di Maria Nerina Galiè
Brutto momento per la Sanità picena che in questa caldissima estate si trova al centro di un fuoco incrociato. Da una parte i contagi da Covid che non si fermano. Anzi. Il virus corre e le richieste di cure mediche, che “fortunatamente” solo in parte necessitano di ospedalizzazione, sono tantissime, intasando centralino del 118 e Pronto Soccorsi (a livello regionale sono circa 150 i pazienti ricoverati in area medica, mentre alla stessa data di un anno fa solo 16 persone).
Dall’altra parte c’è la carenza di personale e, quel poco che c’è, deve fare le ferie dopo due anni di lavoro ininterrotto per contrastare gli effetti della pandemia.
L’Area Vasta 5 corre ai ripari con un piano che prevede, tra le altre cose, la copertura su base volontaria di turni al Pronto Soccorso da parte di medici di altri reparti, ed il potenziamento del triage a San Benedetto. Piano che lascia perplessi gli stessi medici. Basti vedere come hanno replicato i rappresentanti del Cimo.
Si conta ancora sui fondi per l’emergenza Covid, che hanno permesso in questi due anni di affrontare le fasi critiche, rastrellando quanti più operatori possibili. Facendo pertanto di necessità virtù, e fino al 15 settembre sono stati prorogati contratti a quasi 90 infermieri, un centinaio di operatori sanitari, ed altre figure professionali.
Prorogato per un mese dall’1 luglio il contratto al dottor Giulio Filipponi, medico in pensione, e stipulato uno nuovo di 6 mesi con il collega, pure in pensione, dottor Giorgio De Santis.
Il dottor Filipponi, anestesista rianimatore, aveva risposto all’avviso di reperimento di personale medico ed infermieristico in quiescenza durante la prima ondata della pandemia, a marzo 2020. L’incarico era stato prorogato 4 volte, con l’ultima scadenza al 30 giugno. Resta, per un altro mese con fondi dell’emergenza Covid («al fine di evitare l’interruzione di pubblico servizio tenuto conto del costante incremento dei casi di contagio derivanti dalla diffusione del Covid-19» si legge nella determina), su espressa richiesta del direttore del reparto Anestesia e Rianimazione dell’ospedale “Mazzoni” di Ascoli, la dottoressa Ida Di Giacinto, che segnala la carenza di personale e «l‘urgenza, l’indifferibilità ed indispensabilità al fine di garantire la continuità dei servizi».
Il dottor De Santis, chirurgo, ha risposto all’avviso dell’Asur – lo aveva già fatto nella fase clou della pandemia – sottoscrivendo un incarico semestrale come lavoratore autonomo e presterà la sua opera al Pronto Soccorso dell’ospedale “Mazzoni” di Ascoli fino a dicembre prossimo.
Ma non si può sempre fare affidamento con i fondi per l’emergenza. Sul piano triennale dei fabbisogni di personale i sindacati, tutti e non è un fatto scontato, sono sul piede di guerra: “Invece che investire risorse aggiuntive, Asur prevede per la fine del 2022 un risparmio pari a 1 milione e 800.000 euro per l’Area Vasta 5, risparmio pagato con la perdita di circa 180 lavoratori tra personale sanitario, tecnico ed amministrativo”.
Ci sono tutte le rappresentanze sindacali, nessuna esclusa, nella protesta che, annunciata attraverso comunicazioni inviate ai vertici della Sanità nazionale, regionale e locale, culmineranno nel presidio organizzato il 12 luglio ad Ancona. Le firme sono del coordinatore della Rsu Paolo Grassi, Viola Rossi (Cgil Fp), Giorgio Cipollini (Cisl Fp), Paolo Sabatini (Uil Fp), Maurizio Pelosi (Nursind), Roberto Tassi (Nursing Up), Fausto Menzietti (Fials), Mauro Giuliani (Usb), Benito Rossi (Ugl).
«Dati alla mano – scrivono i rappresentanti dei lavoratori del comparto Sanità del Piceno – si riscontrano: il più alto numero di precari di tutta la regione, la mancata copertura dei turn over perpetrata per anni, una scarsissima dotazione organica anche in relazione ai sette nuovi servizi aperti a iso-risorse, il mancato riconoscimento dei tempi di vestizione (mancanza che sta costando all’Area Vasta 5 la bellezza di oltre 4 milioni di euro, ndr), la mancata attribuzione delle funzioni nonostante i numerosi posti vacanti, una riorganizzazione dei servizi di fatto priva dello strumento con cui attuarla».
Si è dovuto pure fare un passo indietro, in Area Vasta 5, anche sull’ipotesi di allentare gli orari e le postazioni del servizio di controllo e vigilanza, attivato tramite una convenzione con una ditta privata, all’ingresso degli ospedali piceni e di presidi, come Cup e sedi dei Dipartimenti di prevenzione. L’idea mal si combinava con il tana libera tutti dalle restrizioni, con persone che pretendevano di entrare nei reparti o nelle sale d’aspetto senza mascherina. Il servizio è stato pertanto prorogato fino al 30 settembre seppure, in alcune strutture, con alleggerimento dell’orario. Non è il caso degli ingressi degli ospedali “Mazzoni” di Ascoli e “Madonna del Soccorso” di San Benedetto, dove si entra con le mascherine ffp2.
Non da ultimo, l’assessore regionale alla Sanità Filippo Saltamartini annuncia l’arrivo delle Uca (unità di continuità assistenziale) al posto delle Usca, per le cure a domicilio dei Covid ed anche per alleggerire i Pronto Soccorsi dai codici bianchi: da una possibile boccata d’ossigeno ad un’apnea annunciata se sarà confermato il quasi dimezzamento del compenso a ora. I medici delle Usca prendevano 40 euro l’ora, quelli delle Uca 23,40 euro. Su 150 professionisti, fino ad ora hanno accettato in 10.
La preoccupazione serpeggia anche tra i sindaci del Piceno, tra cui i primi cittadini dell’Unione dei Comuni della Vallata del Tronto che hanno indetto un Consiglio comunale straordinario, per lunedì 4 giugno alle ore 21, nella sala consiliare di Castel di Lama, dedicato proprio alla situazione in cui versa la Sanità, ai problemi ma anche per incentrare l’attenzione sui bisogni del territori per meglio indirizzare le scelte. La seduta è aperta ai cittadini e sono stati invitati anche esponenti delle Istituzioni, operatori sanitari, sindacati.
Ed ancora, Fabio Urbinati, di Italia Viva, lancia l’allarme, ma non accuse come tiene a precisare, sull’Hospice di San Benedetto ed il rischio di non poter continuare il servizio di cure palliative di malati oncologici. Ecco le sue parole: «Le difficoltà dell’ospedale di San Benedetto, rischiano di ripercuotersi anche su un servizio territoriale importante come quello delle cure palliative. All’Hospice sono a rischio i servizi ai malati, poiché al reparto di oncologia mancano medici in organico che già un anno fa dovevano essere rimpiazzati.
Ricordo che stiamo parlando di un servizio essenziale e di straordinaria importanza non solo per il malato ma soprattutto per le famiglie. Noi conosciamo i problemi del servizio sanitario. Per questo non lanciamo accuse di stampo populista. Ma chiediamo una risposta immediata che con un intervento della governance regionale potrebbe arrivare molto presto».
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