di Walter Luzi
Un destino scritto già in quel cognome. Benfaremo. Un proponimento mantenuto, a leggerlo oggi, dopo settantacinque anni di onorata attività. Ad Ascoli la conoscono tutti la vecchia ferramenta Benfaremo al civico 126 della centralissima Via Dino Angelini. L’ennesima attività storica cittadina a chiudere i battenti, per sempre, a fine anno. Questo sarà l’ultimo Natale dietro quel bancone per Mario Benfaremo. Un altro pezzettino della storia di Ascoli che scompare. Un altro locale che si svuota, la carta velina a oscurare le vetrine, a coprire la tristezza di quelle mura nude. E l’impotenza cronica delle politiche di ogni colore nel cercare di arrestare il progressivo decadimento di una città intera. Di contenere le metastasi di una economia globalizzata che arricchisce pochi e impoverisce tutti. Un altro cartello, amaro e freddo, con su scritto vendesi/affittasi verrà appeso alla vetrina, a sperare in una attenzione interessata. Un altro ristorante trendy, gli uffici di una nuova finanziaria, o l’ennesima sala slot magari. Chissà. Quello che è certo è che lì dentro non ci sarà più un buon uomo competente a consigliarti. A trovare subito quello che fa meglio al caso tuo, su uno dei tanti scaffali polverosi alle sue spalle. I buoni consigli di Mario Benfaremo, come in ogni buon negozio che si rispetti, sono sempre stati gratuiti. Ma oggi quasi nessuno, come di scambiare due chiacchiere aspettando il resto, ne ha più bisogno. Vanno tutti di fretta. Sono diventati tutti super esperti, con Google. E anche un cacciavite se lo comprano su Internet.
I “CARRARI” DI OFFIDA
Le radici della famiglia di Mario Benfaremo affondano ad Offida, dove suo zio Osvaldo costruisce con le proprie mani carri agricoli. Lui era infatti uno dei “carrari” dell’epoca, valenti mastri falegnami molto richiesti in una economia quasi esclusivamente rurale. Quando poi gli autoveicoli a motore soppianteranno i carri trainati dai buoi lo zio Osvaldo riciclerà le sue doti nella carrozzeria per automobili. Baldassarre, il nonno di Mario, pagherà a suo figlio un periodo di addestramento in una officina della capitale per fargli apprendere le nuove tecniche. Il migliore investimento per il futuro di un giovane disoccupato. La formazione professionale. A pagamento ovviamente, vitto e alloggio compresi. Risparmi ben spesi per imparare un mestiere, e garantirsi, così, con un lavoro dignitoso, anche un futuro. Un concetto elementare e sacrosanto che oggi non ha più cittadinanza, perché un giovane disoccupato, e digiuno di ogni esperienza lavorativa, più che affrontare qualche sacrificio preferisce badare a garantirsi soltanto i suoi mille diritti. Che il sistema elargisce senza una visione, incapace com’è di creare opportunità concrete, mettere in atto politiche economiche virtuose.
IL TRASFERIMENTO IN ASCOLI
Il padre di Mario Benfaremo, Filippo, aveva preferito aprirsi invece, appena ventisettenne, un negozio di ferramenta in Offida nel 1932. Dopo la fine della guerra, nel 1947, decide di trasferire attività e famiglia ad Ascoli. Questo, principalmente, per permettere ai suoi figli, Giuseppina, nata nel 1936, Mario nel 1939 e Rita nel 1945, di continuare a studiare, perché a Offida ci sono solo le scuole elementari. Nel capoluogo apre la ferramenta in Via Dino Angelini. E resterà lì per sempre. In negozio gli dà una mano anche la moglie Giustina, in attesa che i figli crescano e finiscano gli studi. Quando, nel 1959, Mario Benfaremo si diploma geometra però, la ferramenta di famiglia gli va stretta. Sogna di partire per l’Africa, dove c’è grande richiesta di tecnici. Ma sono richiesti anche almeno due anni di esperienza, che lui non ha, e così non se ne fa nulla. Nel frattempo il papà ha aperto anche un secondo punto vendita, di vernici, a San Benedetto, con due dipendenti. Tocca così a Mario fare la spola su e giù da Ascoli per rifornire in tempo utile gli scaffali del nuovo negozio.
«In Ascoli – racconta – le ferramenta eravamo noi, Pespani, Bracchetti, Palatroni (ex Angelini) e Ducci. Ma fra di noi, con Pespani soprattutto, non c’è stata mai una vera concorrenza. Anzi. Spesso capitava che, quando uno di noi due restava sprovvisto di qualche articolo, si consigliava sempre ai clienti di provare a vedere se l’altro poteva avercelo. Una bella collaborazione insomma, senza gelosie e guerre dei prezzi. Diversa la situazione a San Benedetto dove con i vari Malavolta, Polidori o Cardarelli c’era una concorrenza spietata. Oggi sono rimasto solo io. L’ultimo a chiudere bottega. Ma solo per raggiunti limiti di età».
GLI INSEGNAMENTI DEL PADRE
Nel 1969, a soli sessantaquattro anni, il papà di Mario, Filippo, muore per problemi di cuore. Che oggi, con il progresso della medicina e della chirurgia sono diventati banali, ma che all’epoca risultavano letali. «Come il babbo mi ripeteva spesso – ricorda Mario – il capitale più grande di un negozio è la clientela. Va ben coltivata dunque, perché è inutile avere gli scaffali pieni di merce se poi nessuno entra per comprarla». Giustina e Mario restano soli dietro quel bancone che ora, dopo il grave lutto, appare, improvvisamente, troppo grande per loro. Decidono di chiudere subito il punto vendita di San Benedetto e concentrare tutte le energie su quello di Ascoli, dove gli affari vanno benissimo. Anche quelli di cuore, per Mario, vanno a gonfie vele. Grazie ad una affollata tombolata a casa di una cugina, ha conosciuto, sotto Natale, una bella ragazza che gli piace molto. L’ha già notata perché lavora in una banca vicinissima al suo negozio, il Banco di Roma. A quella tombolata in casa, quella sera, ci è andato insieme ad un amico. Si sono distratti spesso durante le estrazioni, per cercare di incrociare gli sguardi delle due ragazze. Sfoderare una battuta spiritosa per farle sorridere. I numeri estratti, i fagioli che si spostano dalle caselline delle loro cartelle, sono passati subito in secondo piano. Sarà in ogni caso, per loro, una giocata fortunata. Entrambi infatti conosceranno, quella sera, gli amori della vita, le donne che sposeranno di lì a poco.
DAL BOOM AI GIORNI NOSTRI
La ragazza che piace a Mario si chiama Maria Luisa, ma tutti la chiamano Luisella. E, condizione indispensabile in questi casi, anche lui piace a lei. Convolano a nozze nel 1970. Gli darà tre figli. Filippo, che porta il nome del nonno, nel 1971, Alessandra nel 1975 e Daniela nel 1978. I primi due sono oggi insegnanti all’I.P.S.I.A. di Ascoli, l’ultima è impiegata -in una clinica privata. Sono, quelli, gli anni del boom economico. La congiuntura è favorevole, la disoccupazione al minimo storico, il denaro circola. Mario, con la mamma Giustina, sua principale e preziosa collaboratrice, sono sempre impegnatissimi per stare dietro a tutte le richieste della vasta clientela.
«Come ripetevo spesso con tutti – ricorda sempre Mario – penso che in quegli anni anche uno stupido avrebbe potuto fare impresa. Tutto era più facile, redditizio. Dalla fine degli anni Novanta in poi invece, si andrà sempre peggio. Nel 1999, purtroppo, è venuta a mancare anche la mia mamma. Si può dire che proprio in quegli anni sia iniziato il declino. Molte industrie hanno chiuso, il centro ha iniziato a spopolarsi. Le grandi ferramenta industriali hanno iniziato a rifornire le poche fabbriche ancora in funzione, la grande distribuzione ci ha dato una bella botta, e il mercato globale di Internet ci ha tagliato definitivamente le gambe».
Ora, anche per Mario Benfaremo, una sorta di ultimo dei Mohicani, è arrivato il momento di mollare. «Nessuno dei miei figli – chiosa sempre lui – è entrato nell’azienda di famiglia. Forse la più piccola, Daniela, sarebbe stata la più portata per un lavoro del genere, ma va bene così. Anche se il lavoro è calato moltissimo, io, con la mia attività, sono riuscito a sopravvivere fino ad oggi, a non fallire. Ma alla mia età, ormai non ho più le energie necessarie da dedicarci». Nel 2018 se ne è andata anche Luisella. Portandosi via con sè anche una bella parte della vitalità di Mario. Succede sempre così, a una certa età, dopo una vita passata insieme. Fortuna che c’è Sara. Ha nove anni. E’ la sua unica nipotina.
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