di Walter Luzi
Avrebbe compiuto novantasette anni fra poco meno di un mese, il prossimo due marzo, Federico Mancini. Il dottor Mancini, come tutti lo hanno sempre chiamato. Se ne è andato conservando, fin quasi alla fine della sua lunga vita, le tante qualità che lo hanno sempre contraddistinto. Umane, e poi professionali. Soprattutto al quartiere Tofare, dove, per quasi un trentennio, i residenti hanno avuto la fortuna di poter trovare, dietro quel bancone della locale farmacia, non solo un medico scrupoloso, ma, soprattutto, un amico fidato.
Un consigliere prezioso che sapeva mettere tutti a proprio agio, predisposto naturalmente al paziente, partecipe ascolto. E a quel conforto di cui, spesso, ha più bisogno lo spirito, del corpo. Una persona, il dottor Mancini, con il quale poter parlare, e sentire di poter condividere ogni pena, non necessariamente legata solo ai propri acciacchi di salute. Una fiducia guadagnata giorno dopo giorno da questo giovane medico trapiantato ad Ascoli dal vicino, Abruzzo.
Nativo di Torano aveva frequentato infatti il Liceo Classico “Delfico” prima della brillante laurea in farmacia conseguita a Roma. Aveva quindi trovato subito un primo impiego alla allora farmacia “Del Prete” di Piazza Roma. Una delle farmacie storiche del centro di Ascoli. Successivamente aveva preso in gestione da Sebastiani, una piccola farmacia in periferia, in località San Filippo, lungo la provinciale Piceno-Aprutina. E’ il 1966. Da qualche anno, nella zona, con la costruzione delle tante palazzine dell’Ina Casa, è cresciuto in fretta il nuovo quartiere, popolare e popolatissimo, delle Tofare. Tante le coppie giovani con tanti figli venute ad abitarci, a sognare, in quelle nuove case, anche un futuro migliore. Tante le speranze dunque, ma, spesso, inversamente proporzionali ai mezzi economici di cui dispongono. Le piazzette e le vie del neonato quartiere ribollono di giovanili energie, ma tutt’intorno, oltre alla campagna, c’è il nulla.
La farmacia del dottor Mancini funge così, nei limiti del possibile, quasi anche da mini emporio. E a chi cerca un rimedio per i propri malanni lui sa proporre sempre una soluzione poco onerosa per quelle tante tasche semivuote. Polveri, pomate, unguenti, preparati galenici, che lui sa bene come confezionare, alla bisogna, nel suo ben fornito mini-laboratorio retrostante. La grande industria farmaceutica, che spadroneggerà nei decenni successivi, non ha ancora riempito infatti tutti gli scaffali, e con i preparati si può far fronte ugualmente a molti disturbi, facendo così risparmiare anche qualche soldo prezioso a chi ne ha bisogno. E poi, mentre il dottor Mancini incarta con cura il pacchettino, solo a ricambiare il suo confortante, immancabile sorriso, ti sembra già di sentirti meglio. Sono di quei miracoli che possono riuscire solo al cuore, più che alla chimica. E il cuore del dottore, lo si percepisce subito, è di quelli più grandi. Lo ha capito, prima di tutti, anche una bella ragazza teramana, Leonilde Malatesta, che, nel 1957 è diventata sua moglie. Gli darà quattro figli, tutti maschi. Luciano nel 1959, Carlo nel 1960, Pietro nel 1963, e Giovanbattista, prematuramente scomparso quattro anni fa, nel 1966.
Nel 1973 la farmacia assume un giovane commesso, Gianni Lanciotti, che il dottor Mancini contribuisce presto a far innamorare di questo lavoro. Festeggiano il compleanno lo stesso giorno, ma, al di là di ogni influenza astrologica, fra di loro nascerà una lunga, bellissima, amicizia. «Lo contraddistingueva la leggerezza -ricorda Gianni- che non significa, nel suo caso, superficialità. Faceva sempre fronte ad ogni problema con calma e positività, sempre pronto alla battuta. Anche se era molto scrupoloso nel suo lavoro, non mi ha fatto mai pesare il suo ruolo di superiore rivestendosi di autorità. Era un piacere lavorare al suo fianco Era ironico ed empatico. Una fonte continua di insegnamenti che mai facevano venire meno i suoi valori».
Nel 1975 la Sebastiani di San Filippo è la prima, in città, a diventare farmacia comunale.
Il dottor Mancini ha ovviamente titoli a sufficienza per vincere il concorso e diventarne subito direttore. Lo resterà fino al pensionamento. Quando, dopo oltre un quarto di secolo, lascia la “sua” farmacia, il quartiere delle Tofare gli tributa, in un clima di generale commozione, il Premio Umanità.
Il riconoscimento dal nome più calzante per uno come lui. «Ogni persona era importante per il nostro papà – ricorda il figlio Carlo – lui non aveva nemici, ed era molto benvoluto da tutti. Era molto legato alle sue radici. Aveva ristrutturato la casa paterna, sul mare di Alba Adriatica dove abbiamo sempre passato le vacanze estive, dividendole, a giugno e a settembre con la campagna di Torano. Trovava sempre una soluzione ad ogni contrarietà. Mai visto rabbuiato, o arrabbiato con qualcuno. Affrontava tutto con serenità, senza scomporsi. E con il sorriso».
Continuerà comunque, anche dopo il pensionamento, ad esercitare la sua amata professione nella farmacia Righetti di piazza della Viola. Appare, in effetti, inossidabile al passare degli anni, che non ne intaccano minimamente lo smalto. Gli amici, scherzandoci su, avanzano il sospetto che abbia inventato e sperimentato su sé stesso qualcuno dei suoi miracolosi preparati in laboratorio, l’elisir di eterna giovinezza.
Uno spirito vivo quello di Federico, fiaccato, purtroppo, nel 2012, solo dalla grave malattia che, progressivamente, invalida la moglie. Lui la assiste personalmente in casa giorno e notte, non arrendendosi mai all’ineluttabile che si materializzerà otto, lunghi, anni dopo.
Nel frattempo lo prostra anche la perdita prematura del suo ultimogenito. Riposeranno ora tutti insieme, vicino agli avi, nella cappella di famiglia, nel cimitero di Torano. Alle dieci di oggi, lunedì 7 febbraio, l’addio al dottor Mancini nella chiesa di Madonna del Carmine di piazza Matteotti. Alla sua famiglia l’abbraccio della nostra redazione.
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