di Walter Luzi
Da Monte Piselli, quando il cielo è limpido, si può vedere il mare. E’ una delle sole tre stazioni sciistiche italiane a poterlo vantare. Non è bastato neppure questo pregio rarissimo per non farla, lentamente, morire. Quella di quest’anno sarà l’ultima stagione sciistica sulle piste di Monte Piselli. La vecchia seggiovia, ultimo impianto sopravvissuto di quella che era una stazione gioiello per le nostre zone, è giunto ad un improcrastinabile fine vita. I trionfalistici annunci di rilancio dello sci a Monte Piselli, apparsi di recente sulla stampa locale riaccendono gli entusiasmi, e mantengono in vita la flebile speranza che agli ennesimi squilli di tromba facciano seguito, a breve termine, opere concrete. E anche realistiche magari. Nell’attesa, se vuoi parlare di sci in Ascoli, devi parlare con loro. Con le leggende. Con gli uomini che l’hanno praticato, fatto conoscere e contribuito a farlo diffondere per primi attraverso mezzo secolo. E che, soprattutto, l’hanno amato più di tutti. Perchè questa è la condizione irrinunciabile per riuscire a trasmettere la tua immensa passione anche agli altri. Tantissimi altri, nel loro caso. Tre generazioni almeno di sciatori ascolani. I fratelli Alesi, Filippo “Pino”, Luciano, Sandro, e Bruno, capostipiti di una dinasty di maestri di sci, con il loro cugino, Domenico Cagnetti, raccontano, con le loro storie, anche quella di una epopea esaltante e irripetibile. Una attività lunga cinquant’anni, vissuta in gran parte, passo passo, proprio sulle nevi di Monte Piselli. Una bella storia la loro, iniziata nella frazione dove sono nati. Piagge. La piccola frazione di Ascoli sulle pendici di Colle San Marco, dove la strada carrozzabile finiva, e gli inverni erano lunghi e rigidi negli anni della loro infanzia. Piagge, che oggi può vantare, grazie a loro, un record singolare. La più alta densità di maestri di sci per abitante d’Italia.
I PRIMI SLALOM FRA GLI ALBERI
Le stradine scoscese abbondano fra le case a Piagge. Furono le prime piste di discesa per loro. Come il pendio che raggiungono a piedi, sci in collo, salendo verso l’antico eremo. Prime piste battute palmo a palmo, risalendole prima, scalettando con il piatto degli sci. I pochi alberi a fare da pali per lo slalom lungo la via, molto trafficata, dagli agricoltori che salgono a piedi verso i terreni coltivati di Colle San Marco. Filippo “Pino” Alesi nasce nel 1931, Luciano due anni dopo, Sandro nel 1940, Bruno, infine, nel ‘41. Senza dimenticare Lina, la sorellina più piccola, antesignana anche lei di tutte le sciatrici ascolane. Il loro nonno, Luigi, è un valente falegname che, nel 1929, ha costruito con le proprie mani il primo paio di sci visto ad Ascoli. Ha tramandato l’arte a tutti i suoi figli: Giovanni, il loro papà, e agli zii Alvise, Ernesto e Carlo. Una abilità manuale e una capacità intuitiva ereditata soprattutto Pino, che non c’è più: «Lui era un uomo straordinario – ricorda commosso Sandro – di intelligenza superiore, sapeva ben fare ogni cosa a cui metteva mano. Se le ricordano ancora bene le sue tante e immense qualità anche tutti i suoi vecchi compagni di lavoro all’Elettrocarbonium, dove ha lavorato». Gli ascolani salivano a frotte verso Colle San Marco e la montagna dei Fiori nei giorni di festa. Anche d’inverno, quando le famiglie più abbienti amavano dilettarsi sulla neve. Disciplina d’elite all’epoca lo sci. Come si avvia forse, è questo il timore, a ridiventare in futuro. Il caro skipass dovuto alla crisi energetica dei giorni nostri, e la temperatura del pianeta sempre più alta non sono dati incoraggianti. I ghiacciai che si sciolgono, la neve che scompare lasciando al suo posto pietraie, mettono ancora più tristezza. Abbiamo vissuto tempi che, davvero, come la nostra gioventù, non torneranno più.
PINO E LUCIANO ALESI, GLI APRIPISTA
I gruppi sportivi militari sono le culle dei talenti piaggesi. Filippo “Pino” Alesi nel G.S. Aeronautica, e il fratello Luciano in quello dei Carabinieri, sono i primi grandi pionieri della disciplina invernale alle nostre latitudini. Apprendono da militari le tecniche sciistiche, conoscono i materiali, all’epoca, d’avanguardia. Segreti poi svelati ai fratelli, al loro ritorno a casa. Condivisione totale, in casa Alesi, di passione, da sempre, ed ora anche di preziose esperienze e conoscenze. Il primo paio di scarponi da sci di cuoio, alti, neri, di Sandro li compra Luciano in uno store di Passo Rolle. Perchè in Ascoli non si trovava, ovviamente, nulla. «Gli sci ce li costruivamo da soli – racconta Sandro – nella nostra falegnameria di famiglia, così come i primi, rudimentali, attacchi. Pino e Luciano ci portarono dal nord i primi attacchi, i Thorlife, poi i Kandhar, e i francesi Longlanier con la lunga cinghia di cuoio. Lo scarpone così si bloccava per bene, ma in caso di caduta o si rompeva lo sci, o si rompeva la gamba». Quando Luciano vince il campionato italiano riservato agli istruttori militari di sci, la notizia finisce alla radio e sui giornali. E’ il 1954. Il presidente dello Sci Cai Ascoli, Carlo Bartoli, espone con orgoglio il trofeo nella vetrina del suo negozio di tessutiche affaccia su Piazza del Popolo proprio a fianco del Caffè Meletti. L’anno prima proprio Bartoli era stato fra i promotori della nascita, sul versante nord di Colle Cascina a Forca Canapine, della sciovia Nordica. Nascerà proprio su queste nevi, due anni dopo, la leggenda dei Piaggesi.
IL MAESTRO TRENTINO
Si chiama Ernesto Bertoldi il primo maestro di sci dei giovani e scalpitanti allievi piaggesi. L’alpinista gardenese arriva appositamente dal Trentino, e resta con loro per l’intero inverno del 1954, trascorso in gran parte sulla piccola pista realizzata l’anno prima al Colle della Luna. Progettata dal geometra Tullio Pallotta, viene finanziata dalle autolinee Procaccioli e tirata su dalla ditta Troyer con un motore a scoppio da sette cavalli per far girare una fune abbastanza rudimentale lungo i trecentocinquanta metri della sua lunghezza. Ci si arriva, ovviamente, a piedi, con tutta l’attrezzatura in collo. Immancabile la sosta al rifugio Paci gestito in quegli anni da Filippo Flammini, universalmente meglio noto come “Segà”. A Forca Canapine invece si va con le autolinee Petrucci, che assicurano il collegamento con l’Umbria attraverso l’antico valico. Oppure con auto prese a noleggio. Cagnetti ci arriverà, qualche volta, persino in motocicletta, con sci e bastoncini legati a tracolla. Che avventure. Su strade impervie, poco trafficate e spesso semi ostruite dalle abbondanti nevicate. Un passaggio poi gli appassionati habituè delle piste lo trovano sempre a bordo delle autovetture. Come la lussuosa Lancia Aurelia di Vincenzo Priori, oppure grazie ad altri frequentatori assidui delle montagne come Alvaro Pespani, Enrico “Rirì” Angelini, Marco Quintili, William Scalabroni, Massimo Luciani, Raffaele Zazzetti, e Claudio Perini fra i tantissimi altri.
QUEL PRIMO PODIO A FORCA CANAPINE
Il 13 marzo 1956 a Forca si disputa la seconda edizione della “Coppa Fascetti” aperta a tutte le categorie. Partecipano alla gara pionieri dello sci marchigiani, umbri, laziali e, soprattutto abruzzesi. I più temibili. Pino guida la squadra dei Piaggesi e prepara, da par suo, gli sci a tutti. Vince anche la gara. Luciano è terzo. Sandro quinto, ma primo fra gli Juniores. Lo Sci Cai Ascoli stravince grazie a loro nella classifica a squadre. Di lì a poco arriveranno anche i più giovani Bruno Alesi e Domenico Cagnetti a dare manforte. Ma la lista degli intrepidi pionieri dello sci ascolano sarebbe lunga. Con Salvatore Petrucci, Tullio Pallotta, Luciano Di Marco, Franco Perini, Franco Tombini, e Luigi Andreassi fra i più brillanti. Ma gli Alesi restano, per almeno un decennio, i discesisti più veloci dell’Italia centrale. Quando al cancelletto di partenza si presentano loro per tutti gli altri è dura fare tempi migliori. Anche per gli aquilani, tradizionalmente i più competitivi dell’allora Comitato Appennino Orientale, che abbracciava gli agonisti di Marche, Umbria, Abruzzo, Molise e Campania. La grande tradizione dello sci abruzzese è figlia dello splendido comprensorio di Roccaraso, fra i primi nati in Italia, già nel 1922, e alla funivia di Campo Imperatore, realizzata nel 1934. Prime stazioni invernali di una lunga lista di cui l’Abruzzo andrà ulteriormente arricchendosi nei decenni successivi. Nel Piceno, con gli anni Sessanta, si tenta di colmare il gap.
LA VALORIZZAZIONE DELLA MONTAGNA DEI FIORI
La spaccatura degli appassionati di montagna in seno al glorioso Sci Cai Ascoli, per un periodo denominato K2 sull’onda emotiva dell’impresa alpinistica di Achille Compagnoni e Lino Lacedelli sul Karakorum, si evidenzia presto. Da una parte si spinge per valorizzare Forca Canapine, dove il club ha già ben investito. Altri invece, come Carlo Odoardi, William Scalabroni, Raffaele Zazzetti, Luciano Di Marco, fra gli altri, vogliono invece iniziare a privilegiare la montagna degli ascolani. Monte Piselli. Nel 1965 viene inaugurata la nuova bidonvia della Montagna dei Fiori, che da quota 1056 metri s.l.m. di San Giacomo serve il campo scuola e la sciovia Tre caciare fino a quota 1640. La costruisce la Marchisio di Torino, e costa sessanta milioni di lire dell’epoca. Il primo macchinista dell’impianto è proprio Domenico Cagnetti, che ogni mattina se la fa a piedi per raggiungere la stazione motrice situata a monte. L’ultima gara F.I.S.I. i piaggesi la disputano a Prati di Tivo nel 1968. E’ il prestigioso trofeo interregionale Ford. Podio tutto ascolano con Pino e Bruno al primo e secondo posto. Sandro finisce quinto. L’anno successivo i Piaggesi si iscrivono al corso per maestri. Dal 1970 sono già tutti operativi prevalentemente presso le nuove piste di Monte Piselli. E’ cominciata una nuova era sciistica.
IL BOOM DEGLI ANNI OTTANTA E NOVANTA
Due anni dopo Bruno Sandro e Domenico fondano la nuova scuola di sci Monte Piselli. A fine anni Ottanta, nel suo periodo di massimo fulgore, arriverà a contare oltre cinquecento iscritti. Il nono più grande fra i seimila sci club italiani. Organizzatore di una miriade di eventi e gare federali interappenniniche, specie di Supergigante, avvia allo sci migliaia di persone, grandi e piccoli, e sforna anche qualche piccolo talento locale. Cristian Castellano arriverà fino alla Coppa del mondo sotto la guida del maestro ascolano Mimmo Bucci, che, con il suo sci club Monteverde, ha sempre bene operato anche lui. Altri, non meno bravi di Castellano, avranno però meno fortuna. La vecchia bidonvia, in difficoltà economiche da anni, e smantellata nel 1979, fa spazio nel 1982, alla nuova seggiovia biposto. Con gli altri due ski-lift in funzione assicura la risalita a tremila persone ad ora. Monte Piselli diventa un punto di riferimento per gli sciatori delle Marche intere e delle regioni limitrofe. Sandro Alesi ne sarà per una vita il direttore tecnico-sportivo. Le imprese fra i pali ai massimi livelli di Alberto Tomba negli anni Ottanta e Novanta, e la congiuntura economica favorevole, fanno da propulsore alla diffusione della disciplina. Lo sci diventa sport di massa. I maestri piaggesi durante i giorni feriali della settimana migrano negli impianti del vicino Abruzzo e di Forca Canapine che garantiscono più continuità nel lavoro grazie alle settimane bianche che ospitano. Domenico Cagnetti arriva ad organizzare fino a una decina di settimane bianche all’anno di qua e di là delle Alpi. Il livello degli sciatori ascolani è superiore alla media. A chi ha imparato a Monte Piselli, ci si bulla, nessuna pista al mondo può più fare paura. E quasi tutti hanno imparato con loro. Con i maestri di Piagge.
I CUSTODI DI MONTE PISELLI
Lorenzo e Alessandra Alesi, il figlio e la nipote di Sandro, portano avanti più che degnamente, e con grande orgoglio, la tradizione sciistica di famiglia. Bruno, stella d’argento 2015 al merito sportivo, dopo una vita di incarichi nella F.I.S.I. si coccola i maestri più giovani di Piagge. Sono una decina. Un record come detto, per una frazioncina così piccola. Domenico Cagnetti ha scoperto anche lui l’elisir dell’eterna giovinezza, sempre su quegli sci che, come gli Alesi, non smetterà mai di amare. A Monte Piselli sul vecchio campo scuola abbandonato da tempo domina ancora la piccola vecchia segreteria in legno dello Sci Club Monte Piselli. Nello scenario di degrado e abbandono generale delle strutture che l’hanno reso celebre, la piccola casetta di legno dello sci club è l’unica cosa bella e viva di tutta la montagna. Domenico Cagnetti e i fratelli Alesi hanno voluta mantenerla fino ad oggi con lo stesso amore con cui l’hanno costruita mezzo secolo fa. E dove hanno trascorso la parte migliore delle loro vite. Camminatori ed escursionisti che risalgono nel silenzio il sentiero verso la Croce quasi non credono ai loro occhi. Quassù, in estate come in inverno, qualcosa continua a vivere. Ad accogliere. A ricordare. Ad emozionare. Continua a battere ancora forte, soprattutto quassù, il cuore dei vecchi maestri di sci di Piagge.
IL PRESENTE
Questa è l’invernata del Cinquantennale di attività con il loro sci club Monte Piselli. Ma è anche l’ultima di vita per le sciovie di Monte Piselli. A primavera si chiude per sempre. L’ingresso dei soci abruzzesi nel Co.Tu.Ge., nel 1998, non ne ha certo migliorato le sorti come si sperava. Nè scongiurato un destino amaro segnato soprattutto da scelte scellerate. Gli impianti di risalita, man mano scaduti, non sono stati revisionati o rinnovati. Sono mancati solo i soldi, o anche la volontà? Oggi realizzarne di nuovi costerebbe venti volte tanto. Numerose le amministrazioni succedutesi, ma tutte prive di una illuminata visione, dell’indispensabile lucidità, della giusta determinazione. Il ristorante-albergo gioiello, andato disgraziatamente a fuoco nel 1989, non è stato mai ricostruito. Quello che resta del superbo rifugio “Walter Pizi”, terremotato, è ancora inagibile. Il minuscolo tapis roulant che avrebbe dovuto risollevare le sorti del campo scuola, fra i più belli e grandi d’Italia, giace inutilizzato a marcire da oltre un decennio. Una pena.
IL FUTURO
Una stazione sciistica moderna non può più prescindere dal relativo impianto di innevamento artificiale. Gli elevati costi di realizzazione degli impianti e, soprattutto, di esercizio, ne impongono lo sfruttamento intensivo, sia in termini di durata di apertura stagionale che di presenze giornaliere. Tutti i grandi comprensori italiani ed europei ricercano impianti e piste alle quote più elevate possibili. La temperatura del pianeta continua ad aumentare, le precipitazioni nevose invece a diminuire. A Monte Piselli non c’è acqua nemmeno per bere, figuriamoci per alimentare un eventuale produzione di neve artificiale. Una piccola seggiovia che colleghi San Giacomo a Monte Piselli potrebbe incentivare il turismo estivo, anche di bikers ed escursionisti, ma se si vuole salvaguardare quello invernale l’unica strada oggi percorribile ce la indica la Storia. Negli anni Quaranta poteva sciare tre mesi alle Piagge. Negli anni Sessanta solo a Colle San Marco. Negli anni Ottanta solo a San Giacomo. Oggi, quando va di lusso anche per molto meno di tre mesi, solo a Monte Piselli. L’unica speranza di poter sopravvivere è di mantenere, e potenziare, gli impianti e le strutture situati alle quote più alte. L’esatto contrario di quello che si è fatto negli ultimi trent’anni.
Sandro Alesi con gli operatori storici della seggiovia di Monte Piselli
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