di Giuseppe Di Marco
«Chiederemo un incontro con la dirigenza del Ministero competente. Questa situazione va risolta, in gioco c’è il futuro di tante attività. Alcune di queste, purtroppo, hanno già mollato». E’ rabbia mista a preoccupazione, quella che si legge sul volto di Enzo Raffaele, così come di tutti gli altri armatori le cui imbarcazioni sono rimaste attraccate per via del fermo pesca imposto sul piccolo pelagico. Una misura su cui la categoria ha suggerito una piccola modifica, che Roma ha puntualmente rifiutato, senza addurre spiegazioni. La crisi però non si combatte con repliche succinte.
Ad inizio ottobre, 22 imbarcazioni di stanza nel tratto di Adriatico che va da San Benedetto a Gallipoli hanno chiesto al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf) di rivedere il periodo di fermo biologico previsto per la pesca delle sarde. Anziché interrompere l’attività per tutto novembre, gli armatori hanno proposto un intervallo che va dal 14 ottobre al 12 novembre. I motivi sono tanti: novembre è uno dei mesi migliori per pescare. Vista la crisi, inoltre, perdere un intero mese di lavoro è deleterio per il comparto della marineria.
La risposta del Mipaaf, già resa nota da Cronache Picene, ha innalzato un muro fra il bureau romano e le volanti, parte delle quali si trova in Riviera. Ferme al molo nord, in attesa di vedere aprirsi una crepa su questa barriera governativa.
«Le barche ferme a San Benedetto sono 8 – continua Raffaele – su ognuna di esse c’è un equipaggio di 7 o 8 persone. Considerando gli armatori firmatari della lettera al Ministero, stiamo parlando di oltre 160 persone con famiglia a carico». Nel frattempo, le lampare prendono il largo e pescano senza reali restrizioni. «Martedì, al mercato di Ortona, sono state battute tra le 17.000 e le 18.000 casse – aggiunge Giulio Campanale – una quantità spropositata. Noi invece neanche riusciamo ad andare in mare e quando possiamo, con i prezzi attuali, arriviamo a spendere 4.500 euro di nafta al giorno». E al danno si aggiunge la beffa: quando il piccolo pelagico arriva sul mercato, vista la sovrabbondanza di pescato, viene battuto a prezzi stracciati. Anche a 5 euro a cassetta.
Dopo mesi di proteste a terra, è arrivato il momento di imprimere una svolta a questa incresciosa situazione: imprenditori, marinai, commercianti ittici, e le famiglie di tutto questa rete sociale ed economica non possono andare avanti senza garanzie sul proprio futuro.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati