di Andrea Ferretti
(foto Ascoli Calcio)
Giocarsi il passaggio alle semifinali playoff scegliendo di non giocare è una mossa teoricamente impossibile, comunque molto coraggiosa. Visto come è andata a finire, è anche una tattica astuta rivelatasi vincente se, come accaduto, abbinata al fattore C. Il Benevento ha eliminato l’Ascoli che ora potrà vivere solo di rimpianti e magari tifare Pisa, prossimo avversario dei campani.
Il Benevento non poteva certo sapere che avrebbe capitalizzato al massimo l’unica occasione creata in 101 minuti. L’allenatore Caserta sapeva invece bene che la sua squadra, moralmente ai minimi termini dopo un finale di campionato da incubo, se avesse affrontato l’Ascoli sul piano del gioco sarebbe tornata a casa con almeno tre gol di scarto sul groppone.
Adesso è facile parlare, ma non si ricordava un atteggiamento simile da oltre mezzo secolo, da quando l’allora Del Duca Ascoli negli anni Sessanta si barcamenava nella giungla del girone C della Serie C. Tempi in cui era già importante tornare sani e salvi da trasferte in campi del sud dove arbitro e guardalinee erano soltanto un optional.
Che ti ha combinato il Benevento, e l’Ascoli c’è cascato con tutte le scarpe? Ha optato per una tattica ostruzionistica a dir poco esagerata che, in epoca moderna, nel secondo campionato nazionale italiano non ha precedenti.
Il Benevento ha iniziato a perdere tempo addirittura dal fischio d’inizio. L’arbitro nei primi minuti ha ammonito due giallorossi, poi nel prosieguo della gara ha decisamente sbagliato a non sussurrare, magari all’orecchio del capitano, di velocizzare rimesse laterali e battute di calci piazzati minacciando altri gialli. Ci stava tutta un’ammonizione al portiere Paleari (comunque bravo, anzi decisivo) che spezzava di continuo il ritmo della gara come se il pallone fosse suo.
L’atteggiamento del Benevento, però, da solo non può essere l’alibi perchè i bianconeri non hanno brillato come al solito. Così come non vuole essere un alibi l’assenza di Buchel. Per tutta la stagione si è parlato di forza del gruppo e che Sottil avesse a disposizione oltre venti titolari. Tutto vero, ma l’assenza del regista sommata a qualche bianconero a tre cilindri, stavolta si sono fatti sentire eccome.
L’importanza dei numeri. Nel calcio conta solo il risultato finale, in questo caso quello che il 13 maggio 2022 ha premiato il Benevento. Tutti gli altri numeri servono solo agli amanti delle statistiche e, dopo il triplice fischio, sono solo motivo di rabbia e/o rimpianto e/o rassegnazione. L’Ascoli può optare per uno dei tre stati d’animo, sicuramente sceglie i primi due. Sugli altri “numeri”, infatti, le sfide le ha vinte tutte il Picchio: 60%-40% il possesso palla; 19-3 i tiri totali; 6-1 i tiri in porta (Leali non ha compiuto una parata mentre Paleari si è opposto alla grande tre volte su Maistro e una alla grandissima su Dionisi); 304-185 i passaggi; 6-2 i calci d’angolo. Il Benevento una sfida però l’ha vinta, anche se di poco: 16-13 i falli commessi. Ed ha pareggiato (3-3) quella delle ammonizioni. L’espulsione di Dionisi è arrivata a partita ormai finita.
Le statistiche non comprendono il numero dei minuti effettivamente giocati: nella ripresa sembra che la palla sia stata in gioco solo 18 minuti su 51! Le statistiche non comprendono il numero dei giocatori caduti, a volte apparentemente svenuti se la caduta non era preceduta da urla disumane.
A stramazzare al suolo ha cominciato dopo due secondi (!) di gioco Lapadula che ha così probabilmente stabilito un record. Attaccante tanto bravo (Berlusconi sborsò dieci milioni di euro per averlo al Milan) quanto provocatore. L’Ascoli e i suoi tifosi lo conoscono bene e ricordano gli “scontri” quando giocava nel Teramo in C e poi nel Pescara in B. Nella mente degli ultras è ancora impressa la scena dell’allora bianconero Del Fabro col viso sanguinante dopo un contatto in area con Lapadula. Prima ancora un Teramo-Ascoli di Coppa Italia. Quella sera il bianconero Mengoni lo zittì a modo suo rimediando un rosso. Lapadula era entrato in campo da poco. L’Ascoli vinceva 0-3, poi finì 1-3. Chi segnò il gol della bandiera per il Teramo? Lapadula. Quando ha messo piede sul terreno di gioco è stato accolto da cori che definire offensivi è puro eufemismo. Poi la vendetta. Alla fine il popolo bianconero avrebbe preferito l’eliminazione piuttosto per un autogol.
La serata si è chiusa con tutti i tifosi in festa: vincitori e – spettacolo unico – vinti. Quelli dell’Ascoli cantavano “Torneremo in Serie A”. Quelli del Benevento storpiavano invece uno dei cori degli ultras bianconeri concludendolo con “… e il Picchio torna a casa”. Ci stanno entrambi. La speranza dei tifosi dell’Ascoli è quella dichiarata. La speranza dei tifosi del Benevento è di non vedere la propria squadra rinunciare a giocare pure nella doppia semifinale con il Pisa. Non tutte le ciambelle escono con il buco.
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