di Maria Nerina Galiè
Vittime del Covid, ieri 18 marzo, si è celebrata la Giornata nazionale. Una tragedia che si è abbattuta sul Piceno come in tutto il mondo, due anni fa, ed ancora incombe. Nella provincia di Ascoli sono stati 321 i morti, 254 dei quali deceduti in strutture sanitarie del Piceno (vedi sotto come sono distribuiti comune per comune). Nelle Marche 3.662 in totale, di cui 1.113 nel Pesarese, 1.139 nell’Anconetano, 626 nel Maceratese, 417 nel Fermano e 46 di fuori regione.
Dall’incredulità alla paura, passando per lockdown, restrizioni e morti, il passo è stato troppo breve.
Tanti i morti, cause legate al virus, soprattutto tra gli anziani, rocce forgiate da una vita di lavoro e fatica, protagonisti del secondo millennio ed ancora in grado di essere un valido sostegno per le giovani famiglie nel terzo. Questo ai progressi della scienza che però si è trovata impreparata all’avanzare del virus, tanto da non riuscire a salvarli nelle prime fasi della pandemia, fino a che gli sforzi, concentrati sui vaccini, non sono stati ripagati. Ma purtroppo per molti era già tardi o inutile, perché anche oggi, con la prospettiva di un allentamento delle restrizioni sull’uso delle mascherine e del green pass, si continua a morire.
Sarebbero morti ugualmente, dicono molti polemizzando sull’impietosa lista dei decessi che ogni giorno viene propinata dall’Osservatorio regionale e, quindi, dalla stampa. Avevano patologie pregresse ribadisce ogni volta il bollettino. Ma non possono essere una giustificazioni accettabili di fronte a tante perdite.
Il Coronavirus, in tutte le sue varianti, fin da subito si è mostrato subdolo alla categoria medica che non l’ha sottovalutato, così come ancora insiste sull’importanza del vaccino che ha evitato una strage nel 2021, quando non c’era il lockdown e le varianti si sono manifestate estremamente contagiose e pericolose.
«Il vaccino protegge dalla forme più gravi dell’infezione», sottolineano i medici. Tra loro il dottor Claudio Angelini, direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Area Vasta 5: «I numeri parlano da soli. Basti vedere che la percentuale più alta dei deceduti riguarda persone non vaccinate».
A tal proposito il direttore del Servizio Igiene e Sanità pubblica dell’Area Vasta 5 riporta «l’indagine a livello nazionale condotta dall’Istituto Superiore di Sanità, secondo la quale dall’1 febbraio 2021 al 10 gennaio 2022 sono 46.572 i decessi Sars Cov 2 positivi.
Tra questi sono 39.292 i decessi Sars Cov 2 positivi “non vaccinati” (84,4%), 1.935 i decessi Sars Cov 2 positivi in “ciclo incompleto di vaccinazione” (4,2%) e 5.345 i decessi Sars Cov 2 positivi in vaccinati con “ciclo completo di vaccinazione” (11,5%).
Nell’indagine stessa si precisa che il dato non può fornire informazioni circa l’efficacia della vaccinazione ma viene fornito con finalità puramente descrittive».
Dottor Angelini, possiamo chiamarci fuori dalla pandemia?
«Il peggio diciamo che sta passando, ma non siamo ancora fuori. Le varianti sono sempre in agguato. Pertanto, maggiore è il numero di suscettibili non vaccinati, o vaccinati incompleti, e maggiore è la probabilità che si generino varianti. Questo comportamento fa parte della natura dei virus, in particolare del Sars Cov 2.
Sta già accadendo – continua il direttore del Dipartimento di prevenzione – visto che il numero di vaccinazioni, o meglio, di richieste di vaccinazione sta diminuendo drasticamente».
Si va verso l’allentamento di misure come obbligo di mascherina e green pass rafforzato. Che ne pensa dottore?
«Alcune restrizioni, come l’obbligo di mascherina dovrebbe essere mantenuto in tutti i luoghi al chiuso (in base alle nuove regole resta obbligatorio fino al 30 aprile, ndr) per la estrema contagiosità della variante Omicron (in particolare della BA.2). Infatti stiamo assistendo ad una risalita della curva dei contagi, fatto che potrebbe avere anche impatto sugli ospedali.
Il mio auspicio è che le decisioni del Governo vengano prese in base alle evidenze scientifiche e all’andamento della situazione epidemiologica».
Morti con diagnosi di Covid, nelle strutture ospedaliere del Piceno sono stati 255 (321 in tutto, nei compresi i decessi, di cittadini residenti nella provincia di Ascoli, ma avvenuti in altre strutture extra Area Vasta 5).
I comuni più colpiti dai lutti, anche perché i più numerosi, sono ovviamente Ascoli e San Benedetto. Nel 2020 Ascoli ha perso 34 persone, 26 nel 2021, 6 nel 2022. San Benedetto, 21 nel 2020, 32 nel 2021 e 11 dall’inizio di quest’anno.
Le persone che non sono sopravvissute (ma ricordiamo che alcune morti sono avvenute fuori Area Vasta 5) sono 17 a Grottammare, 13 a Monteprandone e 11 a Cupra Marittima, 10 a Folignano, 9 a Spinetoli, 7 a Castel di Lama e Offida, 6 a Comunanza, 5 a Colli e Monsampolo, 4 a Montalto e Ripatransone, 3 ad Acquasanta, Cossignano, Maltignano, Rotella e Venarotta, 2 ad Acquaviva e Castorano.
Un solo decesso ad Appignano, come pure ad Arquata, a Castignano, Force, Carassai, Montedinove, e Roccafluvione.
L’età media delle persone che non ce l’hanno fatta è pari a 81 anni e l’età mediana a 88.
Circa il 60% dei decessi riguarda il sesso maschile. Più del 98% presentava patologie concomitanti pregresse al momento del decesso.
Ed ancora sulla tabella dei decessi, il direttore del Sisp: «La valutazione del numero di decessi implica una doverosa cautela, in quanto nel 2021 e 2022 le capacità diagnostiche e l’accesso ai test è migliorato rispetto al 2020 e l’analisi dei dati deve essere effettuata indagando i deceduti con Covid e quelli per Covid».
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati