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Immunizzata ma senza tampone:
«A scuola non può entrare»
Genitore si oppone, arrivano i Carabinieri

VALLATA DEL TRONTO - Accade in una scuola elementare, dove dopo ogni caso di positività per tornare in classe occorre avere un test negativo. La denuncia di un papà: «Mia figlia è guarita dal Covid giorni fa, trovo assurdo doverla sottoporre per l'ennesima volta ad ore di fila, al freddo, davanti a una farmacia, in mezzo ad altri potenziali contagiati. Perché può entrare in un ospedale ma non in aula per esercitare il proprio diritto all'istruzione? Stiamo crescendo i nostri bimbi in un clima di disagio, ai limiti del paradossale, e nessuno si pone domande. Non sono invasato né no vax». Per dirimere la questione serve l'intervento delle forze dell'ordine
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di Luca Capponi 

 

«Non sono un invasato né un no vax, voglio semplicemente portare alla luce una serie di storture che si sta ripercuotendo sui nostri bambini e sta cambiando in maniera negativa il loro modo di essere e di rapportarsi alla vita, tra decine di tamponi, continue entrate e uscite dalla didattica a distanza, mancanza di socialità e tutta una serie di norme ai limiti del paradossale».

La bambina può rientrare a scuola dopo la positività di un compagno? Sì, ma solo col tampone. Anche se ha avuto il Coronavirus ed è guarita? Sì. No. Forse. Nel dubbio, arrivano i Carabinieri. Per una bimba di 9 anni. Proprio così.

Genitori confusi, a dir poco, nella “gestione Covid” dei figli. La storia in questione si è verificata in una scuola della vallata del Tronto. A raccontarla è il papà della bambina, stimato professionista in campo medico, che si è trovato davanti ad una situazione poco piacevole, simbolo delle difficoltà e del disorientamento che riguarda tantissime famiglie alle prese con la positività dei propri bimbi.

«Mia figlia ha avuto il Covid, si è negativizzata dieci giorni or sono (con tanto di tampone negativo), ha il green pass, è in regola e può vivere la sua vita in maniera normale in base alla situazione attuale -spiega il genitore-. Qualche giorno fa nella sua classe si è registrata l’ennesima positività di un compagno di classe. C’è una legge che riguarda, in maniera assurda, solo le elementari e non medie e superiori: dice che con un caso positivo in classe si può rientrare a scuola dopo avere effettuato un tampone e dopo che questo abbia dato esito negativo. Ora, alla prospettiva di tornare per l’ennesima volta davanti ad una farmacia, alle 7 di mattina, in fila al freddo insieme ad altre decine di persone potenzialmente positive, ho detto no: non la ritengo una cosa educativa nei confronti della bambina che dovrebbe crescere in maniera molto più tranquilla e non come in un lebbrosario».

E allora il papà tira dritto per la sua strada: tutti parlano, tutti si lamentano. Ma nessuno fa mai nulla per dimostrare che (più di) qualcosa non funziona come dovrebbe.

«L’indomani ho portato lo stesso mia figlia a scuola, dicendo alla preside che però era senza tampone -continua-. Aveva diritto di entrare, perché c’è una legge che dice che se sei immunizzato sei tenuto solo all’auto sorveglianza e non a farti il tampone. Paradossalmente mia figlia potrebbe entrare dentro a una Rsa però non può andare a scuola, difatti mi sono dovuto imporre perché non volevano ammetterla. Alla fine, dopo diverse insistenze, è entrata, ma poco dopo è arrivata una telefonata da parte dei carabinieri, i quali hanno addirittura minacciato di farmi una relazione al tribunale dei minori».

Solfa simile, per non dire peggiore, il giorno successivo.

«Si è ripresentato il problema con tanto di pattuglia fuori dalla scuola ad aspettarci -commenta amaro il papà-. Io però sono rimasto della mia idea: niente tampone, non voglio crescere mia figlia secondo questi schemi da folli ipocondriaci, la bambina prima di tutto ha un diritto costituzionale che è quello all’istruzione e non esiste che questo venga soppresso da un tampone. Allora valga per tutti, aggiungo. E invece per la stessa legge mia figlia e i suoi coetanei dovrebbero farlo, mentre i maestri non devono. Trovo tutto questo di una incoerenza assoluta. Il bello è che erano quasi tutti d’accordo con me, carabinieri e preside compresa: “Però queste sono le regole”, mi hanno risposto».

Immaginate la scena: la bambina ad attendere da sola, nel corridoio, di poter entrare in aula, mentre poco lontano tre carabinieri, professori e dirigente a discutere col padre. Da film. Magari fosse.

«Alla fine ho dovuto cedere, ho ripreso mia figlia e ce ne siamo andati -è la conclusione-. Trovo a dir poco surreale che siano stati scomodati tre carabinieri per impedire a una bambina, tra l’altro, ripeto, immunizzata, di accedere ad un diritto primario come l’istruzione. In ospedale sì, a scuola no. Io non ce l’ho con nessuno, né col preside né con le forze dell’ordine, ma ditemi se tutto ciò non è allucinante. E nessuno ne parla. Questi bambini hanno già perso tanto a livello di rapporti umani e aggregazione, così stiamo solo peggiorando le cose creando loro ulteriore disagio. Sembra di vivere in una psicosi collettiva, con tanti genitori che non ce la fanno più ma con nessuno che prova a far valere un po’ di ragione»

Per i più curiosi: alla fine dei giochi la classe è tornata in Dad, quindi per ora niente rientro in presenza. Ma quando finirà la didattica a distanza? Tampone per tutti, ça va sans dire.

 


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