di Andrea Ferretti
L’Ascoli è tra le squadre più forti della Serie B. Guardando la classifica attuale si potrebbe dire che ce ne sono sei che valgono di più, ma qualche punto di differenza conta zero. Al di là dell’attuale graduatoria, sono in parecchi a considerare superiori ai bianconeri il Genoa, il Cagliari, il Frosinone, il Bari, il Parma, la Reggina, mettiamoci pure la Ternana, addirittura Palermo e Benevento che stanno faticando, e mettiamoci pure il ricco Como. Su un paio si può anche essere d’accordo, ma il Picchio è senza dubbio tra le prima quattro formazioni della cadetteria.
Una forza che si evince, oltre che dagli ultimi risultati, da alcuni aspetti che sono sotto l’occhio di tutti, ma che rischiano di passare inosservati o, magari, essere dati per scontati. Innanzi tutti la rosa: di grande livello, frutto di un mix veterani-giovani ben riuscito e altrettanto ben gestito dal direttore sportivo Valentini ma soprattutto dall’allenatore Bucchi. Un gruppo dove tutti sono titolari e nessuno è titolare. Un gruppo dove chi viene chiamato in causa lo fa bene dando il massimo. Basta vedere il rendimento di coloro che in queste prime undici giornate sono subentrati dalla panchina. Mendes, che qualcuno temeva fosse un clone di Iliev, è solo l’ultimo caso.
Forza del gruppo determinante. Un aspetto che capitan Dionisi ha ribadito dopo la vittoria di Bari, prima e dopo quella sul Cagliari, prima e dopo quella di Venezia. La forza del gruppo nasce nel chiuso dello spogliatoio ed è stata ritrovata proprio lì, dopo il periodo nero di due punti in cinque partite durante il quale è stata seminata zizzania a volontà su società, diesse, Bucchi e giocatori.
La forza del gruppo, che nel passato campionato aveva funzionato a meraviglia, in effetti era stata minata da un paio di scelte non felicissime. Bucchi è però corso ai ripari dimostrando di essere saggio e umile e abbandonando un 4-3-3 che non funzionava nonostante la potenziale alternanza di quattro esterni alti del calibro di Bidaoui, Lungoyi, Falzerano e Ciciretti.
Veniamo alle “mine”. La prima è stata l’esclusione di Dionisi dall’undici titolare nella prima parte di campionato tra squalifica (prima giornata) e successive scelte tecnico-tattiche. Il capitano è diventato titolare solo dalla settima giornata a Benevento e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: l’Ascoli è imprescindibile da lui. La seconda è stata la scelta del portiere Baumann come vice Leali, ingaggiato di gran corsa e buttato (il termine più giusto) in campo a quarantott’ore dal suo arrivo, come se quel giorno a Perugia l’Ascoli non avesse un altro portiere per sostituire il titolare infortunato. Guarna per giocare ha dovuto poi “sfruttare” il fatto che ci fossero due portieri contemporaneamente ko.
Perché “mine”? Perché Guarna e Dionisi non sono due giocatori qualsiasi, bensì due giocatori non solo bravi ma, insieme a Bellusci ed Eramo, anche leader dello spogliatoio. Guarna non è solo il portiere che in 124 anni di storia del Picchio ha difeso più di tutti (168 volte) la porta dell’Ascoli, ma anche uno dei più esperti numeri uno in circolazione. Per Dionisi ogni aggettivo è superfluo. Bastano tre numeri: 500 (le gare tra i professionisti), 4 (i gol segnati di fila), 116 (le reti che lo vedono lievitare nella classifica all time dei bomber di B).
Bucchi ha dunque provveduto a sminare spogliatoio e campo. La prova che l’aria sia cambiata è l’esclusione di Bellusci dall’undici titolare nelle ultime due partite. La risposta sta nella domanda: perché questa scelta non ha prodotto effetti collaterali?
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