di Gianluca Ginella
La strage bianca di Rigopiano ha cinque responsabili secondo il gup del Tribunale di Pescara che per il resto ha assolto 27 dei 30 imputati. A distanza di poco più di sei anni dalla valanga che il 18 gennaio del 2017 seppellì l’hotel: 29 le vittime. I soccorritori scavarono per giorni tra la neve nella speranza di ritrovare vivi ospiti e personale dell’albergo.
Una tragedia su cui i familiari da anni chiedono di sapere la verità. Tra loro ci sono anche i parenti delle due vittime del Maceratese: Marco Tanda, di Castelraimondo, pilota della Ryanair che ha perso la vita a 25 anni insieme alla fidanzata, Jessica Tinari, e Emanuele Bonifazi, di Pioraco, morto a 31 anni, dipendente dell’hotel.
Nelle Marche le altre vittime sono Domenico Di Michelangelo e la moglie Marina Serraiocco, vivevano a Osimo, lui, poliziotto, ha perso la vita a 41 anni, lei a 37.
A Rigopiano morirono anche Marco Vagnarelli, 44 anni, di Castignano, operaio della Whirlpool di Comunanza e la compagna Paola Tomassini, di 46, barista della società Autogrill, di Montalto.
Trenta le persone imputate al processo tra esponenti politici, funzionari, dirigenti prefettizi e i gestori dell’hotel. Le ipotesi di reato vanno dal disastro colposo, all’omicidio plurimo colposo, alle lesioni plurime colpose, al falso ed anche depistaggio ed abuso edilizio. Il pm aveva chiesto oltre 150 anni per 26 imputati e 4 assoluzioni.
La pena più alta, 12 anni, è stata chiesta per l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo (assolto oggi dal gup), mentre 11 anni e 4 mesi, sono stati chiesti per il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, e 6 anni per l’ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco (pure lui assolto oggi).
Alla fine il gup ha condannato Ilario Lacchetta a 2 anni e 8 mesi, e a 3 anni e 4 mesi il dirigente e il responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, tutti e tre accusati di omicidio plurimo colposo e lesioni multiple colpose. Sei mesi per il gestore dell’albergo e amministratore e legale responsabile della società “Gran Sasso Resort & spa”, Bruno Di Tommaso, e il redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della Gran Sasso spa di intervenire su tettoie e verande dell’hotel, Giuseppe Gatto, accusati di falso.
La sentenza ha scatenato la rabbia dei familiari in aula: «Vergogna. Ingiustizia è fatta. Assassini. Venduti. Fate schifo» le urla dei parenti delle vittime.
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