di Gabriele Vecchioni
Nel precedente articolo, dopo una visione d’assieme delle porte di Ascoli, abbiamo approfondito alcuni temi relativi a quella che, storicamente, si può definire come la porta più antica e più importante della città. Seguendo sempre lo schema del Cesari, cioè procedendo in senso orario a partire da Porta Romana, analizziamo altre porte della città.
PORTA SOLESTA’
La prima che si incontra applicando questo metodo, è Porta Solestà, da sempre associata al bellissimo ponte romano a una sola arcata, rimasto intatto fin dalla sua costruzione e tuttora in uso, nonostante sia cambiata la tipologia dei veicoli che lo attraversano. Tempo fa, nel corso del rifacimento di una fognatura, è stata rinvenuta una via lastricata romana che conduceva alla porta (e al ponte), corrispondente a uno dei cardi (il VII) del “reticolato” romano. Come ricorda l’autore citato, «la porta rappresenta il rifacimento di epoca medievale di quella costruita contemporaneamente al ponte, quindi in epoca augustea».
IL NOME – Sull’origine del nome Solestà non c’è ancora accordo. La spiegazione più semplice da accogliere è quella del Marinelli che lo fa derivare dal culto del Sole (da una Solis statua – un simulacro – o da Solis statio, il luogo dove si celebravano i solstizi). In ogni caso, nel Medioevo era il Borgo Solestano, dove si erano trasferite le attività artigianali cittadine. L’altro nome con cui è conosciuto l’ingresso – più usato dagli ascolani – è «Porta Cappuccina [Porta Cap’ccìna nel dialetto locale, nda], per il fatto che i francescani Cappuccini hanno nel luogo un loro convento (A. Rodilossi, 1983)».
LA PORTA – Quella attuale, che sostituì la primitiva porta romana, coeva al ponte, fu fatta costruire nel 1230 dal Podestà di Ascoli, Fildesmillo da Mogliano, utilizzando il materiale della precedente costruzione e appoggiandosi a costruzioni civili: «La bella porta è costituita da un massiccio arco a pieno centro, formato da blocchi quadrati di travertino».
Tra le lapidi murate nella costruzione, quella al centro dell’arco ha gli stemmi di Ascoli e Fermo (prima metà del sec. XIII); una iscrizione ricorda la pace e la confederazione (1450) tra le due città picene. Fino alla seconda metà del Settecento esisteva un’altra porta più piccola, poi abbattuta, nelle immediate vicinanze della prima, all’ingresso del ponte.
«Naturalmente anche questa porta, data la sua importanza come via di traffico e di commercio, era munita di un presidio del dazio per la riscossione delle imposte, sistemato accanto alla fonte, quindi proprio all’imboccatura del piazzale esterno del ponte (G. Cesari, 2005)».
Dall’area della porta è possibile raggiungere una delle vie più suggestive della città, Via delle Stelle – il Lungo Tronto – conosciuto popolarmente con il toponimo dialettale ‘Rrète li mierghe. Il Ponte Romano scavalca il fiume Tronto, unendo le sue sponde dirupate. Risale all’età augustea ed è costituito da un arco singolo (una vera rarità, nelle costruzioni romane) a tutto sesto, con una luce di 22 metri e un’altezza di 25. E’ considerato uno dei più belli della romanità ed è tuttora in uso senza aver subìto modifiche sostanziali nella struttura; l’interno è visitabile e conserva ancora il basolato romano con i segni del passaggio dei carri. Come ricorda il nostro autore, per fortuna «il ponte fu risparmiato nel giugno 1944 dai tedeschi in ritirata che avevano fatto saltare quasi tutti gli altri ponti».
PORTA TUFILLA
La porta antica poggiava su uno sperone di roccia arenaria, denominata localmente tufo; sulle sue fondamenta fu edificata (1552-1555) dall’architetto Merli quella che ancor oggi è in essere. L’arco è sormontato, sopra i piombatoi per la difesa passiva, da una elegante loggetta a tre luci, per il personale di guardia. La strada arrivava alla porta dal cosiddetto “Ponte vecchio” che scavalcava il Tronto; attualmente il fiume è valicato dal “Ponte nuovo” a tre arcate che porta al rione extra moenia di Campo Parignano.
In questa zona il fiume era guadabile e, probabilmente, vi fu costruito, già in epoca romana, un ponte, del quale non rimane traccia; la supposizione si fonda sul fatto che qui passava il collegamento viario per Firmum (Fermo), raggiungibile in modo abbastanza rapido valicando il versante orientale del Monte dell’Ascensione (a Valle Fiorana è stato ritrovato un cippo miliare della cosiddetta Via Statia). Più tardi, la via per Fermo (e l’altro centro, Faleria) fu “deviata” sul più sicuro Ponte Solestà.
Prima di continuare, una breve digressione. Abbiamo più volte usato il termine “guado” e i suoi derivati. La parola deriva dal latino vadum (passaggio) ed è utilizzata anche in “assenza di acqua”, per esempio, per indicare un passo montano.
Porta Tufilla è uno dei siti di Ascoli più fotografati (dai parapetti del Ponte nuovo): oltre alla Porta, restaurata di recente e decorata da un affresco votivo, è possibile apprezzare la fantastica skyline medievale delle torri e dei campanili di Ascoli che si eleva dalle chiome della vegetazione riparia del Tronto.
I PONTI – Il Ponte Tufillo (Ponte vecchio o di Sant’Antonio, dal nome del vicino convento francescano) fu costruito nel sec. XI e, ormai lesionato, fu sostituito da un altro manufatto del sec. XVI. Alla fine del Cinquecento fu necessario sovrapporre una struttura lignea (il Cesari racconta che «fu detto allora “ponte delle tavole”»). Solo all’inizio del sec. XVII trovò la sua forma definitiva, per opera di «Mastro Torretti de Regno» [un abruzzese, nda]; altri propendono per un progetto del Giosafatti con la consulenza del Vanvitelli. Il Ponte nuovo, progettato alla fine dell’Ottocento ma costruito nel Novecento (il collaudo è del 1912), favorì l’espansione della città verso i nuovi quartieri residenziali di Campo Parignano.
PORTA MAGGIORE
Era la porta orientale della città e apriva la via verso la vallata truentina e la marina; deve il nome alla presenza del Pons maior (Ponte maggiore) sul Castellano. Il ponte «fu edificato nel 1373 su iniziativa del Vicario papale Garcia Gomez Conte di Albornoz, nipote del celebre e potente Cardinale Egidio, dai mastri ascolani Massio di Nicoluccio e Ranaldo d’Olvisco». Dopo diverse vicissitudini, nel 1944 fu fatto brillare dai tedeschi in ritirata e ricostruito nell’immediato dopoguerra (1946). Dalla spalletta è visibile, a sud, il cosiddetto Ponte di Cecco, medievale nell’aspetto ma romano “di nascita”, anch’esso ricostruito dopo essere stato distrutto dai tedeschi, alla fine della guerra mondiale. Sulle sponde del sottostante torrente Castellano sorge la mole imponente del Forte (sec. XIV) voluto dal riminese Galeotto Malatesta e rielaborato, in seguito, dal Sangallo (sec. XVI) per conto del papa di allora (Paolo III Farnese).
La cosiddetta Porta Maggiore fu costruita solo nel 1587 quando, sotto il pontificato sistino, il vescovo di Ascoli Marsilio Landriano (l’altro nome della porta è Porta Landriana) diede l’incarico all’architetto Antonio Giosafatti di erigere una porta monumentale per celebrare la sua lotta contro il banditismo locale, allora assai agguerrito. La porta fu abbattuta a metà del sec. XIX; la memoria dell’imponente monumento tardo-rinascimentale (il Cesari scrive di «una michelangiolesca leggiadrìa») è affidata alle incisioni settecentesche di Baldassarre Orsini.
A lato della Porta Landriana era situato il «casello del Dazio» per la riscossione delle gabelle (fino a qualche decennio fa c’era anche la “pesa pubblica”); attualmente nella costruzione è ospitata un’attività commerciale nell’ambito della ristorazione.
Il Ponte di Cecco e il Ponte Maggiore nelle incisioni di Baldassarre Orsini (1790). A destra il prospetto della monumentale Porta Landriana
(continua)
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