di Maria Nerina Galiè
Il Covid non fa più paura, ma continua a vedere persone ricoverate per patologie legate al contagio o per altri problemi. In quest’ultimo caso il paziente positivo, in ospedale ad esempio per un trauma da incidente, deve essere comunque isolato. Questo comporta personale dedicato che deve stare per 4 ore nella scomodissima tuta ormai tristemente conosciuta da tutti ed è impegnato in attività non solo più rischiose, proprio per il contagio, ma anche più complicate.
All’ospedale “Mazzoni” di Ascoli dal mese di luglio tutti i pazienti positivi al Coronavirus sono collocati alla Murg del terzo piano, 13 posti al momento attivi e che possono arrivare a 18 (ma in questo caso sarebbe obbligatorio altro personale).
Si tratta di pazienti in ospedale per complicanze del Covid (pochi, eppure ancora ce ne sono) e per quelli che arrivano al Pronto Soccorso per altro e, seppure asintomatici, risultano positivi al tampone di controllo.
Direzione di Area Vasta 5 e ospedaliera hanno adottato questa strategia per evitare che si possano verificare cluster nei reparti. Il “modello” è stato esportato anche al “Madonna del Soccorso” di San Benedetto.
I 13 posti letto nella Murg Covid del “Mazzoni” – limite in base al quale è stato adibito il personale – sono rimasti occupati quasi sempre in questi mesi. E’ anche capitato che, per un’emergenza, arrivasse il quattordicesimo. Un lavoro senza sosta per infermieri e oss addetti i quali hanno palesato più che l’insoddisfazione – che attribuiscono a disfunzioni organizzative – quanto piuttosto l’esigenza di un potenziamento di organico, vista la particolarità dell’impegno, durante l’assemblea sindacale.
A raccogliere le loro proteste, scrivendo alla direzione sanitaria regionale e di Area Vasta 5, sono stati i rappresentanti dei lavoratori di Nursind e Usb: «Il personale infermieristico e oss – si legge in una nota – per poter erogare gli interventi assistenziali destinati ai pazienti Covid, e quindi, clinicamente molto complessi, devono continuamente “arrangiarsi”, a causa del numero insufficiente del personale rispetto al
numero di pazienti».
«Inoltre – sottolineano i sindacalisti – non vi è neanche la presenza fisica del medico».
Questo accade perché alla Murg Covid ci sono pazienti in carico a specifici reparti. Ciascuno di loro è seguito da un medico diverso che viene chiamato all’occorrenza, ma sempre che segue il paziente ed esegue controlli periodici. Se si tratta di un’urgenza, è chiaro che lo specialista arriva immediatamente. Se non lo è può passare anche del tempo.
Ma è l’infermiere della Murg Covid che deve fare da collegamento con i medici dei vari reparti per la gestione di problematiche assistenziali, a volte anche da “remoto”. Si sentono pertanto caricati di una grande responsabilità: «Riteniamo questa procedura del tutto inappropriata – si legge ancora nella nota di Nursind e Usb – e che genera un rischio clinico elevatissimo».
Il tutto a fronte di «turni di lavoro massacranti: i lavoratori devono indossare la tuta anti-Covid per oltre le 4 ore consentite e la pausa è concentrata in pochi minuti solo per espletare i bisogni fisiologici».
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