di Gabriele Vecchioni
(foto di Silvio Ippoliti)
In margine al Festival dei Monti Gemelli che si terrà, con diverse iniziative, a Campli, Civitella del Tronto, Valle Castellana e sul territorio dei nostri Monti Gemelli – la Montagna dei Fiori e quella di Campli – a partire da sabato 7 e per tutto il mese di maggio, abbiamo chiesto a Marco Nardi, presidente della dinamica sezione del Cai Val Vibrata-Monti Gemelli, di illustrare lo spirito di questa manifestazione, giunta ormai alla terza edizione.
Prima di porre alcune domande agli organizzatori di questa kermesse, una premessa. Il Festival dei Monti Gemelli è organizzato dalla sezione Cai Val Vibrata-Monti Gemelli, con il patrocinio dei Comuni abruzzesi di Campli, Civitella del Tronto e Valle Castellana, della Provincia di Teramo, del Parco Nazionale Gran Sasso-Monti della Laga e del Consorzio Turistico dei Monti Gemelli (Cotuge). Il messaggio della manifestazione trascende però dal localismo: infatti, anche se privilegia realtà e interessi di un’area particolare, il discorso si può allargare all’intero territorio montano (e le nostre Montagne Gemelle ne fanno parte a pieno titolo) che costituisce poco meno del 50% del territorio nazionale e “produce” tutta l’acqua dolce disponibile. Ben vengano, allora, iniziative come questa: conoscere l’ambiente è necessario per salvaguardare la montagna e il suo patrimonio culturale ed evitare progetti che la trasformino in un luna park per cittadini annoiati.
Sono sempre di più le persone che frequentano la montagna, un trend inconfutabile, accentuato dalla voglia di reagire alla situazione creatasi con la recente contingenza pandemica; la tendenza, però, trova motivazione nella ricerca di spazi naturali per una migliore qualità della vita.
«Certamente, ma non solo. Credo che l’andare in montagna – e far parte di una associazione come il Cai – risponda, prima di tutto, a un bisogno di libertà. La libertà che ciascuno di noi sperimenta ogni qualvolta abbandoniamo le certezze quotidiane della vita organizzata e accettiamo la sfida di immergerci in una natura che – nonostante le ferite e le dimenticanze di una umanità spesso distratta – ha il fascino potente di una continua scoperta. Il Cai è semplicemente riscoprire questa dimensione che, più ancora che fisica, è interiore, perché veniamo dalla natura e ad essa in fondo apparteniamo».
La montagna, con i suoi spazi ancora poco antropizzati, attira chi cerca emozioni e orizzonti nuovi. È una sfida per le associazioni, come la vostra, che hanno sempre avuto a cuore la tutela dell’ambiente e, in particolare, della montagna e la sicurezza di chi la frequenta.
«Sì, questa è la missione principale del Cai. Come recita l’articolo 1 del suo Statuto, il Club Alpino Italiano ha “per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale”. La neonata sezione Val Vibrata-Monti Gemelli, già sottosezione di Teramo, è una delle oltre 300 sezioni italiane e in brevissimo tempo abbiamo raggiunto la soglia dei 300 soci, distribuiti un po’ su tutto il territorio di pertinenza, dalla costa fino ai borghi ai piedi dei Monti Gemelli. Un piccolo primato di cui siamo molto orgogliosi! Così come siamo orgogliosi di aver attivato, fin dall’inizio, la “Montagnaterapia”, insieme agli amici del Centro di Salute Mentale di Sant’Egidio alla Vibrata e accompagnando i disabili con le joëlettes [carrozzelle da fuori strada che permettono la pratica di gite a persone a mobilità ridotta o in situazione di handicap], perché la montagna può e deve essere accessibile a tutti, anche chi è meno fortunato di noi e ha bisogno del nostro aiuto».
La vostra sezione ha svolto un lavoro importante sul territorio; un intervento emblematico è quello della sistemazione della segnaletica escursionistica e la realizzazione della carta dei sentieri della Montagna di Campli, reperibile presso l’Ufficio Turistico del Comune di Campli (sotto il Loggiato di Palazzo Farnese).
«Il lavoro sulla Montagna di Campli è stato il nostro primo grande progetto di recupero della rete sentieristica. Grazie al lavoro dei volontari, molti dei quali residenti proprio nei borghi ai piedi del Foltrone, sono stati riaperti e tabellati – con il contributo del Comune di Campli e del Consorzio Turistico dei Monti Gemelli (Cotuge), oltre 30 sentieri e percorsi storici, alcuni dei quali abbandonati da decenni. Lo stesso lavoro è in corso adesso sulla Montagna dei Fiori, grazie al grande lavoro del gruppo di soci volontari di Villa Lempa, e nella zona di Valle Castellana. Molti sentieri sono stati già riaperti – in particolare quelli storici delle Cupe sul versante orientale della Montagna dei Fiori – e anche qui verrà realizzata la segnaletica insieme ad una carta turistico-escursionistica dedicata, realizzata in collaborazione con il Cotuge e il Comune di Civitella del Tronto».
Vorrei aggiungere alcune parole sul comprensorio dei Monti Gemelli. Qui è ancora possibile gustare «il piacere clandestino dell’avventura dietro casa» (cit. Paolo Rumiz), ricercare la solitudine avvolgente del bosco («Perdersi nei boschi è un’esperienza sorprendente e memorabile», scriveva Thoreau), avere un approccio antropologico (la cosiddetta “osservazione partecipata”) alle testimonianze di ignoti lavoratori della montagna… in sostanza, provare l’emozione dell’esplorazione.
Il Festival dei Monti Gemelli e la serie di eventi ad esso connessi hanno il merito di accendere i riflettori su un territorio forse un po’ snobbato ma ricco emergenze naturalistiche, storiche e antropiche; queste ultime legate alle attività di chi in montagna non ci andava per diporto ma per lavorare…
«Il Festival – che nelle due passate edizioni era denominato “Campli Mountain Festival” – quest’anno ha avuto esattamente questo scopo: coinvolgendo i territori di Campli, Civitella e Valle Castellana, che condividono il territorio dei Monti Gemelli e la presenza nel Consorzio turistico, abbiamo voluto raccontare e far vivere non solo il comprensorio dei Monti Gemelli con le sue vette più importanti e frequentate, ma anche i suoi tesori meno conosciuti e legati alla frequentazione storica delle nostre montagne, come la Valle degli Scoiattoli, regno dei boscaioli e oggi vero paradiso per l’Outdoor, il Fosso Bianco durante la fioritura delle peonie selvatiche, il Bosco e le radure delle Casermette, gli splendidi alpeggi che circondano Casa Cai a Leofara».
Nel programma delle manifestazioni, tutte interessanti e degne di essere “vissute”, ce n’è una che mi ha colpito, quella sugli antichi mestieri della montagna. Sono attività lavorative che si possono definire “museali”, ormai improponibili perché soppiantate dalla tecnologia. Perché allora riproporre quell’epopea lavorativa? In altre parole, perché interessarci di cose ormai perdute?
«Perché, paradossalmente, è proprio questo il futuro e la ricchezza delle nostre montagne. Se vogliamo respirare la cultura autentica dell’Appennino, che da secoli ci insegna il paziente e tenace lavoro dei suoi abitanti, dobbiamo seguire – come ha anche recentemente ricordato Reinhold Messner – «le tracce dei pastori, dei carbonai (e dei nevaroli, aggiungiamo noi!)», riscoprendo i borghi e gli itinerari storici. Un’attività che, tra l’altro, si può svolgere tutto l’anno, a primavera e in estate, ma anche in autunno e in inverno, a piedi, in bici, con le ciaspole, con gli sci da scialpinismo».
Chiudiamo questa breve intervista con un auspicio, quello di aver contribuito alla conoscenza dei nostri bellissimi Monti Gemelli e a una loro corretta fruizione, perché conoscere l’ambiente è il primo passo per proteggerlo.
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