di Walter Luzi
Bentornato Carnevale! Dopo l’afflusso record registrato domenica, oggi, martedì 21 febbraio, c‘è stato il bis.
La marea di spettatori è montata a vista d’occhio nel tardo pomeriggio. Ma stavolta godere dello spettacolo è stato più agevole per tutti.
Una festa di sant’Emidio fuori stagione tanto per dare l’idea della gente in centro. Tantissima.
Ci eravamo lasciati tre anni fa proprio nei giorni in cui, con sana ed incosciente follia, correvamo incontro a quel Covid 19, del quale poco si sapeva e molto si temeva. In piazza scesero in pochi, a tentare, in quell’ultimo Carnevale pre-pandemia, di esorcizzare la disgrazia incombente a suon di pernacchie. Non bastarono neppure quelle ad evitarci, di lì a poco, il peggio.
Ma oggi siamo tornati, tutti, anzi più numerosi di prima, a riprenderci quello che resta. Con gli interessi. Indossando le mascherine giuste stavolta, al posto delle chirurgiche e Ffp2, maledette loro, che hanno occultato i sorrisi, negato i baci, scoraggiato gli abbracci. E’ per questo che siamo tornati tutti, oggi, a vivere il Carnevale in piazza. Anzi, ci sono anche quelli che ci venivano di rado, prima, che preferivano vederselo in tv dal salotto di casa, lontani dalla ressa.
Oggi, invece, come domenica scorsa, quella ressa siamo andati, tutti, a cercarcela. Ne avevamo, tutti, una gran voglia. Voglia di sorrisi e di abbracci. Voglia di vita vera. Voglia di Carnevale. Il “nostro” Carnevale. Di cui diventi presto, da spettatore, protagonista. Che ti fa entrare dentro la gag, e quindi dentro lo spirito più autentico del carnevale ascolano.
Le opere in cornice si sprecano. Alcune in giro. Le più pregevoli in mostra lungo via Ceci, presentate da un battitore d’asta che sa valorizzarle come meritano. Pubblico accalcato lungo l’improvvisata galleria, rapito e divertito da certe bizzarre forme d’arte viventi. La trombatura della città, candidata a capitale italiana della Cultura, viene affrontata da più gruppi sotto le più diverse ottiche. Il derby con Pesaro, perso senza essere mai entrati in partita.
Maschere consapevoli della velleità, e piccate, a oltranza, dalla bocciatura. Ascoli cantiere a cielo aperto, tema, sentito e spinoso, che ritorna in tutte le salse. Le centro torri mutate in cento gru. I parcheggi cancellati, la viabilità caotica. Tormenti quotidiani degli ascolani. Come gli interminabili lavori sul ponte di San Filippo, di cui nessuno parla più, e da cui nessuno ha tratto ispirazione. Magi che portano in dono cappotti, intesi come rivestimento da edilizia, e infissi a taglio termico, così tanto di moda oggi giorno. Imbonitori di ogni settore nei panni favolosi, ma sempre attuali, del gatto e della volpe che si ripropongono. Promesse mirabolanti e progetti faraonici senza speranze, nel moderno campo dei miracoli con pochi zecchini. Sempre i nostri. “Venghino signori, venghino”, al Carnevale in piazza di Ascoli Piceno. Unico nel suo genere.
Il povero giovane sindaco della città è un facile bersaglio nel mirino impietoso della satira. Anche per la sua spiccata propensione al selfie. Animali a cui manca solo la parola, e pesci umani nel finto acquario di Piazza del Popolo. La vecchia chiusa in frigo perchè la pensione della mamma non si tocca. La gabbia, quella vera, di matti che è diventato il mondo di oggi, e lo psicologo pronto per una seduta immediata. Trovi tutto al Carnevale in piazza di Ascoli Piceno.
Dove due occhi non possono riuscire a vedere tutto. Dove i richiami dei suoni, delle grida, delle mille voci dialettali, che a volte necessiterebbero dei sottotitoli ad uso dei tanti forestieri, attirano continuamente la tua attenzione su più fronti. I cubetti di porfido sfrattati da via Trieste, e la malcapitata maschera che passa la giornata a menare mazzate su un sasso perché rappresenta il sole che spacca le pietre.
L’albero di Natale, gigantesco, in largo Crivelli ha le palle umane e sempre una folla lì sotto a ridere delle gag della collaudata compagnia. Non manca neppure la parodia del mercatino di robba antica, con le sue sfighe metereologiche. Molti i gruppi composti da sole donne, spesso mature. Bellezze senza tempo, brillanti e fascinose, nei loro costumi molto curati. La maschera più giovane in concorso ha solo qualche mese di vita. E’ l’erede dei tanti, gloriosi higlander del carnevale ascolano. Il padre lo spinge sul suo passeggino verso il guinness dei primati.
Abbondano, come in molte città, i cinghiali. I più realistici incutono anche un po’ di timore, perché i costumi sono davvero animaleschi e hanno anche l’audio dei grugniti originali. Chapeau.
Avrà il suo da fare la giuria per tirar fuori le poche nominations fra i quasi centoventi gruppi in gara. Ascolanità, comicità, originalità, coinvolgimento e costumi i canoni da prendere in esame. Sarà dura ricondurre entro schemi prefissati tanta energia, inventiva, e l’espressività più genuina di un popolo. Buon lavoro.
Chiudiamo con i monumenti. Quelli che litigano ai giardini pubblici e dintorni dopo il recente arrivo della statua dedicata a Costantino Rozzi. Una new entry ingombrante che sconvolge vecchi equilibri. Godibilissima la gag fra le statue …concorrenti del presidentissimo e del vicino Cecco d’Ascoli. Meno altre.
Fatto salvo il sacrosanto diritto di satira, dispiace che anche le due leggende della città, Costantino Rozzi e Carlo Mazzone, siano finiti nel calderone. Il discusso monumento all’indimenticabile presidente, recentemente inaugurato ai giardini pubblici, offriva in effetti, invitante e indifendibile, il fianco. Indecifrabile appare invece l’estemporaneo remake della corsa di Carletto sotto la curva atalantina. A noi piace ricordare il decano dei mister italiani, in campo, per altre, e ben più memorabili, imprese.
I miti non potranno mai diventare macchiette. La satira più dissacrante va rivolta contro i potenti più detestabili. Non contro gli eroi più amati.
LA FOTOGALLERY (qui il link di diversi video)
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