotto sveglio e pieno di voglia di fare, di lavorare, di apprendere soprattutto. E’ per questo che lo ha spedito, come raccontavamo prima, a Milano. A imparare bene come si fa a posare in opera questo pavimento del futuro dal nome difficile. Linoleum.

 

Emidio Luzi con i due figli negli anni Sessanta

Il corso dura ventidue giorni. Alla fine, il 31 marzo 1955, la Società del Linoleum gli paga anche i giorni di frequentazione del corso a millecinquecento lire l’uno, e gli liquida pure le spese di viaggio in treno di andata e il ritorno per un totale di 66.360 lire.

 

Quando torna nella sua città Emidio è smanioso di mettere in pratica quello che ha imparato. Il pionierismo è fatto di entusiasmo ed impegno, sempre condito di sudore e sacrificio, sperimentazione costante, e, talvolta, anche fatto di frustranti insuccessi. I livellanti, quasi sempre a base di gesso. sono infatti ancora improvvisati e poco affidabili. I collanti ancora a troppo lenta essiccazione e dalla presa approssimativa. Si deve provare e riprovare, sperimentare alternative. Le pavimentazioni posate, soprattutto lungo le giunture, devono essere così messe sotto peso sull’intera superfice. Cioè sotto quintali di sacchetti pieni di sabbia, che vanno issati al piano di posa insieme a tutto il resto dei materiali occorrenti, a poi rimossi dopo qualche giorno. Una fatica immane, sperando che sotto, alla fine, sia tutto ok. Tutto perfettamente incollato, senza bolle d’aria, o distacchi del sottofondo.

 

La Simet negli anni Sessanta

I rapidi progressi delle tecnologie e dei prodotti, sempre più performanti, faciliteranno per fortuna la vita ai posatori nei decenni successivi. La licenza di scuola elementare Emidio invece la consegue, con orgoglio, frequentando la scuola serale. L’amore per la sua Antonietta lo porta al matrimonio nell’aprile del 1956. L’anno dopo arriva Walter. Nel 1960 Mario. Che imparano presto a non dover mai litigare. Quando capita, il babbo neanche vuole saperlo cosa sia successo. Ci sbatte solo, ogni volta che succede, le nostre teste l’una contro l’altra. Abbiamo imparato così che litigando ci si fa solo male a vicenda. Lui ci fa respirare presto, fin da bamini, il buon profumo del linoleum, quando giocavamo a fargli da assistenti. Poi, crescendo, ci avvia subito, entrambi, al mestiere di posatore grazie alla Pavimenti Moderni del suo amico Franco Pierantozzi e di Giuliano e Pina Cittadini.

 

Lo stabilimento del Linoleum a Narni negli anni Trenta

Iniziammo con loro ad imparare il mestiere durante le vacanze estive. Anche se a scuola andavamo bene. Perchè lavorare, anche da ragazzini, non era inteso come un castigo, ma come un dovere. E non deve essere considerato, come accade oggi, un crimine. Serve a crescere, a maturare, a fare esperienza, a rendersi indipendenti, ad acquisire autostima e motivazioni, perchè la tua paga aumenta man mano che impari, che riesci a renderti sempre più utile a chi spende una parte del suo tempo per insegnarti a fare bene qualcosa. La società, allora, era fondata sui doveri, e non sui diritti. Come oggi. Dove tutti, in ogni campo, reclamano una montagna di  “diritti” a fronte di zero doveri. E poi ci lamentiamo.

 

Documenti del corso a Milano

La posa del linoleum, della moquette, e, più tardi, delle nuove pavimentazioni viniliche resilienti, resta la seconda, e più amata, attività di Emidio. Ci si dedica nei giorni festivi, spesso con il nostro aiuto. Fino al 1978, quando, dopo la morte di Tabani e la chiusura della fabbrica, crea, con due giovani soci, la Pavitecnica. Ha quarantacinque anni, ma l‘entusiasmo di un ragazzino. Dura poco. Ma i tempi sono ormai maturi per il grande passo. Per realizzare il suo grande sogno. Nel 1986 fonda, insieme ai due figli, la Pavimarket. Da zero. Ricchi solo di voglia di fare. Uffici e magazzino acquistati nella loro Poggio di Bretta con un mutuo. Clienti conquistati uno ad uno. Testa bassa e pedalare. Niente macchinoni e spese pazze. Solo lavoro, e ancora lavoro. Senza risparmio. Con serietà, competenza e, soprattutto, passione. Ginocchia che diventano piatte, schiene indolenzite ogni sera. Sacrifici che non pesano, perchè la strada è quella giusta.

 

Documenti del corso a Milano

Nel 1992 la società acquista un nuovo shwroom, in città stavolta. La vita e la mentalità dei soci non cambiano. Si resta tutti in ginocchio, ad incollare pavimenti e a moltiplicare apprezzamenti.  Il buon profumo del linoleum, sempre lo stesso, intenso e immutabile, come tutti I genuini sapori e i nobili sentimenti che fanno parte di una vita degna di essere vissuta, ci riporta ancora oggi indietro a quegli anni. A quei ritagli che profumavano di olio di lino, che bastava incidere in superfice per poterlo tagliare con precisione, rifilandone poi, delicatamente, il supporto sottostante in juta naturale. Naturale. Ecco la parola magica. Le grandi tematiche ambientaliste dei giorni nostri erano ancora di là da venire, ma il linoleum già, senza neppure saperlo, precorreva i tempi, segnava il sentiero da seguire. Quello giusto. L’unico percorribile, quando si era ancora in tempo. Quello della ecosostenibilità, delle fonti di energia e materie prime rinnovabili, del ciclo virtuoso di completo recupero e riciclaggio dei componenti base e degli scarti di lavorazione, dell’impatto zero sull’ambiente. Sulla Natura. Che la società dei consumi ha progressivamente violentato e semidistrutto in meno di duecento anni. Gli ultimi. Di, cosidetto, inarrestabile, e tossico, Progresso.

 

Manifesto pubblicitario del linoleum

E c’è un altro buon motivo per cui ci piace parlare del linoleum. Perchè è l’unica pavimentazione di qualità che ancora si produce in Italia. Nella vicina, verde Umbria. A Narni, in provincia di Terni. Con lo spirito e le condizioni di massima ecosostenibilità sopra ricordate. Emoziona sapere che siamo ancora capaci di produrre qualcosa di buono, di valido, di competitivo, in questo Paese. Mortificato e impoverito dalla vergognosa stagione delle delocalizzazioni selvagge dettate solo dalla ricerca perversa del massimo utile, che governi inetti, cronicamente e colpevolmente privi di una qualsiasi visione, di una degna, lungimirante politica di sviluppo, valorizzazione e occupazione, in ogni campo, non hanno saputo evitare.

 

Ci emoziona parlarne, come dicevamo, ancor più perchè gli storici impianti produttivi, oggi della multinazionale Tarkett, rilevati dalla Sommer, sono gli stessi nati a Narni nel 1887. Pronipoti di quella Società per la Fabbricazione e Commercio di oggetti in Caoutchouc, Guttaperga e Affini rilevata nel 1899 da Giovan Battista Pirelli per convertirla, con la fondazione della Società del Linoleum, alla produzione di questa pavimentazione che dura ancora oggi. Un resiliente dal fascino unico, figlio di una miscela di elementi completamente naturali, prodotto ancora, quasi completamente, come si iniziò a fare a Londra nel 1869, nello stabilimento Staines, da dove uscirono i primi rotoli di linoleum.

 

Manifesto pubblicitario del linoleum

Emidio Luzi finisce di respirare quel profumo all’alba del nuovo millennio. Troppo presto. E’ in pensione da qualche anno, ma non certo a riposo. Anzi. La Pavimarket ha assunto un dipendente e lui è più libero ora di passare con gioia le sue giornate ad assistere i muratori che stanno lavorando alla ristrutturazione della vecchia casa paterna, E’ riuscito infatti nell’impresa di realizzare anche un altro suo vecchio sogno. Liquidare tutti i numerosi eredi di quel rudere fatiscente per ricavarci le abitazioni dei suoi figli. E’ un luogo dell’anima, non una proprietà immobiliare, quella casa in cui io sono nato, e che anche il padre di mio nonno chiamava “La casa d’babb’”.

 

Emidio è felice perchè da qualche settimana siamo arrivati a coprire la struttura grezza con il tetto. E’ l’ultima gioia. Un ricovero ospedaliero a causa di dolori addominali che non passano. Un intervento chirurgico banale a cui è sottoposto a tarda sera, dopo il quale non riprenderà più conoscenza. Quattro giorni in Rianimazione utili solo per prepararci al peggio. Il filo sottile, al quale siamo tutti quanti appesi, che si spezza. Abbiamo donato i suoi organi perchè almeno qualcosa di lui possa continuare a vivere. A ridare vita a chi ne ha disperato bisogno. Sono passati ventidue anni, oggi, da quel giorno. In azienda, nella sua Pavimarket, sono entrati da poco a lavorare anche due dei suoi nipoti, Maria Antonietta e Sebastian. Nonno Emidio sarà contento.

 

Emidio Luzi

Emidio con Antonietta

Pietro Luzi con in braccio il piccolo Walter nel 1957

La sede della Pavimarket

Il logo aziendale del linoleum

 

 

 


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