di Walter Luzi
Quando i più vecchi che sono vissuti dalla frazione Piagge in su ricordano la loro gioventù, c’è il nome di un uomo che ritorna sempre. Sc’rocch’. Giovanni Sirocchi. Nessuno lo ha dimenticato. Anche se se n’è andato, come capita, purtroppo, quasi sempre a tutti i migliori, troppo presto. Giovanni, Sc’rocch’, non era solo un uomo tutto d’un pezzo, forte e puro. Ha scritto anche un pezzo della storia di Colle San Marco quando la strada nemmeno ci arrivava. e dello sci ascolano, quando gli sci erano ancora di legno e si costruivano a mano, in casa.
QUELLA CASA FRA I CAMPI DI GRANO DEL PIANORO
La casa dove ha vissuto Giovanni Sirocchi c’è ancora sul pianoro di Colle San Marco. Ora ospita una trattoria. In passato è stata utilizzata anche come foresteria dall’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo. Ma negli anni Trenta, quando inizia la nostra storia, è una grande casa di contadini dove già abita la famiglia Pulcini. Più tardi arriveranno i Rozzi dalla vicina costa d’M’rò .Tutto intorno ci sono solo campi coltivati. A grano, granturco, fieno per gli animali, patate, ortaggi. La terra, preziosa alleata, con cui combattere la fame di quegli anni. Ogni metro quadrato arabile è coltivato e custodito dai contadini del pianoro. Mezzadri nel migliore dei casi, visto che i terreni appartengono quasi tutti alla Congregazione di Carità, poi confluita nell’Istituto Riunito di Cura e Ricovero. La vegetazione è scarsissima. Solo una lunga fila di meli separa i terreni delle due famiglie, più o meno lungo l’asse del viale alberato che oggi porta ai campi da tennis. Da un lato, dove oggi c’è il chiosco delle bibite, anche una fonte e un abbeveratoio per gli animali. Più in là, in zona chiamata Picch’ Rusc’ , solo un altro paio di case coloniche che saranno teatro anche di uno dei martìri della Resistenza. La strada brecciata carrozzabile finisce sugli argini del fosso Gran Caso. Il ponte lo costruiranno solo alla fine degli anni Trenta, per fare arrivare la strada proprio fino alla casa dei contadini e all’Albergo Paradiso, lì vicino.
Giovanni è nato, nel 1919, nell’Acquasantano, perchè i genitori, Pietro e Maddalena, sono originari di lassù. Arrivano con loro il fratello di Pietro, Luigi, e cinque sorelle. Giovanni cresce dunque lavorando in campagna fin da bambino. Quando arriva a Colle San Marco è quasi un adolescente, ma già dimostra di che pasta è fatto.
IL CONTADINO SCIATORE
Gli sci nascono, fondamentalmente, come un mezzo di trasporto per chi vive in montagna. Anche per il giovanissimo Giovanni è andata così. In quegli anni a Colle San Marco nevica tanto e spesso, e quando capita di restare a lungo isolati il fieno per i buoi nella stalla comincia a scarseggiare. Allora Giovanni si carica i suoi sci di legno fatti in casa sulle spalle e si avvia a piedi, nella neve, verso i terreni più a monte, più o meno all’altezza del rifugio Paci. Qui, dopo aver inforcato gli sci si carica una balla di fieno sulle spalle e la scende fino al pianoro. Gambe e tecnica, per le future gare che verranno, se le fa così, da autodidatta. Con delle funicelle al posto degli attacchi per assicurare alla meglio le grosse scarpacce agli sci. Stando attento a non sprofondare nei cumuli di neve fresca, disegna veloci traiettorie nonostante il peso del fieno. Bisogna far presto, prima che gli animali comincino a soffrire la fame, o che le condizioni metereologiche peggiorino. La gara contro il tempo, in discesa, sulla neve, comincia così per Giovanni. Basso di statura, ma tutto muscoli, che gli conferiscono una forza straordinaria. Solo il sibilare del vento, e il grande silenzio bianco, tutto intorno. Quella montagna, di cui conosce bene ogni anfratto, ha il suo fascino, e comincia a diventare meta di gite domenicali delle famiglie ascolane più facoltose. Capita sempre più spesso che salgano, a gruppi, verso il pianoro.
Ma la meta preferita dei primi sciatori ascolani è la stazione sciistica di Forca Canapine. Qui, con la temerarietà dei sui diciotto anni, vi disputerà diverse gare, fra cui il prestigiso Trofeo Carfagna, insieme ai giovani rampolli delle famiglie bene ascolane con i colori dello Sci Cai di Ascoli. Lui, il contadino di San Marco, non sfigura certo al confronto. Anzi, arriverà a disputare molte gare, sia di discesa che di fondo, nella seconda metà degli anni Trenta, persino in alta Italia. Anche se il suo abbigliamento è dimesso, le sue attrezzature tecniche non di avanguardia. Come possono disporne invece i coetanei con maggiori mezzi economici. Ecco, mancano soprattutto quelli, i soldi, a Giovanni, per entrare, alla pari, nell’elite. Per non essere snobbato, nella ristretta cerchia, da villico quale è. Forte sì. Ma pur sempre un contadino. Senza denari, nè sangue blu. Ad aspettare Giovanni Sirocchi dopo le gare, ci sono i suoi campi da arare per poter sopravvivere, e non località alla moda dove allenarsi per tentare di primeggiare.
LE PATATE LESSATE
Lasciate le auto alla fine della carrozzabile, e dopo il guado del torrente Gran Caso, i gitanti ascolani della domenica proseguono la salita a piedi verso la Montagna dei Fiori. La sosta ristoratrice, soprattutto quando il tempo si mette al brutto, alla grande casa d’ Sc’rocch’ è d’obbligo. E loro, i Sirocchi, sono sempre molto ospitali. All’interno di una grande baracca infatti, dentro un enorme calderone, arde, giorno e notte, il fuoco in inverno. Spesso, dentro un paiolo, Giovanni mette le patate a lessare, e i cittadini in gita di passaggio non disdegnano mai un gradito assaggio.
Lo racconta ancora Giancarlo Catalucci, dall’alto delle sue novantuno primavere portate senza fatica. Cronometrista ufficiale è stato per molti decenni dirigente regionale della F.I.G.C. E’ stato anche uno dei primi, grandi appassionati della “nostra” montagna, e si ricorda ancora di Giovanni Sirocchi e del buon sapore delle sue patate lesse in quel riparo dove, con i suoi amici, si fermava ogni volta a riposare un pò prima di proseguire la salita. Alcuni di questi antesignani escursionisti affittavano un mulo alle Piagge su cui potevano caricare tutti i propri bagagli, per farseli comodamente portare fino a destinazione. Altri invece, arrivati sul pianoro con tutta la soma in collo, chiedono a Giovanni di portargli, dietro modico compenso, su lui gli sci, o, magari, anche le ceste di vettovaglie per il pranzo. Lui conosce bene la zona e la fatica non gli ha mai fatto paura. Sale a piedi, carico anche dei suoi sci, che mette poi per tornare velocemente indietro e fare un altro carico. E’ abituato. Sempre con gli sci, in inverno, scende fino in Ascoli, lungo la vecchia, scoscesa mulattiera della P’rtella. E risale portandosi tutto in spalla. Sci e soma. Sono nate così le discipline invernali nelle zone di montagna. Gli sci, il mezzo di trasporto più veloce ed economico su cui poter contare.
LA PRIMA SCIOVIA A COLLE SAN MARCO
Lo Sci Club Ascoli, fusosi presto con lo Sci CAI Ascoli, attivo già negli anni Trenta, è nato nel 1945. E’ uno dei più antichi d’Italia e fra i primissimi ad affiliarsi alla Federazione Italiana Sport Invernali. Ha avuto il merito di valorizzare enormemente la stazione sciistica di Forca Canapine prima di rivolgere la sua attenzione alla più vicina Montagna dei Fiori. Dopo l’abbandono infatti di un primo ambizioso progetto per costruire un impianto di risalita sui Colli della Luna, a quota 1.200 metri, fu fra i promotori della realizzazione della prima sciovia al Giammaturo, poco più su del rifugio Paci, nel 1953. Progettata dal geometra Tullio Pallotta, viene tirata su dalla ditta Troyer con i soldi delle autolinee Procaccioli. Monta un motore a scoppio da sette cavalli per far girare una fune abbastanza rudimentale lungo i trecentocinquanta metri della sua lunghezza. Gli sciatori si assicuravano alla fune per mezzo di ganci in ferro che, all’arrivo sulla sommità venivano sganciati e lasciati in terra. Era compito di alcuni bambini della zona riportarli diligentemente a valle per essere nuovamente utilizzati. Fra quei bambini ci sono anche i figli di Giovanni Sirocchi. Dopo le nozze con Maria infatti, una ragazza originaria di Vallesenzana, nel 1948, sono arrivati Mario, nel 1949, e Franco nel 1951. Appena due anni dopo se ne andrà, anche lui prematuramente, il papà Pietro. Il prezioso servizio di recupero dei ganci permette ai piccoli di poter sciare liberamente, e gratis, insieme ai più grandi, i clienti della sciovia del Giammaturo. La prima a sorgere sulla montagna degli ascolani.
GLI SCI COSTRUITI IN CASA
“Gli sci si costruivano in casa – ricorda ancora Franco Sirocchi – e, alle Piagge il maestro indicusso in questa arte era Pino Alesi. Quando uno dei nostri vicini di casa, Rinaldo Rozzi, partì per andare a lavorare in Olanda, ci appropriammo indebitamente dei sui suoi sci, e insieme a mio fratello ideammo gli attacchi …di sicurezza fatti in casa. Tagliammo infatti gli stivali di nostro padre e li inchiodammo sulle tavole. In caso di caduta i piedi potevano così uscire tempestivamente dagli stivali evitandoci guai peggiori. Inutile dire quanto ci costò quella nostra bravata. Ma le preferivamo sempre le sberle di mamma allo sguardo di babbo. Una occhiataccia molto eloquente che non concedeva mai repliche. Noi bambini andavamo sempre con gli stessi pantaloni corti e gli stivali ai piedi, in tutte le stagioni, e dormivamo in una grande stanza insieme alla nonna. La cucina era grande come una piazza. Lo spazio in quella casa avanzava, e così in estate affittavamo anche stanze ai villeggianti ascolani. Salivano in montagna, allora, le famiglie più agiate, Una schiera di avvocati, dottori e ingegneri. Fanini, Faraglia, Giani, fra gli altri, e anche l’onorevole Tozzi Condivi.
In inverno la neve ci entrava in casa dalle finestre malmesse, e il pullman di linea di Saverio Procaccioli, quando ne veniva giù tanta, come succedeva spesso, tornava indietro dove la incontrava. Noi, di conseguenza, non potevamo scendere per andare a scuola. Babbo aveva anche attrezzato una sorta di rudimentale spazzaneve, con tavoloni di legno inchiodati a cuneo e trainati dai buoi, per cercare di aprire un varco lungo la strada, almeno fino a Carpineto. Ma gli inverni, allora, erano molto lunghi e rigidi, e un bel giorno salirono i carabinieri a cercare noi, e i nostri genitori, a causa della nostra mancata frequenza della scuola dell’obbligo. Il babbo si fece sentire allora proprio con il politico più potente dell’epoca, Tozzi Condivi, abituale frequentatore, come detto, della nostra montagna. L’onorevole in effetti si mobilitò subito per porre riparo al disservizio. Il pullman di Procaccioli continuò a rimanere bloccato dalla neve, ma a noi trovò due bei posti in collegio. In città, all’E.C.A. dove ci saremmo così risparmiati tutti problemi dei pendolari”. Una genialata.
I TANTI MESTIERI D’ SC’ROCCH’
Il forno che i fratelli Giovanni e Luigi Sirocchi, hanno costruito nella vecchia casa sul pianoro, il forno è così grande che i bambini ci entrano dentro tutti e due, per giocare a nascondino. Mamma Maria e nonna Maddalena vi cuociono montagne di pane benedetto. Dieci pagnotte da tre chili l’una per volta. E nell’impasto della farina ci mettono anche una patata, quello è il loro segreto per mantenerle fresche e morbide più a lungo. A Carpineto c’è un mini emporio di generi alimentari che vende prodotti di prima necessità. La famiglia di Giovanni paga con il grano quello che compra. E’ il baratto. Saggio, virtuoso e antichissimo sistema economico di scambio prima che l’uomo faccia la più dannosa delle sue invenzioni. La prima di una lista interminabile. Il denaro. L’inizio della fine. Per lui, e per il pianeta. Giovanni Sirocchi è molto richiesto in tutto il circondario anche in un’altra veste. E’ bravissimo infatti nell’uccisione e macellazione fatta in casa dei maiali, che quasi tutte le famiglie allevano in proprio. Un rito truculento tramutato in una tradizionale festa agreste dell’abbondanza. Sancito dalle ‘mmasciate d’lu’puorch’ fatte nelle case, quando del malcapitato suino non si buttava via nulla, e pertiche e magazzini si riempivano di scorte alimentari per tutto l’anno. E poi se ne intende parecchio anche di castagne, e seleziona le sementi dei vari tipi di grano, scegliendo il più adatto, alla fine sarà il san pastore, per le caratteristiche dei suoi campi. Un patrimonio di esperienze e conoscenze dilapidato.
IL TURISMO SCACCIA IL GRANO
Il 1964 segna la svolta nella sua vita. Una grande festa popolare anima l’inaugurazione della moderna bidonvia che collega San Giacomo a Monte Piselli. Colle San Marco si apre al turismo di massa. Sul pianoro non c’è più posto per le coltivazioni. Su un vasto appezzamento si costruiranno campi da tennis e chi lo coltiva ne diverrà il custode. Le terre di Giovanni Sirocchi sono destinate invece, come tante altre vaste zone di quella montagna, ad una massiccia opera di rimboschimento. Giovanni chiede di poter restare in quella che è la sua casa. E’ disposto a rinunciare anche all’indennizzo in denaro previsto, in cambio di un pezzo di terra, da qualche parte nelle vicinanze, da poter continuare a coltivare. Maria lavora già per i Vitelli, numerosa ed apprezzata famiglia di storici ristoratori ascolani, nel vicino albego Paradiso. Anche loro si adoperano a favore della richiesta di Giovanni Sirocchi, che però non trova accoglimento. L’azienda autonoma di Soggiorno e Turismo nata nel 1957, con il suo fondatore e direttore Raniero Paci, non vuole sentire ragioni. Sarà il turismo il futuro per quelle zone. Per i contadini non c’è più spazio sul pianoro di Colle San Marco. Lo sfratto lascia la famiglia Sirocchi senza un tetto, ma arriva, provvidenziale, l’aiuto di Vitelli, che mette con generosità a loro disposizione una delle sue case a Carpineto con annesso piccolo appezzamento e un castagneto. Per continuare a mantenere la famiglia invece, Giovanni trova lavoro nella cava di travertino di Franco Mariani sempre a Colle San Marco.
LO GNOMO DI MONTE PISELLI
Il legame della famiglia d’ Sc’rocch’ con questa terra verrà perpetuato anche dal figlio Franco, per trentadue anni responsabile degli impianti e della sicurezza della seggiovia di Monte Piselli. Una stazione sciistica inaugurata nel 1982 che segnerà, nel bene e nel male, un epoca, sotto la direzione tecnica di Sandro Alesi. Franco Sirocchi, da tutti meglio conosciuto con il nomignolo lo gnomo, è personaggio stimato e molto amato, sempre dalla battuta pronta, e grande innamorato, come il padre, della montagna e dello sci. Quella di Monte Piselli è una delle tre sole località in Italia da dove è possibile sciare e vedere il mare. Un gioiello mortificato dalle dispute miopi da pollaio fra le province di Ascoli e Teramo, che non conoscerà mai nè gli investimenti, nè l’auspicato sviluppo che avrebbe meritato. E destinato ad una lunga, tristissima agonia che si trascina fino ai giorni nostri, con un fine vita tecnico dell’unico impianto rimasto in funzione, ormai prossimo, fissato com’è, inderogabilmente, per il 2024. Giovanni Sirocchi se ne è andato invece, a soli sessantasette anni, nell’inverno del 1986. Un brutto male è stato più forte di lui. E’ scesa silenziosa tanta neve, in quei giorni tristi, a salutarlo.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati