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Viaggio nella fragilità umana
nell’era Covid, dal “veleno” online
all’aumento dei tentativi estremi

SANITA' - A commentare il fenomeno, numeri alla mano, è il dottor Marco Giri, primario del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (Spdc) dell'Area Vasta 5. «Impennata di richieste di prestazioni ambulatoriali ma anche di consulenze urgenti al pronto soccorso. Numerosi i giovanissimi. La pandemia ha fatto da detonatore. Su 10 episodi anti conservativi, 6 o 7  ad opera di persone che non avevano una diagnosi di problemi psichiatrici»
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Il dottor Marco Giri

 

di Maria Nerina Galiè

Fragilità, depressione, tentativi “anti conservativi”: è emergenza anche nel Piceno, acuita dalla pandemia da Covid che ha destabilizzato gran parte della popolazione, fatto perdere punti di riferimento e innescato, in alcuni casi, reazioni estreme di fronte alle avversità. E’ allarme anche tra i giovanissimi, vittime inconsapevoli delle restrizioni che, “imprigionandoli”, hanno favorito – da una parte – la chiusura in se stessi e alla socialità, mentre – dall’altra e appena è stato possibile – innescato la corsa al divertimento sfrenato, spesso con pericolose conseguenze.

A spiegare il fenomeno, dati ed esperienze alla mano, il dottor Marco Giri, primario del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (Spdc) dell’Area Vasta 5.
I NUMERI – Le consulenze urgenti prestate dal reparto di psichiatria al Pronto Soccorso del “Madonna del Soccorso” di San Benedetto, dove il servizio funziona h24, sono passati da 290 nel 2020 a 420 nel 2021.

Al “Mazzoni” di Ascoli, dove lo psichiatra è presente dalle ore 8 alle 20 a causa della carenza di medici, le urgenze sono state 250 circa sia nel 2019 che nel 2020 e 300 circa nel 2021.

Le visite psichiatriche ambulatoriali, nei centri di salute mentale di Ascoli e San Benedetto sono state oltre 5.600 nel 2020 e oltre 6.300 nel 2021.

«Tantissime – commenta il dottor Giri – tenendo anche conto della riduzione delle aperture per l’emergenza pandemica, soprattutto nel 2020. Ciò nonostante, gli utenti hanno continuato a chiedere visite psichiatriche in modo importante a riprova del crescente disagio psichico nella provincia.
Ed anche qui, la carenza di medici ha richiesto un grande sforzo da parte del Dipartimento di Salute mentale, per far fronte alla numerosissime richieste».

Alla base di quella che si può considerare una vera e propria impennata, il Covid che «ha fatto da detonatore», ha detto il dottor Giri, che poi spiega: «La pandemia è stata un elemento scatenante per diverse fragilità. Ha scardinando i modelli sociali e fatto perdere ogni punto di riferimento. La sfera aggregativa è saltata, aprendo la strada ad una diversa percezione dei legami sociali e relazionali. Le famiglie stesse sono state costrette ad una convivenza forzata, i giovani imprigionati, alla prima occasione di “libertà” si sono sentiti “legittimati”, quasi in dovere, all’eccessivo uso di alcol e di sostanze stupefacenti, molte chimiche e del tutto nuove».

«I giovani – continua il dottor Giri – si sono chiusi in se stessi, bloccati per certi versi. Si è acuita la superficializzazione dell’attenzione, dovuta all’implementazione uso dispositivi digitali. Di contro, le restrizioni hanno fatto prevalere l’istintività l’aggressività. In tutto questo si è innestata una diffusione di sostanze stupefacenti di tipo chimico, ormai incontrollabile, acquistate da internet durante lockdown e che ora stanno spopolando».

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Quest’ultimo aspetto, del veleno che arriva dal modo delle vendite on line e «che riguarda anche ragazzini di 12 anni» – come sottolinea il primario di Psichiatria – è un tema molto preoccupante.

«Si tratta di sostanze – è ancora lo psichiatra a parlare – che non hanno nemmeno il riconoscimento del principio chimico. Tante ne vengono introdotte nel sistema dove sono registrate, altrettante ne spuntano. Sono molto più tossiche, provocando aggressività, disorganizzazione del pensiero, condizione di eccitamento. Su 10 casi che ci si presentano al Pronto Soccorso, 2 o 3 richiedono il ricovero, che spesso facciamo al “Madonna del Soccorso” poiché nell’apposito reparto di Ancona, seppure allargato al Torrette con 4 letti per la fascia 16-18, non c’è posto.

Nel 2020 abbiamo fatto 13 ricoveri per abuso di sostanze e alcol. Due per tentativi anti conservativi.».

Il ricovero di un minorenne nel reparto Psichiatria dell’ospedale di San Benedetto è sempre accompagnato dal genitore. Un domanda dottor Giri, quando il ragazzo sta meglio, i genitori si danno da fare per capire come si è procurato la sostanza che ha mandato il figlio in ospedale?

«Alcuni sì, indagano e riescono a capire i canali di approvvigionamento. Altri, invece, no».

Riuscite ad individuare dalla analisi il tipo di sostanza in circolo, dottore?
«In Area Vasta 5 possiamo effettuare analisi delle urine per riscontrare metadone, eroina, cannabinoidi e anfetamina. Ma non i cannabinoidi sintetici, per cui dovremmo richiedere esami di secondo livello, e che comunque fanno parte del cocktail». 

Il Servizio ospedalieri Psichiatrico di Diagnosi e Cura del “Madonna del Soccorso” effettua ricoveri sia volontari che obbligati (tso) per pratica suicidaria, depressione e psicosi acuta. «Questi ultimi hanno visto l’aumento di accessi di anziani che soffrono di demenza, autori di comportamenti eccessivi che hanno messo in forte difficoltà le famiglie o chi si occupava di loro durante il lockdown», afferma il dottor Giri.

Nota dolente, i tentativi di togliersi la vita: «Su 10 gesti anti conservativi – continua il medico –  6 o 7 non sono praticati da persone con pregressi, o noti, problemi psichiatrici. Sono persone che, non avendo una diagnosi, non sono in terapia».

Cosa li ha spinti dunque?

«Una reazione irrazionale ad eventi di vita. L’elemento scatenante può essere la perdita di un legame, del lavoro e quindi la perdita economica. La maggior parte di questi casi, per fortuna, non arriva a termine, per cattiva organizzazione del gesto».

Anche qui il Covid ci ha messo del suo, come evidenzia il dottor Giri. 

«Ha provocato traumi che hanno forzato la vita di un individuo, sovvertendo abitudini ed equilibri, fino a provocare severe difficoltà ad adattarsi ad un nuovo stile di vita. In queste condizioni di disagio personale, basta un nulla a scatenare il gesto anti conservativo».

E’ possibile prevenire simili episodi?

«Quello della prevenzione è un tema non risolto. E’ più facile per un soggetto già in trattamento. Per chi non lo è, invece, dopo l’episodio acuto c’è un periodo di terapia che va dai 3 ai 6 mesi. Ma è alto il rischio di recidiva, quindi si consiglia di continuare la cura per periodi più lunghi. Invece, accade che dopo pochi mesi, il paziente interrompe la terapia, per l’esigenza di recuperare di se, nel più breve tempo possibile, l’immagine che aveva prima del gesto».

Quali sono i segnali che devono far scattare il campanello di allarme, tra familiari, amici, colleghi di lavoro?

«La chiusura, la ricerca dell’isolamento, la caduta delle consuete performance. Ma anche l’abuso di alcol o altro, l’isolamento affettivo, il cambiamento delle abitudini. In questi casi è bene rivolgersi ai medici di medicina generale che sono in prima linea, quindi capaci di individuare i sintomi e attivare un percorso».

Alla base della maggior parte delle richieste di prestazioni ambulatoriali ci sono depressione e ansia. In linea generale, sono più diffusi tra la popolazione femminile e gli anziani, molti dei quali, uomini, in particolare, rimasti soli posso rendersi autori di gesti anticonservativi. L’incidenza non è necessariamente collegata al reddito e alle fasce sociali, quanto piuttosto alla difficoltà di accedere alle cure sanitarie, come avviene nei Paesi meno sviluppati, primo tra tutti il sud est asiatico. La depressione è tra le prime cause di inabilità al lavoro e quindi ad alto impatto economico.

C’è una fascia di popolazione che ha fatto registrare una prevalenza di ricorso alle prestazioni ambulatoriali?

«Per quanto riguarda l’accesso agli ambulatori, c’è una prevalenza di donne over 40. Difficile invece cogliere una difficoltà giovanile all’esordio, soprattutto per motivi culturali: andare dallo psichiatra è ancora visto male.

Altro aspetto sottovalutato, in questa fase post pandemica, la sofferenza dei bambini, legata alle restrizioni per il Covid. «E’ stato difficile per noi adulti, figuriamoci per loro, capire il motivo del distanziamento, della chiusura, dei “non abbracci”,  della rigidità delle regole che hanno caratterizzato gli ultimi due anni».


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