di Luca Capponi
Quando resti in tutti i modi attaccato alla vita. Con ogni briciola di energia rimasta. Testardamente. Urlando fino a consumarti la gola. La storia di questo cane non può lasciare indifferenti. Commuove. Perché non ha lieto fine, purtroppo. Ma dà comunque speranza. Quella di uomini che sanno ancora ascoltare il cuore.
Sono quasi le dieci di mattina sulla Montagna dei Fiori, nella zona delle Tre Caciare. Mattinata fresca, ma non troppo, clima ideale per una passeggiata tra la natura. L’escursionista cammina e si gode lo spettacolo, in solitudine. Poi a un certo punto la sua attenzione viene attirata da un verso. Dapprima indistinto e lontano. Poi sempre più presente. Un latrato di dolore. Un lamento. Si tratta di un animale, sicuramente in difficoltà.
L’uomo incuriosito, cerca di individuare la fonte di quello che sembra essere, col passare dei minuti, un vero e proprio grido di aiuto. Cammina, ma non capisce. A un certo punto sembra darsi per vinto, perché il guaito intermittente sembra non avere una fonte certa. Alla vasca utilizzata per contenere l’acqua, situata poco distante, non ci aveva nemmeno pensato. Si avvicina, ma niente. È solo quando arriva in prossimità delle barriere protettive che nota un cane, a mezz’acqua, intento a tenersi su per non affogare. Il lamento è il suo. E strazia il cuore. Chissà da quanto si trova in quella situazione. Ore ed ore di lotta contro un destino che appare ineluttabile. Finito chissà come lì dentro, non riesce uscire per la mancanza di appigli. Gira e rigira nuotando, per restare a galla. Vivo finché le forze gli reggono.
L’escursionista capisce subito che è il caso di chiedere aiuto, ma non ha il telefono con sé. Allora si mette a correre verso la sua macchina, veloce. Chiama i Vigili del fuoco. A rispondere è il Comando di Teramo.
“Arriviamo il prima possibile“, è la riposta puntuale, che dà speranza.
Nel frattempo, i pompieri gli suggeriscono di trovare qualcosa da gettare in acqua, in modo che il cane possa provare ad aggrapparsi. L’escursionista allora si mette a cercare, pensa anche a come poter aiutare l’animale, ma niente. Le barriere sono alte, tra l’acqua e il muro c’è più di un metro e le maglie della stessa barriera sono troppo strette. Nessun pertugio, niente. In pratica, il cane non è raggiungibile. Non si capisce come sia potuto finire lì dentro. Ci vorrebbero una scala e l’attrezzatura adatta. L’acqua scura, poi, non fa capire quale sia l’effettiva altezza della vasca.
Dopo un po’ di ricerca, l’uomo torna con un piccolo tronco e alcuni oggetti abbandonati che paiono poter galleggiare. Li tira in acqua, tra i lamenti del cane che non molla.
“Dai piccolo, resisti che ce la fai, tra un po’ arrivano a salvarti”.
Nell’attesa dei soccorsi, l’uomo si allontana per un po’, fiducioso, tenendo sempre d’occhio, finché può, la grande vasca. Il grido del cane, invece, è un’amara costante che non scema. I Vigili lo richiamano, mostrando grande tatto, per sapere come procede la situazione. L’uomo li informa e li esorta a fare presto. Un’oretta dopo ecco l’arrivo dei soccorsi. Encomiabili. L’uomo li scorge da molto lontano e imbocca veloce la via per raggiungerli. Ci mette un po’, e finalmente arriva anche lui sul posto.
“Ci ha chiamato lei, vero?”
“Sì…dov’è il cane?”
“Purtroppo lo abbiamo tirato fuori che era già morto… forse è finito in acqua scivolando dentro quei tubi, sicuramente era assetato quando ha provato a infilarsi lì per raggiungere l’acqua”.
“Grazie di essere venuti, davvero…”.
Poco lontano c’è un velo bianco che copre il povero animale. Questione di minuti. Di pochi minuti, prima dello spasimo finale. Bandiera bianca. Il cane coraggioso ha finito le forze. Che Dio ti abbia in gloria, piccolo amico.
L’uomo non ce la fa ad avvicinarsi troppo, le parole gli si bloccano in gola, e se ne va commosso, consumandosi nel rimpianto, rimuginando fino alle lacrime: “Potevo fare di più? Con la corda che avevo in auto, magari facendomi aiutare da qualcuno, ma proprio oggi qui non passava nessuno. Ci potevo provare in qualche altro modo? Non lo so… “.
No che non potevi fare di più. Hai fatto il massimo, caro escursionista. Il massimo. Ti aspettavi un esito diverso, sì, sembrava fatta, e invece…bisognerebbe riflettere, come al solito. Sulla cattiveria di altri esseri umani, che sembra assurdo ma fanno parte della tua stessa specie, caro escursionista. Sì, perché il povero cucciolo aveva un collare, e ciò significa quasi sicuramente che un padrone ce l’aveva. E che quel padrone, con tutta probabilità, lo ha abbandonato senza pietà come accade spesso all’affacciarsi della bella stagione. Oppure, e nessuno vuole lontanamente neanche pensarci, il padrone ha fatto qualcosa di persino peggiore che abbandonarlo…ma lasciamo stare.
Magari si era solo smarrito, e la sete lo ha condotto dove non doveva. Una fatalità, che l’uomo ha provato con grande abnegazione a sventare. Meglio pensarla così.
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