di Franco De Marco
Alla vigilia (prossimo aprile) dell’elezione del nuovo presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, Angelo Davide Galeati, in scadenza di mandato, fa un bilancio dell’attività svolta, dà input per il futuro e parla anche della sua possibile ricandidatura (ultimo giorno utile il 17 marzo).
«Dobbiamo costruire l’economia del futuro», ammonisce e rilancia il ruolo del Terzo Settore.
Presidente, ha sciolto il nodo della sua ricandidatura alla guida della Fondazione?
«Nella realtà non c’è alcun nodo da sciogliere. Siccome sono emerse a mezzo stampa alcune notizie inerenti il mio mandato in Fondazione, nello spirito di massima trasparenza, approfitto della domanda posta per fornire le corrette informazioni.
In sede di Acri (associazione di categoria delle Fondazioni bancarie) è emerso un percorso finalizzato a permettere ai soli presidenti di effettuare un doppio mandato a condizione che, una volta effettuato il doppio mandato, ogni presidente non possa ritornare a ricoprire alcuna carica nella Fondazione salvo quella di socio.
La ratio di questa proposta risiede nel fatto di permettere al presidente di rimanere in carica otto anni, che costituisce un tempo congruo non solo per implementare una nuova strategia e visione di intervento ma anche per favorirne la sua realizzazione. Questa impostazione risponde anche all’obiettivo di favorire un ricambio della governance: impedendo ad un soggetto, che è stato presidente per 8 anni, di ritornare a ricoprire la carica negli anni successivi.
So che il Ministero dell’Economia e delle Finanze sta affrontando la questione e, se le condizioni lo permetteranno, nello spirito di massimo rispetto delle norme di legge, valuterò di presentare la mia candidatura per un ulteriore mandato. Qualora non si realizzassero le condizioni necessarie a permettere la mia ricandidatura, rispetterò quanto previsto dallo statuto e dalle norme vigenti.
Per completezza di informazione, nel mese di dicembre 2021, l’Organo di Indirizzo della Fondazione, con il consenso di 16 membri su 18, ha deliberato di spostare i termini per la presentazione della candidatura di presidente, per permettere il completamento della procedura di verifica del doppio mandato messa in atto dall’Acri con il Ministero dell’Economia e delle Finanze».
Quali sono stati, nel corso del suo mandato quadriennale (2018-2022), gli interventi più significativi, e dei quali è orgoglioso?
«Mi piace sintetizzare il mio mandato con due semplici parole leadership partecipata. Significa costruire un modello di Fondazione inclusivo ed aggregante, capace di coinvolgere gli attori in gioco, i rappresentati dal Terzo Settore, gli enti pubblici ed il mondo delle imprese, favorire il dialogo per individuare una visione unica di intervento. Tutto ciò ha permesso l’emersione delle capacità abilitanti della nostra comunità ed in particolare dei giovani permettendo alla Fondazione di operare secondo una logica generativa.
Ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. La co-progettazione ha fortemente sostenuto il Terzo Settore nella sua capacità di rispondere ai bisogni della comunità favorendo la specializzazione dei servizi e valorizzando, in modo meritocratico, le organizzazioni più valide e motivate.
Insieme al Comune di Ascoli abbiamo vinto un bando nazionale sul programma innovativo dell’abitare che ha permesso di ottenere un’importante ricaduta di risorse economiche a beneficio del nostro territorio. Stiamo collaborando con le imprese per generare un polo per l’imprenditorialità su temi particolarmente innovativi come le scienze quantistiche.
Non dobbiamo avere timore del fallimento perché, in un contesto economico in forte evoluzione, dobbiamo avere il coraggio di interpretare anticipatamente i fattori strategici, che caratterizzeranno l’economia del futuro».
In quale stato di salute lascia la Fondazione, dal punto di vista patrimoniale e organizzativo, a conclusione del suo mandato? Ci sono progetti e interventi in itinere che dovranno essere conclusi dalla prossima governance?
«La Fondazione è un ente in ottima salute, sia dal punto di vista patrimoniale e sia dal punto di vista organizzativo. Come riscontrabile dai bilanci pubblicati nel sito internet www.fondazionecarisap.it, i risultati economici ottenuti negli ultimi anni sono eccellenti e ci hanno permesso non solo di ottemperare agli impegni economici ed erogativi assunti con la programmazione triennale 2020-2022 ed anche di incrementare i fondi per la stabilizzazione delle erogazioni. Di tutto ciò non posso che esserne fiero.
Entro il 2023 verranno completati gli interventi individuati nella programmazione 2020-2022 che è stata oltretutto condizionata, in modo significativo, dall’emergenza pandemica. Inoltre il 2022 vedrà impegnati gli Organi della Fondazione nella definizione della nuova programmazione 2023-2025 attraverso una procedura di ascolto della comunità. La Fondazione dispone di una struttura organizzativa molto competente, con due dirigenti, ed un’alta professionalità del personale, che ha permesso di ottenere importanti vittorie in campo progettuale su diversi bandi di rilevanza nazionale».
C’è qualche cosa, secondo la sua idea di Fondazione al servizio della collettività, che avrebbe voluto realizzare e che non è riuscito a realizzare in questo mandato?
«Sicuramente il tema del lavoro necessita di una maggiore attenzione. Il sostegno ai giovani nella creazione di nuove iniziative imprenditoriali in ambito sociale è cruciale se vogliamo generare ricchezza e benessere nella nostra comunità. La realizzazione di nuove progettualità a sostegno dei giovani e per la costruzione di nuovi percorsi imprenditoriali ha trovato come fattore impeditivo l’emergenza pandemica.
Su questo aspetto ci è stato di grande favore l’aver vinto il bando nazionale della Fondazione Edoardo Garrone e la possibilità di aver ospitato ad Ascoli il Progetto Appennino, rivolto a 15 giovani di tutta Italia oltre a sostenere il consolidamento di 15 imprese giovani delle nostre aree montane».
Quale giudizio dà, come presidente e anche come amministratore delegato di un grande gruppo come Sabelli, dell’economia del Piceno al tempo della pandemia e post pandemia?
«Rimango veramente convinto che il fermento economico può davvero far risorgere i territori.
In questo contesto chi gioca da solo, fa perdere tutti, incluso sé stesso, perché i problemi sono interdipendenti a livello organizzativo e delle conoscenze tanto che possono essere risolti solo in modo integrato, intersettoriale ed interdisciplinare.
Per cui il concetto di partnership oggi non può più costituire l’eccezione di un agire individualistico, bensì esso rappresenta l’unica regola possibile e conveniente per tutti. Molti centri urbani nel mondo, tra cui Parigi e Barcellona, stanno facendo passi avanti in questa direzione in cui innovazione sociale, beni comuni, comunità locali, cura e lavoro diventano parole chiave di una progettualità che accorcia le distanze, intrecciando costruzione e rigenerazione. Il nostro obiettivo comune non deve essere tornare alla condizione economica e sociale da cui veniamo ma tendere ad un’altra molto migliore».
Il progetto Pinqua (qualità dell’abitare), finanziato con 75 milioni dallo Stato, ha visto come protagonista la Fondazione Carisap in particolare per la riqualificazione del Palazzo Saladini Pilastri. Qual è lo stato dell’arte e l’impegno specifico dell’ente da lei presieduto?
«Il progetto Pinqua rappresenta un risultato particolare non solo per la mole di risorse che ricadranno a beneficio della nostra comunità ma soprattutto per il metodo di lavoro e per il livello di innovazione che siamo stati in grado di apportare.
La Fondazione ha sostenuto le spese per permettere ad un team qualificato di professionisti locali di produrre la progettazione esecutiva per il Palazzo Saladini Pilastri ad Ascoli, funzionale alla presentazione del progetto al Ministero. Inoltre la Fondazione si è occupata della costruzione del progetto sociale mettendo in rete sia partner locali che partner di rilevanza nazionale (come Albergo Etico, Ashoka Italia, Human Foundation) e dando una visione aggregante al nostro territorio.
Abbiamo immaginato una città a misura d’uomo, inclusiva, in grado di fare rete e di mettere a sistema le migliori energie, una comunità solidale, dove i giovani avranno la possibilità di riabitare il centro storico e, dopo, gli anziani avranno la possibilità di fruire di servizi di cura e custodia.
E tutto questo è stato possibile costruirlo grazie al metodo della co-progettazione e grazie al fatto che la Fondazione, nel corso degli anni, ha acquisito credibilità con un approccio proattivo in grado di attivare sinergie di rilevanza nazionale. Entro il mese di marzo il Ministero sottoscriverà la convenzione con il Comune di Ascoli e gli interventi saranno immediatamente cantierabili».
Quanto “pesa” oggi il Terzo Settore, grazie al ruolo trainante svolto dalla Fondazione, nel sociale e nell’economia in generale del territorio?
«Il Terzo Settore è l’anima della comunità. La strategia di intervento della Fondazione è focalizzata proprio nel sostegno al Terzo Settore perché possa diventare massa critica e consapevole, superando le fragilità della frammentazione e favorendo processi aggregativi.
La Fondazione ha implementato la propria strategia definendo una mission orientata alla generazione di rapporti e sinergie tra il non profit, il profit e la pubblica amministrazione. Tale scelta è motivata dalla necessità di contaminarsi e contaminare il territorio con processi di innovazione che possano superare le barriere dell’autoreferenzialità e possano accompagnare tutti gli attori decisionali verso una unica visione territoriale.
Sono consapevole che la vera ripartenza ci sarà solo se torna la fiducia.
E per generare fiducia bisogna ripartire dai legami di comunità. Ed il Terzo Settore è il soggetto – più di altri – deputato a dare valore ed a creare i legami di prossimità».
Si può quantificare l’ammontare degli interventi effettuati dalla Fondazione per combattere povertà vecchie e nuove?
«Le Fondazioni, disponendo di capitali privati, devono sperimentare ed innovare. Il compito della Fondazione è quello di individuare nuove soluzioni e restituirne funzionanti come linee di lavoro per tutti. Generare prospettive di innovazione sociale di cui la filantropia deve essere portatrice. Oggi le Fondazioni devono diventare soprattutto agenti di sviluppo in grado di trasformarsi sempre più da soggetto meramente erogativo ad attore di valorizzazione mettendo in campo non solo le risorse economiche ma anche una più ampia gamma di competenze tecniche, relazionali, finanziarie e progettuali orientandosi verso logiche di misurazione dell’impatto.
In merito alla lotta alla povertà la Fondazione, nel triennio, ha deliberato risorse per oltre 1.670.000 euro. Di queste risorse una quota significativa è stata destinata al Fondo per la povertà educativa minorile e la quota restante – pari ad 300.000 euro – è stata destinata, nella modalità della co-progettazione, alla costruzione di un intervento progettuale che ha permesso ad oltre 11 organizzazioni del Terzo Settore del territorio di operare insieme per fronteggiare congiuntamente ed in modo sinergico e collaborativo le situazioni di marginalità e povertà erogando servizi di distribuzione di viveri, di pagamento delle utenze, di ricerca attiva di lavoro, di pagamento di canoni di locazione e sostenendo la disponibilità di alloggi per i non abbienti o per coloro che si sono trovati nella condizione di assenza di lavoro».
E’ soddisfatto della gestione del Caffè Meletti? Quanto pesa annualmente, sul bilancio annuale della Fondazione, il deficit della società strumentale di gestione?
«A Napoli si direbbe E figl so’ piezz’ ‘e còre e il Caffè Meletti per me è questo.
È la vetrina della città, è la bellezza nella sua essenza e quindi necessita di particolare cura ed attenzione. Mediamente negli anni il Caffè Meletti ha pesato 100.000 euro all’anno. Nell’ultimo triennio abbiamo intensificato il sostegno alla società strumentale Caffè Meletti per dare la possibilità di realizzare il film con il regista Piccioni e con l’attore Scamarcio al fine di promuovere il caffè storico e la città di Ascoli, a livello nazionale ed europeo. Inoltre, nell’ultimo anno, ci siamo adoperati per raggiungere l’obiettivo di avere una pasticceria interna di altissima qualità valorizzando le eccellenze del nostro territorio perché siamo assolutamente consapevoli che soltanto con prodotti di qualità e soltanto con un servizio qualificato e professionale di accoglienza possiamo essere attrattivi e quindi competitivi.
Sono altresì assolutamente consapevole della necessità di apportare ulteriori azioni migliorative per qualificare sempre più il servizio e far diventare il caffè luogo di aggregazione e generativo di eventi culturali ed artistici».
Se lei non potrà o non vorrà partecipare alla corsa per il rinnovo della presidenza, per chi farà il tifo?
«L’esperienza in Fondazione mi rimane nel cuore. Per me è stata una grande opportunità di crescita e di apprendimento. Ho conosciuto bellissime persone ed ho avuto la possibilità di arricchirmi umanamente e professionalmente.
Mi auguro solo che chi verrà a fare il presidente abbia il coraggio e la capacità di osare, di costruire rapporti, di avere uno sguardo attento e libero verso la comunità ed il bene comune.
Inoltre spero proprio che il nuovo presidente sappia ben valorizzare la struttura che ha ben operato negli anni e che è un fiore all’occhiello per tutto il territorio.
Per fare il presidente della Fondazione bisogna avere grandi doti di mediazione e la capacità di scegliere e di decidere seguendo logiche meritocratiche. Personalmente tiferò per una figura di presidente che saprà incarnare questi valori».
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